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martedì, Maggio 14, 2024

    A volte ritornano


    Il 25 Settembre sera, allo scoccare delle 23, eravamo pronti, sapevamo che Giorgia Meloni con i suoi Fratelli d’Italia avrebbe fatto il pieno di voti: era scontato, annunciato. Non è una percentuale bulgara sul totale degli aventi diritto al voto, ma lo diventa contando i moltissimi astenuti, e coloro che stanchi di una sinistra lontana da tutto, indifferente, stanchi dei 5stelle, hanno provato pure questa. Giovane, donna, tentiamo.
    Avrà sulle spalle una responsabilità credo mai affrontata da nessuno prima di lei: guerra, recessione economica, lavoro, siccità, prezzi di luce e gas alle stelle. La più grande e devastante crisi dal dopoguerra.
    Anche da noi è arrivata quella sterzata a destra delle quale altre volte abbiamo parlato e che sta dilagando per l’Europa in modo allarmante: certamente non tornerà il fascismo del ventennio, ma un certa affinità su alcuni temi è riemersa prepotente.
    Ho provato un senso di pena nell’ascoltare il discorso dalla Senatrice Liliana Segre, così accorato, con quel senso di dolore per il ritorno della destra, e di fronte al fatto che dovesse essere proprio lei, sopravvissuta al campo di concentramento, a passare la mano a un personaggio che in casa ha ancora i busti e le immagini del Duce. E si chiama pure Benito. Ignazio Benito. Con un fratello di nome Romano. Sorvolo sui nomi dei figli: saranno stati bullizzati a scuola.
    La Segre in quei minuti appariva sopraffatta da un destino che si stava quasi prendendo gioco di lei: basita di fronte al fatto che il suo sacrificio, le sue parole, la sua giovinezza bruciata, fossero serviti a nulla, o quasi. Poi arriva lui, Ignazio, con un mazzo di fiori e la bacia come si fa con la nonna. Fortunatamente non alza il braccio e subito dopo dice: “Sarò il presidente di tutti”. Molto originale. Ma almeno non sarà ministro, e probabilmente in quanto presidente del Senato farà meno danni. Il giorno dopo Lorenzo Fontana si siede sullo scranno più alto della Camera: una sorta di novello Tomàs de Torquemada, che nonostante le lauree incappa in diversi errori ortografici e grammaticali. Ma questo sarebbe il meno.
    Ciò che è uscito dalla bocca dei due fenomeni e dei loro discepoli, i contatti e le amicizie di cui vanno fieri, non possono che allarmare. Aggiungerei lo show offerto quasi quotidianamente dal satrapo padrone del Centro Destra: Crozza avrà un problema non indifferente nel gestire una sovrabbondanza di spunti per il venerdì sera. Lo avete visto mentre lo sorreggono, mentre sorride ormai senza freni inibitori? Accanto, onnipresente, il suo trofeo: Marta, bionda, pallida, in disparte, silenziosa, muta, sempre un passo indietro, mentre lui annuncia ai giornalisti una lista di ministri presente solo nella sua testa.
    Questo “teatro” ha portato discredito non solo alla Politica, ma al Paese tutto: siamo dileggiati dall’Europa e dal mondo; le dichiarazioni di Berlusconi in merito alla sua amicizia con Putin e sulla guerra, sono irricevibili; come noi forse solo gli inglesi, con la tragica buffonata della Brexit e l’uscita di scena di Liz Truss dopo solo sei settimane.
    Sorprendente la durata dei colloqui con Mattarella: undici minuti, forse anche troppi per il nostro Presidente. Ci metto di più io a scegliere tra Margherita o Capricciosa.
    All’uscita un quadro deprimente: la Ronzulli sempre accanto al padrone, il quale avesse accentuato gli ammiccamenti, sotto una buona dose di fard, avrebbe strappato tutti i ritocchi. Lupi sembrava avere la stessa espressione della figlia di Fantozzi; poche parole della Giorgia e via a stilare la lista dei ministri.
    Tutta la stampa incredula per la brevità: nemmeno una esibizione di Tananai dura così poco!
    Negli anni il fascismo è stato banalizzato, mai preso seriamente, e ora eccoci qui.
    Ora il Governo è formato, le nomine ci sono: inutile recriminarci sopra, in fondo un governo di destra mette i suoi. Spero lavori bene: non posso pensare ad un’ennesima crisi oltre ai malanni che stiamo vivendo, per il bene di tutti. Certo, dovessero fallire si aprirebbe una autostrada per i 5Stelle, che raccoglierebbero i delusi e coloro che non hanno votato. La sinistra? Non la troverebbe nemmeno Federica Sciarelli.

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    Luciano Simonetti
    Luciano Simonetti
    Sono Luciano Simonetti, impiegato presso una azienda facente parte di un gruppo americano. Abito a Caselle Torinese e nacqui a Torino nel 1959. Adoro scrivere, pur non sapendolo fare, e ammiro con una punta di invidia coloro che hanno fatto della scrittura un mestiere. Lavoro a parte, nel tempo libero da impegni vari, amo inforcare la bici, camminare, almeno fin quando le articolazioni non mi fanno ricordare l’età. Ascolto molta musica, di tutti i generi, anche se la mia preferita è quella nata nel periodo ‘60, ’70, brodo primordiale di meraviglie immortali. Quando all’inizio del 2016 mi fu proposta la collaborazione con COSE NOSTRE, mi sono tremati i polsi: così ho iniziato a mettere per iscritto i miei piccoli pensieri. Scrivere è un esercizio che mi rilassa, una sorta di terapia per comunicare o semplicemente ricordare.

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