L’annuale rapporto che la Caritas casellese ci consegna, e che trovate in questo numero a pagina 24, è ben più che preoccupante e dobbiamo leggerlo con estrema attenzione.
Non si facciano spallucce apprendendo che il Censis ci ha definito “una nazione di sonnambuli che non si rende conto dei reali problemi del paese ma si lascia trascinare da persone che parlano alla “pancia” e che creano pericoli non reali che distraggono l’attenzione dell’opinione pubblica”.
E invece di pericoli reali eccome se ce ne sono. La Caritas ci propone un’impietosa statistica che ci dice come ormai un italiano su 10 sia in povertà assoluta, e quanto e come si stia espandendo la platea degli indigenti e dei più che possibili indigenti.
Anche la classe media, alla quale la più parte di noi è appartenuta per decenni, non può più dirsi immune: basta una piccola crepa, una frattura nel corso della vita e anche insospettabili rischiano di dover, a capo chino, ammettere di non poter sopravvivere se non chiedendo un contributo alle associazioni di carità. Spaventoso.
Ancor più spaventoso sapere che la classe politica, quella che dovrebbe indirizzare strategie e correttivi, è talmente occupata in una perenne campagna elettorale da essere distante anni luce dalle vere esigenze del paese.
Siamo dentro un caleidoscopio lisergico.
Ma tutto questo sembra minimamente interessare la parte politica e l’opinione pubblica se è vero come è vero che continuiamo ad accettare che una componente vellichi la nostra pancia, realizzando poco, rifilando colpe a chi c’era prima, collezionando figuracce, ma riuscendo incredibilmente a rimanere in sintonia col “popolo”, mentre l’altra, come benissimo ha detto giorni fa Aldo Grasso sul Corriere, persevera a usare un lessico, “da élite barricadera invece di rivolgersi a militanti che fino a ieri credevano nel sol dell’avvenire”.
E bene si badi al fatto che tutto si innesta in un contesto che non è mai uscito totalmente dal Ventennio e dalla guerra civile e ne è una prova l’ignorante nostalgia di chi è indotto a pensare che il fascismo fu grandezza d’Italia. Il fascismo fu una dittatura pesante, farcita di violenza, propaganda e retorica che ci condusse a schiantarci contro una guerra tragica, dove venne a galla tutta la nostra drammatica e nascosta pochezza, la cialtroneria delle linee di comando che alla fine ci consegnò alla repressione nazista e repubblichina.
Devono quindi farci paura saluti romani di ritorno?
Ma in fondo che vuoi che sia… sono quattro scappati di casa, che erano lì per celebrare una loro luttuosa ricorrenza…
E invece sì, a me fanno paura, perché temo che cosa possono produrre l’ignoranza e l’indigenza. Tutto ciò che in un modo o nell’altro genera poi violenza può trovare terreno fertile in un regime dove frange becere pensano di sentirsi protette, dove si tende comunque allo sdoganamento d’un periodo che dovrebbe continuare a essere, senza se e senza ma, condannato e che è invece persino supportato da inconsapevoli servi sciocchi, dall’imbelle tolleranza di chi dovrebbe invece tenere gli occhi aperti e le antenne dritte.
Ma non l’abbiamo mai fatto. Ci siamo lasciati anestetizzare dalla DC, abbiamo impedito a Moro e Berlinguer un altrove, abbiamo creduto di poter scalare come i socialisti, non abbiamo contrastato il conflitto d’interessi e abbiamo avuto il berlusconismo per trent’anni e ora dovremmo combattere un’arena dove il pensiero guida per ogni argomento è quello degli ultras in una curva da stadio? Ma si deve fare.
Però se domani piove, rimandiamo.