Di tutte le parole spese in questo periodo, dedicato alla memoria e al ricordo, quella che mi ha ferito maggiormente è stata proprio questa: ancóra.
L’ho sentita ripetere più d’una volta: “Ancóra con ‘sta storia della Shoah,.. dei campi di concentramento… Ancóra una volta col Giorno della Memoria…”
Un senso di saturazione folle sta pervadendo pericolosamente strati sempre più ampi di società, e la contezza di ciò s’è avuta nella parole stanche di Liliana Segre, chiamata a constatare una volta di più, il ritorno prepotente di fantasmi passati.
Il nazifascismo? Sempre covato sotto la cenere, ma adesso ha trovato terreno fertile in uno sdoganamento lento e continuo, nell’ignoranza coltivata, e ora diffusa, che non attende altro, proprio come malinconicamente affermato dalla senatrice Segre, che anche l’ultimo dei testimoni sia piegato dalla morte per poter buttare finalmente nel dimenticatoio il dovere della memoria.
Come stupirsi del dato Eurispes consegnato alle cronache poche settimane fa che stabilisce come il 15% di noi ritenga che la Shoah non sia mai esistita?
Lo scriteriato ma calcolato non insegnamento della storia può produrre solo questo e a nulla, banalmente, serve chiedere a costoro allora dove sia finita la moltitudine di milioni di anime che non hanno fatto ritorno. Anche oggi, ancóra oggi ingoiate dal buio della ragione.
Le teorie negazioniste più folli riescono a far presa, ingigantite da social e rete.
Sembriamo non avere gli anticorpi giusti per contrapporci all’ignoranza e impedire che si propaghi un clima sempre più favorevole all’odio razziale.
Il momento storico che stiamo vivendo, distinto dall’incertezza economica e sociale, induce la gente a chiusure sempre più marcate, sfocia nella paura. Paura di tutto ciò che è diverso, sconosciuto.
La portata amplificante di ogni genere di notizia, spesso lanciata e rilanciata in modo folle e scriteriato dai media, fa sì che le ansie vengano combattute col rifiuto. Esattamente com’è successo all’epoca delle grandi epidemie, dei più grandi flussi migratori ci si scaglia contro ipotetici e irreali untori, contro invasioni non suffragate nei numeri e nei fatti.
Non ci sovviene neppure l’idea che sia una guerra tra poveri quella verso cui ci stanno lanciando, e a nulla pare servire il ribadire che solo attraverso corretta informazione ed educazione si può sbaragliare l’ondata xenofoba e sovranista. Basterebbe un vecchio sussidiario delle elementari che furono per far constatare dove i nazionalismi abbiano sempre condotto l’Europa nel corso dei secoli, ma tant’è.
Però proprio ora, proprio ora più che mai, occorre con forza rideterminare che solo i principi di libertà, uguaglianza, fraternità, accoglienza e solidarietà possono rappresentare la linea guida presente e futura per il bene dell’Italia e dell’intero nostro continente.
Principi che devono difendere sempre e comunque la memoria delle vittime del Secolo Breve, che possano contrastare “la saturazione del dolore”, evitando anche la contrapposizione stolida delle morti dei lager con quelle delle foibe, tesa a dimostrare chissà che.
La violenza che ci permea in questi anni che si stanno facendo sempre più bui non è più latente, si esplicita nella negazione brutale, nella voglia di far uso della forza per risolvere ogni contesa: nella bieca esaltazione della semplificazione come unica alternativa.
C’è un unico modo per provare a disinnescare ogni discorso teso all’odio: diffondere democrazia e partecipazione.
Ancóra.