Questo mese il nostro notaio, il Dottor Gabriele Naddeo, ha scelto come primo argomento una sentenza della Cassazione relativa a un temo scottante che dovrebbe interessare molti dei nostri lettori: la vita in condominio e le sue regole.
Altro tema scottante quello relativo all’ordinanza scelta dal Dottor Naddeo quale secondo argomento: tutto ciò che ha a che fare con i contratti di vendita in campo immobiliare
Buona lettura
Cassazione, sentenza 30 maggio 2023, n. 15222, sez. II civile
Condominio: regolamento – uso degli alloggi – divieto generico di svolgere attività – servitù – configurabilità – obbligo di specifica indicazione – necessità
La Corte di Cassazione separa i campi della discussione in tema di regolamento di condominio: per gli attuali condomini ogni restrizione deve essere approvata all’unanimità; affinché i patti del regolamento che ineriscono e interferiscono con le proprietà individuali, siano opponibili a fruiti condomini, dovranno essere regolarmente trascritti. Le restrizioni alle facoltà inerenti al godimento della proprietà esclusiva contenute nel regolamento di condominio costituiscono servitù reciproche e devono perciò essere approvate mediante espressione di una volontà contrattuale, e quindi con il consenso di tutti i condomini, mentre la loro opponibilità ai terzi acquirenti, che non vi abbiano espressamente e consapevolmente aderito, rimane subordinata all’adempimento dell’onere di trascrizione del relativo peso. Configurandosi, appunto, tali restrizioni di godimento delle proprietà esclusive come servitù reciproche, intanto può allora ritenersi che un regolamento condominiale ponga limitazioni ai poteri ed alle facoltà spettanti ai condomini sulle unità immobiliari di loro esclusiva proprietà, in quanto le medesime limitazioni siano enunciate nel regolamento in modo chiaro ed esplicito, dovendosi desumere inequivocabilmente dall’atto scritto, ai fini della costituzione convenzionale delle reciproche servitù, la volontà delle parti di costituire un vantaggio a favore di un fondo mediante l’imposizione di un peso o di una limitazione su un altro fondo appartenente a diverso proprietario.
Cassazione, ordinanza 6 giugno 2023, n. 15762, sez. II civile
Contratti – vendita: immobiliare – contratto preliminare – stipulato da una società – inadempimento – domanda di esecuzione in forma specifica – cancellazione volontaria dal registro delle imprese – nel corso della causa – obbligo di stipula gravante sui soci – sussistenza
Se una società – obbligata alla stipula di un contratto definitivo a seguito di sottoscrizione di contratto preliminare (conosciuto anche come compromesso) – si scioglie, obbligati alla sottoscrizione sono i soci: dovrà provvedere la controparte ad agire giudizialmente. A fronte della cancellazione volontaria in corso di causa della società convenuta in giudizio quale promittente alienante per l’esecuzione in forma specifica del contratto preliminare di vendita immobiliare da essa concluso, i soci verso cui tale giudizio sia riassunto succedono nell’obbligo di stipulazione del definitivo e sono potenziali destinatari degli effetti della corrispondente sentenza costitutiva, anche se di tale obbligo di facere non si sia fatta menzione nel bilancio finale di liquidazione.
Cassazione, ordinanza 1° giugno 2023, n. 15490, sez. II civile
Professioni liberali – notariato: colpa professionale – accertamento dell’identità delle parti – esame dei documenti – sufficienza – esclusione
Provvedimento molto forte (in parte anche discutibile) del Suprema Corte: ai fini dell’identificazione delle parti non è sufficiente al Notaio, per l’assolvimento dei propri doveri, esaminare la carta d’identità dei comparenti poiché, se false, il Notaio sarà ritenuto responsabile. L’art. 49 della l. notarile (nel testo fissato dall’art. 1 della l. n. 333 del 1976) secondo il quale il notaio deve essere certo dell’identità personale delle parti e può raggiungere tale certezza, anche al momento dell’attestazione, con la valutazione di “tutti gli elementi” atti a formare il suo convincimento, contemplando, in caso contrario, il ricorso a due fidefacienti da lui conosciuti, va interpretato nel senso che il professionista, nell’attestare l’identità personale delle parti, deve trovarsi in uno stato soggettivo di certezza introno a tale identità, conseguibile, senza la necessaria pregressa conoscenza personale delle parti stesse, attraverso le regole di diligenza, prudenza e perizia professionale e sulla base di qualsiasi elemento astrattamente idoneo a formare tale convincimento, anche di natura presuntiva, purché, in quest’ultimo caso, si tratti di presunzioni gravi, precise e concordanti; l’accertamento relativo è demandato al giudice del merito, il cui giudizio è incensurabile in cassazione se motivato in maniera congrua e logica.
Nel caso di specie il notaio ha identificato le parti sulla base delle carte di identità – successivamente risultate non autentiche -, che ha fotocopiato, dell’esistenza di una procura speciale a vendere – la cui sottoscrizione poi è risultata apocrifa – e facendo affidamento sulla presenza all’atto dei funzionari bancari e di intermediazione con i quali le parti avevano intrattenuto pregressi rapporti. A giudizio della Corte territoriale, il notaio non ha assolto all’obbligo di adeguata diligenza professionale sancito dall’art. 49 l.not. poiché la sua certezza soggettiva della identità delle parti, raggiunta al momento dell’attestazione, non è stata conseguita attraverso elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti. Tanto più che la semplice richiesta alle parti di mostrare un certificato anagrafico avrebbe consentito al notaio di accorgersi della falsità dei documenti d’identità esibiti dai contraenti.