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lunedì, Aprile 29, 2024

    “Piano Mattei” e concorrenza interregionale

    L’attività diplomatica e militare italiana, di quest’esecutivo soprattutto, è certamente elogiabile, ma non ha alcuna forza strategica. L’Italia non traduce mai, malgrado le molteplici occasioni, gli sforzi dell’attività militare e industriale in risultati politici. Questo a causa d’un completo digiuno in materia geostrategica dell’opinione pubblica, non del governo. Fra dicembre e gennaio scorsi, Roma ha ufficializzato il “Piano Mattei” e sulla scorta di ciò che fece il “grande marchigiano” si è proposta all’Africa “pari”, non in maniera paternalistica. La Presidente del Consiglio è stata franca e puntuale sia nelle intenzioni etiche che nell’esposizione delle iniziative: «L’obiettivo di medio e lungo periodo è quello di dimostrare quanto siamo consapevoli che il destino dei nostri continenti sia interconnesso, e immaginiamo di poter scrivere una pagina nuova nelle nostre relazioni. Un rapporto da pari a pari, lontano da qualsiasi tentazione predatoria ma anche da quella impostazione caritatevole nell’approccio con l’Africa». A proposito delle iniziative, Meloni ha poi sottolineato come in Africa la cooperazione italiana sia già evidente in alcuni Stati: “Dall’agroindustria in Algeria all’energia pulita in Marocco, oppure ilprogetto già avviato in Tunisia dove stiamo lavorando per potenziare le stazioni di depurazione delle acque non convenzionali per irrigare un’area di 8.000 ettari e creare un centro di formazione dedicato al settore agroalimentare”. Tutto ciò non darà gli effetti sperati in chiave geopolitica se l’Italia non offrirà una cultura da bramare, tramite un’istruzione che lasci i giovani di quei popoli l’affascinarsi al modello italiano: la cooperazione industriale, edile, al pari dell’attività militare per la sicurezza dei territori e dei mari che interessano Roma non basteranno. Ammesso e non concesso che, come dice il nostro Primo Ministro: «L’approccio italiano viene visto con estremo interesse dal continente africano e di questo ne vado orgogliosa», è altrettanto vero che l’8 febbraio scorso la Somalia ha firmato un accordo con la Turchia che va ben oltre l’addestramento delle proprie Forze, proprio mentre all’Italia veniva riassegnato il comando tattico dell’operazione europea antipirateria Atalanta, nel golfo di Aden. «L’accordo turco-somalo ha una spiccata dimensione marittima. Primo: la Turchia si impegna non solo a equipaggiare e addestrare la (inesistente) Marina somala ma anche a difendere le acque territoriali somale da minacce che vanno dalla pesca di contrabbando al “terrorismo” [ingerenze straniere]. Il che significa che Ankara potrà dispiegare in pianta stabile le proprie navi da guerra nell’Oceano Indiano. Secondo: i Turchi assisteranno i Somali nello sfruttamento delle (potenzialmente ingenti) risorse (non solo energetiche) presenti nella zona economica esclusiva di Mogadiscio, ottenendo in cambio il 30% dei proventi». A differenza dell’Italia la Turchia accoglie e assimila selezionando a proprio piacimento gente che poi fa l’interesse di Ankara, come il ministro della Difesa somalo Abdulkadir Mohamed Nur: istruitosi in Anatolia, grazie alle borse di studio strategiche messe a disposizione da Erdogan, parla fluentemente turco; è capofila dei Giovani Turchi di Mogadiscio e pensa come i Turchi, con buona pace delle “strategie” euro-italiane. Già, euro-italiane poiché non si comprende fino in fondo il motivo per il quale Roma, per ogni iniziativa, diluisca il proprio effetto nell’Unione europea: nell’Europa dell’evanescenza. Come accaduto anche per il “Piano Mattei”, l’approvazione di Von Der Leyen e Metsola hanno scarso valore poiché le nazioni fanno poi per conto loro: il caso della Spagna riluttante all’operazione Aspides («scudo», dal greco antico, ndr.) nel Mar Rosso perché interessata al traffico deviato su Gibilterra, oppure gli storici “sgambetti” della Francia, fra l’altro in pieno decadimento nel Sahel e ininfluente nell’Africa orientale. In Tripolitania, dove di fatto governano i Turchi, le “Guardie delle strutture petrolifere”, come numerose altre volte è accaduto, hanno chiuso il gasdotto Mattei (Mellitah-Gela). Anche se quest’azione non incide gravemente sul fabbisogno energetico italiano, dà l’inconsistenza politica di Roma su d’un territorio centrale nel Piano. Tutto ciò mentre gli Huthi nel Mar Rosso pare siano riusciti a tagliare alcuni cavi subacquei e gli apparati dei tre Stati principali dell’operazione Aspides, Italia, Francia e Germania, sperano che la sola presenza delle proprie marine militari risolva la situazione . Infatti, la postura dichiarata e la conseguente condotta «difensiva» dei navigli non ha contorni chiari. Inoltre, la sola iniziativa navale difficilmente metterà fuori gioco le capacità Huthi e ciò potrebbe mutare la missione da «emergenziale» a permanente, senza, di nuovo, un ritorno politico.

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