Avevamo preparato alcune notizie da dare sulla nostra Caselle ma poi a qualcuno di noi è caduto l’occhio sulle lettere di Etty Hillesum scritte in gran parte dal lager di Westerbork dove Etty andò di sua spontanea volontà per portare soccorso e amore agli internati e per “ aiutare Dio a non morire in loro”. Ed è per questo che pensiamo possa essere meglio nel giorno della memoria riportare una pagina delle lettere Di Etty.
“Io credo che per ogni evento l’uomo possieda un organo che gli consente di superarlo. Se noi dai campi di prigionia, ovunque siano nel mondo, salveremo i nostri corpi e basta, sarà troppo poco. Non si tratta infatti di conservare questa vita ad ogni costo, ma di come la si conserva.
A volte penso che ogni nuova situazione, buona o cattiva, possa arricchire l’uomo di nuove prospettive. E se noi abbandoniamo al loro destino i duri fatti che dobbiamo irrevocabilmente affrontare -se non li ospitiamo nella nostra mente e nel nostro cuore, per farli decantare e divenire fattori di crescita e di comprensione-, allora non siamo una generazione vitale.
Certo, non è così semplice e forse meno che mai per noi ebrei; ma se non sapremo offrire al mondo impoverito del dopo guerra nient’altro che i nostri corpi salvati a ogni costo-e non un nuovo senso delle cose, attinto dei pozzi più profondi della nostra miseria e disperazione-, allora sarà troppo poco.
Dai campi stessi dovranno irraggiarsi nuovi pensieri, nuove conoscenze dovranno portar chiarezza oltre i recinti di filo spinato, e congiungersi con quelle che là fuori ci si deve ora conquistare con altrettanta pena e in circostanze che diventano quasi altrettanto difficili. E forse allora, sulla base di una comune e onesta ricerca di risposte chiarificatrici su questi avvenimenti inspiegabili, la vita sbandata potrà di nuovo fare un cauto passo avanti. Per questo mi sembrava così pericoloso sentir ripetere: “non vogliamo pensare, non vogliamo sentire, la cosa migliore è diventare insensibili a tutta questa miseria”. Come se il dolore -in qualunque forma si presenti a noi- non facesse ugualmente parte dell’esistenza umana.”
Domanda: noi che viviamo situazioni “buone”come pensiamo di arricchire l’uomo di nuove prospettive? Forse non siamo una generazione vitale. Dovremmo cercare di esserlo.
Ricominciamo per Caselle