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martedì, Marzo 19, 2024

    Haiku: traduzione “ Noi giochiamo”


    Vi avevo già parlato dei gruppi whatsapp con cui noi “Over” stiamo cercando di rendere positive al massimo le nostre giornate di clausura: uno dedicato al passaparola di libri e un altro alle esperienze di scrittura. Ritornati pesantemente in zona rossa, ci siamo dedicati con assoluta determinazione agli haiku, cioè alla poesia più raffinata e intensa che io conosca. Avevamo bisogno di scaricare un po’ di zavorra e salire leggeri verso un’aria più pura. Cos’è esattamente un haiku? Una definizione potrebbe essere questa: una poesia breve che cattura un attimo, un’emozione. L’estrema concisione dei versi lascia spazio al lettore che è invitato quasi a completare. In fondo non vi è nessuna differenza tra l’haiku e una poesia ermetica ed essenziale come “M’illumino di immenso”  di Ungaretti, ma se qui la libertà è assoluta, nell’haiku si seguono regole precise, anche se il nome deriva da  “ Hai cai “, Ku è contrazione del verbo cai che vuol dire un gioco, quindi haiku significa “Noi giochiamo”. E noi di whatsapp “Incontri Letterari” abbiamo cercato davvero di trasformare anche questo “gioco” in un salvavita.
    L’haiku è nato in Giappone nel 1600, per lo meno in quel periodo si sono stabilite regole precise per la sua composizione, ad imitazione del grande poeta Matsuo Basho. Egli  aveva compiuto un viaggio nel nord del Giappone tenendo un diario in cui inframezzava haiku: poesie di tre soli versi, tutti con una suddivisione di 5/7/5 more o sillabe, come piccole annotazioni per ricordare uno stato d’animo particolare. L’occasione per riavvicinarmi agli haiku di Basho è stata la pubblicazione, per le edizioni Lindau, di un libro singolare con disegni di Ernesto Morales che accompagnano, come una meditazione visiva, le 33 poesie scelte. In questo periodo di isolamento  ho pensato che proporre di scrivere haiku potesse spingere anche i non-poeti a mettersi in gioco e soprattutto potesse spogliare di ottocentismi i poeti abituali e portare alla sintesi. Con gli haiku mi ero cimentata più volte grazie a ricordi universitari e ad un concorso organizzato ogni anno da Monginevro cultura, associazione torinese diretta da Sergio Donna. Il fatto che i miei haiku fossero in alcuni casi vincenti o segnalati dagli esperti come buoni, mi hanno permesso di aiutare almeno tecnicamente gli amici che hanno voluto provare ed è stato un percorso di crescita anche per me, perché mi ha costretta ad approfondire. Negli anni ‘80 è nata l’Associazione Italiana Amici dell’haiku, grazie ad un gruppo di appassionati guidati dal prof. Giuliano  Manacorda, professore di Letteratura alla Sapienza: fu organizzato il primo concorso di haiku, vinto da Fabrizio Virgili che è riuscito in seguito a primeggiare  più volte  in competizioni internazionali di haiku organizzate dal Giappone. Virgili ci spiega come sia importante riferirsi sempre ad una esperienza. Gli haiku non si scrivono a tavolino. Prima bisogna osservare, ascoltare la natura, percepire il particolare messaggio per ognuno di noi. Se qualche cosa colpisce i nostri sensi e il nostro cuore e sentiamo il bisogno di fissare quell’attimo, invece di scattare solo una foto col telefonino, possiamo prendere un appunto che poi elaboreremo. Virgili, divenuto uno dei massimi esperti e maestri di haiku, in contatto continuo con i maestri giapponesi, raccomanda la semplicità, la capacità di stupirsi  come un bimbo per quello che succede. Ma vediamo da vicino come si crea un haiku.


    Per prima cosa ci deve sempre essere anche solo un termine che faccia riferimento alla stagione o kigo. Ad esempio se io uso la parola tulipano, parlo di primavera!
    Seconda richiesta: i versi devono presentare almeno un kireji (parola che taglia), ossia un rovesciamento di significato che può essere indicato da un trattino, una virgola, un punto, di solito a fine del primo o del secondo verso, come se si volesse fare una pausa prima di suggerire una riflessione. Negli haiku deve essere presente uno di questi quattro modi di essere:
    Sabi: la bellezza della solitudine, ma  senza tristezza; Wabi:la bellezza nelle cose semplici; Aware: il rimpianto, la consapevolezza del mutamento continuo delle cose, ma senza alcuna sofferenza; Yugen: il fascino di ciò che è misterioso.
    Non è stato semplice all’inizio, perché di solito non ci si sente poeti se non si hanno quaderni zeppi di poesie, ma ho cercato di far capire che tutti viviamo attimi di poesia ed è bello, in modo così semplice, conservarne la memoria. Rileggendo un haiku si rivivranno momenti preziosi, come nel rivedere una fotografia. Non è stato facile neppure dal punto di vista tecnico, perché nel conteggio delle more o sillabe, quando una parola termina con una vocale e quella successiva inizia con vocale, le loro sillabe si uniscono in una sola (sinalefe).
    Ad esempio: scrivendo  bianco airone in una normale divisione in sillabe, ne avremo 6; in un haiku ne contiamo 4;  biàn-coài-rò-ne! Comunque consoliamoci perché esistono anche haiku impuri, che aggiungono o tolgono sillabe. Quello che è davvero importante è capire che devono essere come un diario delle nostre emozioni! L’esperienza haiku sta continuando, pian piano mi accorgo che una semplice passeggiata attorno a casa, come riesce a offrire spunti per un acquerello, così ne può offrire per scrivere haiku. Erano giorni che nel mio piccolo giardino mi colpiva la bellezza di un tulipano. Bianco in mezzo ad altri di colore sgargiante; di un bianco così puro da essere visto bene anche di notte, sfida impossibile alla luna che tornerà sempre, a differenza del tulipano che sfiorirà.  Era l’immagine di una persona “diversa”, o che si distingueva dalla massa, ma anche il richiamo alla brevità della giovinezza. Tutto questo alla fine si è concretizzato in semplici tre versi:
    Di notte splende
    un tulipano bianco.
    Sfida alla luna   (Naz)
    Ecco alcuni haiku scritti da noi: solo due ciascuno, ma ne sono stati scritti moltissimi.
    Cerco nell’ erba / briciole  d’un  amore./ Passero  vola. (Silvia Riccio)
    Siepi  fiorite/ correvano  nell’ombra./ Io ti cercavo.( Silvia Riccio)

    Rami ghiacciati. / Unico mio amore / Riccioli scuri    (Cristina Ughetto)
    Potare siepi/ Che meraviglia con te./ Aspetto sera  (Cristina Ughetto)

    Sguardo bambino,/ croccante meraviglia/ mughetti e viole. (Nazarena B.)
    La cincia grigia /dal girasole secco/ becchetta vita.(Nazarena Braidotti)

    Bianco Natale/ sogna giorni migliori/fumando pipa  (Aldo Di Gioia)
    Sole d’inverno/ Recita versi rochi/Quando arriva (Aldo Di Gioia)

    Tra colli verdi/ Deserta vecchia casa/T’amai e t’amo (Annalisa Rabagliati)
    Rave, ravanin/ L’a piantaje Giuanin/ Al ciar dla luna (Annalisa Rabagliati)

    Danza la neve,/  profumo invernale./ Ah… un passero  (Rosaura Pagliero)
    L’airone canta/ nella risaia al sole./L’estate splende. (Rosaura Pagliero)

    La lontananza/ Attesa di due cuori/ Mèsti sospiri (Beppe Gavarini)
    Scende la sera/ Complici scuri anfratti/ Teneri amplessi (Beppe Gavarini)

    L’occhiazzurrino/ Del piccoletto fiore/ Gigante incombe. (Luisella Forlano)
    Prati cosparsi/ Di nontiscordardime./ Quanti ricordi! (Luisella Forlano)

    Avvinto saro’./ Oppure mi salverai./ Freddo, al cuor mio (Mariangela Gabetti)
    Ancora inverno./ Trovai un gelsomino/ cercavo viole (Mariangela Gabetti)

    Brilla nel sole/ la goccia di rugiada/ sul filo d’erba. (Lina Palmieri)
    All’improvviso / volarono farfalle/ nel cielo azzurro. (Lina Palmieri)
    Sono molto felice di questa esperienza e credo lo sia tutto il gruppo. La proposta ora passa a voi lettori e sono disposizione per un aiuto.(cmbraido@gmail.com)
    whatsapp 3471310648
    Naz

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    Nazarena Braidotti
    Nazarena Braidotti
    Braidotti M.Nazzarena in Gaiotto Nata a Ciriè(To), tre figli, ex insegnante a Caselle, vive a Torino. Laurea in Lettere con una tesi sul poeta P.Eluard, su cui ha pubblicato, per Mursia, un “Invito alla lettura”. Grandi passioni: la scrittura, tenuta viva nella redazione di “Cose Nostre” e altri giornali locali e l’acquerello.

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