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Comune di Caselle Torinese
mercoledì, Maggio 15, 2024

    Robassomero, luogo infimo dalla natura intrinseca magra e fredda

    Dalla relazione dell'Intendente Sicco del 1753

    Dopo aver descritto Venaria com’era nel XVIII secolo, continuiamo nel percorso dei comuni confinanti con Caselle, parlando di Robassomero e di come venne descritto nel 1753 dall’Intendente Sicco nel suo lungo giro della provincia torinese.
    Come negli articoli scorsi, per una migliore e più facile lettura, la relazione viene in parte riscritta in forma più moderna, accompagnata tra parentesi da alcune annotazioni di chiarimento ed in alcune altre parti riassunta.
    Intanto, occorre premettere che Robassomero era una piccola comunità rurale, che anticamente faceva parte del territorio di Ciriè e che solo nel 1625 venne smembrata dal marchesato di Ciriè, con un territorio prevalentemente boschivo e strettamente legato al territorio di caccia del sovrano e così descritto dal Sicco:
    “Resta tutto unito questo luogo ben piccolo, e situato in pianura, con un clima piuttosto forte, che temperato, trovandosi sotto la Diocesi di Torino, ed in distanza dalla medesima Città sette miglia, e vi sono Capi di casa sessanta circa (equivalenti a circa 360 persone – oggi Robassomero conta poco più di 3.000 abitanti), dei quali, comparativamente gli uni agli altri, si considerano per comodi n° 10 (benestanti), per meno comodi n° 30, e per poveri li rimanenti 30”.


    Si vede la Chiesa Parrocchiale nel recinto (ossia nel centro abitato), la quale è sotto il titolo di Santa Caterina, venendo il Parroco provvisto al concorso, e presentemente si ritrova il Sig. Teologo Don Pietro Antonio Barberis, torinese, col titolo di Prevosto.
    La Parrocchia ha un suo annuo reddito, tra certi ed incerti (i redditi incerti erano le elemosine), che ammonta a lire 215, come dalle notizie prese sul posto, e come dai riscontri di queste si ricava.
    Altri abitanti, dimoranti sopra diversi territori contigui, restano comunque soggetti ad essa Parrocchiale, cioè quelli dei cascinotti denominati le Vassalle sulle fini di Ciriè, per la quantità di capi di casa n° 13, quelli abitanti sul tenimento di Rubianetta per un totale di n° 9 capi di casa, e i massari delle due cascine sopra il territorio di Caselle, chiamate una il Colombaro (o Colombè), e l’altra la Cavaliera.
    Bisogna aprire una breve parentesi su questa parte del territorio casellese che faceva parte della cosiddetta regione denominata Vaude oltre Stura che nel catasto del 1746 aveva un’estensione di 716 giornate di terra (oltre 270 ettari) di cui ben 442 coperte da boschi che, senza soluzione di continuità, si estendevano nel territorio di Venaria, Druento e Fiano, fino al torrente Ceronda, formando un tutt’uno con la grande riserva ducale di caccia della reggia di Venaria.
    Nel 1946 i settanta abitanti della zona delle cascine Colombè e Cavaliera fecero istanza per essere scorporati dal Comune di Caselle motivando la grande scomodità a raggiungere il capoluogo, finché con Decreto del Presidente della Repubblica del 9 maggio 1953 ben 192 ettari del territorio vennero uniti al Comune di Robassomero (che aumentò il suo territorio del 25%) per poi essere trasformati, una decina di anni dopo, in una grande area industriale (fra questo scorporo, ed il più recente del Mappano, il territorio casellese si è praticamente ridotto del 25% della sua superficie originaria).

    – Feudo
    Il Feudatario, con la solidaria giurisdizione sul luogo e titolo Signorile è il Sig. Vassallo Giovanni Battista Bonino con un reddito di lire 100 cadun anno, derivato da un terzo del prodotto del molino gestito in concorso con la presente Comunità.
    La giurisdizione viene esercita per mezzo di un Podestà, qual suole portarsi un giorno alla settimana nel luogo per provvedere a quanto occorre, e oggidì a questo impiego è incaricato il Sig. Notaio Antonio Maria Reggio, che è anche Segretario della Comunità di San Maurizio, il quale ha come Luogotenente e Segretario unitamente del Tribunale il Sig. Notajo Giacomo Antonio Noveri di Nole.

    – Ecclesiastici, Capi di casa e qualità d’essi
    Il Maestro di Scuola dalla Comunità, eletto e stipendiato, è il Sig Don Pietro Alberto Mollo di Busano debitamente ammesso e approvato dalla Regia Università di Torino.
    Non vi sono medici, né notai di residenza a Robassomero, ed il Segretario del Comune è il Sig. Notaio Pietro Ottavio Maria Paccotti di Mathi.
    Speziali (farmacisti) e Cerusici (medici chirurghi) approvati non ve ne sono, e sul territorio vi è solo il flebotomista (medici che eseguivano i salassi) Sig. Carlo Giuseppe Maga di Caselle.
    Non vi sono neanche Agrimensori, e gli abitanti sono tutti impiegati nei lavori della campagna.

    – Mercati, Commercio e Mulini
    Fiere e mercati non se ne fanno, ne tanto meno vi è commercio, ne manifattura.
    Non si parla poi di miniere su queste fini.
    Vi è un molino ad una ruota girante coll’acqua della Bealera, ed è questo per due terzi di proprietà della Comunità, e per l’altro terzo proprio, come sovra detto, del Sig. Feudatario.

    – Edifici industriali
    Di edifici industriali se ne ritrovano solo due, ossia una segheria mossa da una ruota idraulica, che spetta ai fratelli Bussolasco di Salicetto, e una pista da canapa propria del Sig. Conte Marelli di Vert, qual è il miglior Registrante del luogo (ossia il proprietario più importante, che possedeva al tempo anche 90 giornate di bosco sul territorio di Caselle), e qui possiede un palazzo in civil architettura ben ammobiliato, dove fa egli la maggior parte dell’anno la sua residenza (pochi anni dopo venne anche realizzata una pista da riso alla cascina Grangia).

    – Consiglio e amministrazione comunale
    Il Consiglio di Comunità, come luogo infimo (interessante il termine usato dal Sicco per definire la poca importanza del comune), è solo composto d’un Sindaco e due Consiglieri, e li Terrieri (gli abitanti proprietari di terreni), che si riconoscono più capaci per esservi ammessi sono li sottonominati signori:
    Carlo Richetta, Domenico Richetta, Tommaso Martini, Domenico Chiadò, Antonio Martini, Giovanni Martin, Domenico Giacoletto, Nicolao Castagnero, Pietro Richetta e Francesco Rolle, e tutti sono ugualmente considerati nel luogo.
    Gli affari della Comunità sono competentemente ben amministrati, e non si sono riconosciute contabilità degli esattori scorsi da evaquarsi (ossia debiti ancora da pagare), ne anche ragioni occulte da promoversi.
    La Comunità stessa non ha liti vertenti, sebbene da poco tempo ha ricevuto ordine da Sua Maestà, per organo del Sig. Direttore della Veneria Reale Bordani, di dover unire le proprie istanze a quelle del Regio Patrimonio, per aver ricorso alla Regia Camera, al fine di ottenere un’inibizione generale contro chiunque voglia valersi dell’acqua della Bealera di questo luogo, di cui ne resta partecipe per una porzione la predetta Sua Maestà per aver ingrandito a sue spese essa Bealera, aumentando la portata dell’acqua necessaria alla sua Regia Mandria.

    – Casa Comunale e Archivio
    Non ha casa propria questa Comunità, sebbene abbia un sito comodo per costruirla in vicinanza del nuovo campanile (l’antica chiesa parrocchiale, minacciante rovina a seguito delle piene della Stura, venne ricostruita tra il 1715 e il 1724 in un sito più sicuro, mentre il campanile venne iniziato nel 1750 e terminato alcuni anni dopo non senza alcune vicissitudini), e per questo l’intendente invita la Comunità di provvedere, secondo le forze (economiche) della medesima, ed in vista di prossime annate fertili, che possa permettere una tal spesa.
    Si è visitato l’Archivio delle Scritture, e ritrovatosi in buon ordine, e provvisto del suo Inventario ben regolato, ma dato che era posto dentro la Sacrestia di detta Parrocchiale se ne è ordinato il trasporto fuori d’essa in una camera sicura permettendo alla Comunità di affittare una casa, fino a che non ne abbia una propria, per la custodia dell’archivio e per far le congreghe del Consiglio, che ora si tengono nella casa del Sindaco pro-tempore.
    Il Catasto formatosi nell’anno 1726 è di tutto servizio, ed in autentica forma. Esaminatosi il libro relativo dei trasporti (passaggi di proprietà) si è in varie colonne osservato la mancanza dell’indicazione dei dati completi del passaggio di proprietà, pertanto si è anche incaricato il Segretario di Comunità di doversi rimediare, sotto pena della sospensione del suo stipendio, e parcellati nel caso che venisse a mancare tale osservanza, che è un oggetto primario delle obbligazioni del suo impiego.

    – Congregazione di Carità e ospedale
    La Congregazione di Carità si trova eretta con la regolare nomina dei suoi ufficiali, ma non ha redditi certi, e si soccorrono li miserabili col prodotto delle collette, e coll’importo annuo di lire cinquanta, che si bilanciano nel causato dalla Comunità.
    Si è per altro fatto presente ad essi ufficiali, ed anche al Parroco, l’obbligo che a loro corre di osservare i Reali provvedimenti contenuti nel libro della mendicità sbandita, per un miglior progresso di quest’opera salutare sia ai poveri, ma anche di non minor vantaggio al pubblico bene.

    – Qualità del territorio
    Confina il presente territorio a levante con quello di Caselle, a mezzo giorno con quelli della Venaria Reale e Fiano, ed anche col tenimento di Rubianetta, a ponente col suddetto di Fiano, ed altro di Ciriè, ed a mezza notte solo con Ciriè.
    Il maggior frutto di questo Territorio consiste nel vino e meliga.
    La qualità dei beni in generale, sebbene siano al possibile coltivati, non è buona, quasi del tutto valdenga (ossia boscosa), ed a più parti sterile, e la coltura di questi beni è assai difficile, in quanto per poca siccità si rendono inarabili, e per poca umidità diventano impraticabili, a causa che il terreno ritiene l’acqua fuori dell’ordinario, senza contare che la natura intrinseca dei terreni è ben magra e fredda.
    Parlando dei prati singolarmente, questi sono d’un terreno freddo e ghiaioso, che producono un fieno agro e lescarino (ossia con la “lesca” un’erba molto dura e fibrosa), di poco nutrimento per i bestiami, potendosi solo una parte d’essi irrigare in qualche tempo dell’anno con l’acqua della Bealera.
    Nonostante questo non vi son per altro beni registrati (ossia che pagano le imposte), che siano incolti e abbandonati, e i gerbidi comuni, che producono ben poco erbaggio e di misera qualità, servono principalmente al pascolo dei bestiami.

    – Boschi
    Questa Comunità tiene e possiede come proprio un tenimento di bosco ceduo sopra il territorio di Ciriè, per le quali se ne pagano le tasse annuali alla Comunità di Ciriè, come beni colettabili del suo Catasto.
    Questo Tenimento è diviso in lotti separati, che vengono dati in affitto ai Particolari Terrieri, e se ne ricava da questi lotti, come anche da una parte di altri boschi cedui comuni che si trovano qua e là dispersi, un annuo reddito di Lire 320.
    I Padri Minimi di San Francesco di Paola di Torino possiedono su queste fini una Cascina di giornate 40 circa beni collettabili.
    Gli alberi difficilmente crescono e si mantengono vegeti, stante la qualità del terreno di sopra espressa, e ciò nonostante se ne abbia dai Particolari la dovuta attenzione.

    – Bealera
    La Bealera del sovra detto mulino si deriva dal Fiume Stura per una concessione del fu Sig. Conte Andrea Provana di Leynì, feudatario in tal tempo di Balangero, sul di cui territorio questa si estrae, e non vi è alcuna distribuzione d’acqua fra gli utenti, essendo solo divisa col partitore, al di sopra d’esso Molino, quella che serve a Sua Maestà per uso ed irrigamento dei rispettivi beni, e delizie della Venaria e della Mandria.

    – Torrenti
    Interseca poi il presente territorio il Fiume Stura, alle di cui corrosioni restano in parte sottoposti i beni del medesimo finaggio.
    Scorre alle falde del recinto del paese, e continua a minacciar rovina i fabbricati superiori.
    Dato che il recinto del paese si trova più alto del letto della Stura di circa trabucchi 50 (circa 150 metri), ed il terreno è molto ghiaioso, incessantemente e con facilità lo va corrodendo, e si dice per tradizione di aver già lo stesso fiume anticamente rovinato la chiesa vecchia ed altri abitati del luogo.
    In ogni caso non sono attuabili la realizzazione di ripari allo stato delle cose, che, quando si riuscissero a fare, sarebbero poco durevoli, e comunque questa piccola Comunità non è in grado di poter sostenere le gravose spese che si richiederebbero ad un tal fine.

    Conclusa la relazione del Sicco, aggiungo alcune notizie sulla Stura.
    I danni della Stura nei secoli successivi
    Come visto la Stura, dato il suo carattere torrentizio e la forte pendenza del territorio attraversato, è soggetta a continue piene che annualmente ricorrono più o meno violente, causando non pochi danni lungo il suo percorso.
    Nel tempo il percorso del fiume continua a modificarsi corrodendo ora la sponda destra, ora la sponda sinistra, nonostante i continui lavori dell’uomo per rinforzare gli argini, nel tentativo di contenere l’alveo in un determinato tragitto.
    Negli anni più “tranquilli” l’innalzamento delle acque durante i periodi di pioggia non crea particolari problemi, ma quando le piogge si fanno eccezionali è molto difficile contenere la furia della Stura, ed in alcune annate i danni causati furono veramente tanti.
    Una grande piena della Stura si verificò nell’anno 1839, nei giorni 15-16-17 ottobre a seguito di persistenti piogge autunnali. Oltre a forti danni su tutto il territorio, questa piena fu particolarmente minacciosa per Robassomero. Dopo aver asportato parte del suo territorio, le acque stavano per travolgere nuovamente la chiesa e le abitazioni della zona centrale.
    Di fronte a questa calamità, gli abitanti di allora invocarono la protezione di San Gregorio (santo taumaturgo considerato “moderatore di acque”). Dopo queste intercessioni degli abitanti al Santo, l’irruenza delle acque della Stura si placò, e da allora si celebra ogni anno, nel mese di novembre, questa ricorrenza che è stata definita Festività Comunale.
    Nel 1913 la piena del 30 ottobre abbatté parte del ponte in muratura che collegava Ciriè con Robassomero, mentre il 24 settembre 1920 la piena della Stura, a seguito di furiosi temporali, travolse le dighe presso Lanzo ed otturata la diramazione dei canali, con impeto rovinoso asportò tutti i ponti in legno, compreso quello provvisorio che si era fatto al ponte abbattuto nel 1913.
    Il ponte venne ricostruito in ferro nel 1922, ma nella piena del giugno 1957 venne nuovamente distrutto; ricostruito in cemento subì una nuova distruzione nell’ottobre del 2000.

     

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