Ultimo appuntamento dell’anno con la rubrica dedicata al nostro notaio, il dottor Gabriele Naddeo.
In quest’ultimo numero di questo tribolatissimo 2020, il dottor Naddeo ha preso in esame alcune sentenze della massima Corte legate a vendite di beni, eredità, trust e regimi patrimoniali.
Cassazione, ordinanza 22 settembre 2020, n. 19800, sez. II civile
Nella vendita di un bene gravato da onere reale o personale, la responsabilità del venditore è esclusa “solo nel caso in cui il compratore abbia avuto effettiva conoscenza del peso gravante sulla cosa oppure si tratti di onere apparente ovvero trascritto o espressamente menzionato nell’atto di trasferimento dell’immobile al terzo”. Conseguentemente, ove il bene in oggetto presenti vizi che ne determinano la diminuzione del valore, il compratore ha diritto di chiedere una diminuzione del prezzo pattuito. La riduzione è infatti rappresentata dal “minor godimento o minor pregio o minor qualità o produttività del bene per effetto della servitù od altro onere non prima conosciuti”. Essa va determinata “con rapporto e proporzione al valore complessivo dalle parti attribuito al bene considerato esente dall’onere”, con riguardo non al “valore di mercato della cosa, ma al valore contrattuale e cioè al prezzo complessivo originariamente convenuto fra le parti”.
Cassazione, ordinanza 23 luglio 2020, n. 15690, sez. VI – 2 civile
Con questa ordinanza, la Corte di Cassazione decide che, condizione necessaria per rinunciare all’eredità, da parte di chi è in possesso di beni ereditari, è provvedere all’inventario; in mancanza sarà considerato erede puro e semplice. L’immissione in possesso dei beni ereditari non comporta accettazione tacita dell’eredità, poiché non presuppone necessariamente, in chi la compie, la volontà di accettare, cionondimeno, se il chiamato nel possesso o compossesso anche di un solo bene ereditario non forma l’inventario nel termine di tre mesi decorrenti dal momento di inizio del possesso, viene considerato erede puro e semplice; tale onere condiziona, non solo, la facoltà di accettare con beneficio d’inventario, ma anche quella di rinunciare all’eredità in maniera efficace nei confronti dei creditori del “de cuius”.
Cassazione, ordinanza 14 ottobre 2020, n. 22182, sez. V
Per l’ennesima volta la Corte di Cassazione afferma che, in materia di trust, le imposte proporzionali si scontano solo nella fase finale di assegnazione dei beni ai beneficiari, e non nella fase istitutiva del trust. In ogni tipologia di trust l’imposta proporzionale non andrà anticipata all’atto istitutivo né a quello di dotazione, bensì riferita a quello di sua attuazione e compimento mediante trasferimento finale al beneficiario. Tale principio trova applicazione anche nel caso del c.d. trust autodichiarato connotato dalla coincidenza di disponente e trustee.
Cassazione, ordinanza 14 agosto 2020, n. 17175, sez. I civile
La Corte di Cassazione, con questa ordinanza, ribadisce un concetto da alcuni anni ormai solidificato: i regimi patrimoniali hanno un contenuto programmatico e, pertanto, i loro effetti non possono essere sospesi da singole decisioni o attività. La Corte, dunque, afferma che i coniugi in regime di comunione legale, al fine di effettuare l’acquisto anche di un solo bene in regime di separazione, sono tenuti a stipulare previamente una convenzione matrimoniale derogatoria del loro regime ordinario, ai sensi dell’art.162 c.c., sottoponendola alla specifica pubblicità per essa prevista, non essendo, per converso, sufficiente una esplicita indicazione contenuta nell’atto di acquisto, posto che questo non viene sottoposto alla pubblicità delle convenzioni matrimoniali, unico strumento che conferisce certezza in ordine al tipo di regime patrimoniale cui sono sottoposti gli atti stipulati dai coniugi.
Cassazione, ordinanza 6 ottobre 2020, n. 21358, sez. VI – 3 civile
Il principio espresso da questa ordinanza chiarisce come un soggetto debitore, qualora si liberi dei propri beni in adempimento di un obbligo assunto in sede di separazione dal proprio coniuge, può sempre essere attaccato dai propri creditori. I giudici, dunque, confermano che è ammissibile l’azione revocatoria ordinaria del trasferimento di immobile, effettuato da un genitore in favore della prole in ottemperanza ai patti assunti in sede di separazione consensuale omologata, poiché esso trae origine dalla libera determinazione del coniuge e diviene “dovuto” solo in conseguenza dell’impegno assunto in costanza dell’esposizione debitoria nei confronti di un terzo creditore, sicché l’accordo separativo costituisce esso stesso parte dell’operazione revocabile e non fonte di obbligo idoneo a giustificare l’applicazione dell’art. 2901, terzo comma, c.c.; in altri termini, non essendovi un’obbligatorietà derivante da legge o da sentenza, l’atto può essere considerato come stipulato in frode ai creditori.