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mercoledì, Maggio 15, 2024

    C’era una volta … la “nostra” ferrovia

    Intervista doppia con Gianpiero Novaretti e Attilio Dughera

    Cartolina tratta dal libro “Saluti e ricordi da San Maurizio Canavese” edito nel 2014 dall’Associazione Amici di San Maurizio

    Con decorrenza dal 1° luglio 2023, tutti i lavoratori ancora operanti nel comparto ferroviario di GTT sono stati assorbiti in Trenitalia. Per i dipendenti del settore infrastruttura (manutenzione di binari e impianti) il passaggio a RFI avverrà invece al momento della ripresa dell’esercizio sulla linea Torino-Ceres, ora prevista a gennaio 2024.

    Per la storica ferrovia, in esercizio dal 1868, si chiude un capitolo, e se ne apre uno nuovo, tutto da scrivere.

    A San Maurizio, dove il treno arrivò per la prima volta il 14 gennaio del 1869, diverse generazioni di sanmauriziesi si sono succedute nel lavoro in  ferrovia, come dipendenti della società di gestione, che in questi 155 anni cambiò nome parecchie volte.

    Del periodo SATTI, e poi GTT, e dell’attuale momento di transizione, parliamo con due personaggi di San Maurizio, ora in pensione,  che vi hanno lavorato in posizioni di responsabilità: Attilio Dughera e Gianpiero Novaretti. Entrambi molto noti in paese per il loro impegno nel mondo associativo e nel sociale.

    Quando, e come, siete entrati in ferrovia?

    Dughera: “Sono figlio d’arte. Lavorare in ferrovia, o, diciamo meglio, nei trasporti, è una tradizione di famiglia, che parte da mio padre, che fu anche segretario regionale del sindacato autoferrotranvieri, e continua con mio figlio, che ora lavora in GTT nel settore parcheggi. La mia gavetta l’ho fatta in Gondrand, nel trasporto merci, per oltre tre anni, dal 1969 al 1972. Poi, l’opportunità di entrare in FTC, che allora era sotto gestione commissariale. Ci entrai come “alunno di stazione”, che era il termine allora usato per chi doveva imparare il mestiere di capostazione; qualifica che ottenevi se alla fine del tirocinio passavi l’esame”.

    Novaretti: “La passione per i treni l’ho avuta fin da bambino, quando abitavo a Torino, vicino al Maria Vittoria e, mi ricordo, mi facevo portare a Porta Susa a vedere passare i treni. Poi i miei si sono spostati a Santa Rita, e io andavo a vedere le locomotive a vapore del Centro Smistamento San Paolo. Il pallino per i treni c’era, e ho anche scelto le scuole, prima da perito elettrotecnico, poi da ingegnere nello stesso ramo, le più adatte per poter entrare in ferrovia. Nel 1985 ci fu il concorso del Consorzio Trasporti Torinesi, partecipai e rientrai fra quelli assunti per SATTI.

    Qualche momento saliente della vostra vita lavorativa?

    Dughera: “Diventato capostazione, avevo la residenza a Mathi, ma quando serviva, mi spostavo in trasferta e così ho girato praticamente per tutte le stazioni della Torino-Ceres. L’orario di lavoro era dalle 5 del mattino alle 21,15 di sera, ma, attenzione, venivi pagato solo per i 10 minuti prima della partenza del treno e i 5 minuti dopo. Nel 1980, prendo l’abilitazione a “dirigente unico” (che è la figura che ha la responsabilità di gestire l’intera linea) e mi sposto a Porta Milano. Un lavoro molto impegnativo, dati anche i frequenti guasti sull’alimentazione elettrica che ci costringeva al ricorso alle motrici diesel, tenute per questo in posizioni strategiche per poter fare da rincalzo. Poi, nel 1990 SATTI decide di acquisire la certificazione di qualità ISO 9001. Serviva creare un ufficio che gestisse tutte le segnalazioni e i reclami. Pensarono a me e così nacque l’Ufficio Qualità, di cui diventai responsabile, con una decina di collaboratori. A questo servizio il dirigente, ing. Notaro, teneva molto,  e per me è stato il posto più appagante che ho avuto l’occasione di ricoprire, fino a quando, nel 2009, sono andato in pensione”.

    Novaretti: “Quando sono stato assunto in SATTI, la posizione da ricoprire era quella di capo manutenzione impianti a Ciriè, in affiancamento al responsabile di allora. Allora gli impianti erano ancora tutti a filo, con i passaggi a livello che funzionavano col contrappeso. Io dovevo rapidamente imparare tutto, assorbendo come una spugna, perché sono cose che al Politecnico non ti insegnano. In questo ebbi la fortuna di avere, come maestro, l’ing. Galatola, di Procida, splendida persona, che era Direttore d’Esercizio delle due ferrovie, Torino-Ceres e Canavesana. La prima Direzione Lavori che mi affidarono fu quella per il rifacimento della linea di contatto fra San Maurizio e Ciriè. Poi tanti altri lavori, ma sempre condizionati dalla scarsità dei finanziamenti, che per noi, cenerentole fuori del mondo FS, arrivavano sempre col contagocce. Un cambio epocale per la Torino-Ceres ci fu per i lavori finanziati dai fondi di Italia 90, che ci permisero di realizzare la galleria urbana da Dora a Rigola, già concepita con i criteri della Metropolitana, e che fece poi da modello per la galleria del Passante di Torino. Ricordo che nel febbraio del 1991, quando ci fu la ripresa del servizio dopo più di tre anni di stop, per noi che avevamo seguito i lavori l’adrenalina era alle stelle, ma anche l’entusiasmo, perché ci rendevamo conto che vivevamo un cambio epocale. Un po’ come quello che ora ci sarà a gennaio 2024. Voglio citare altri due momenti importanti: il 2006, quando per le Olimpiadi Invernali per tre settimane c’è stato il collegamento diretto con Porta Susa e Lingotto, e il 2008, con il ritorno della ferrovia a Ceres, dopo la ricostruzione della tratta alpina, e l’avvio dell’orario cadenzato, sull’ora fra Torino e Ceres, sulla mezz’ora fra Torino e Germagnano. Un grande passo avanti.

    Questo è stato il vostro “ieri”. Volete dire qualcosa a proposito dell’oggi?

    Dughera: “Siccome nel mio DNA è rimasto qualcosa per quanto riguarda l’interesse al trasporto pubblico, in questi primi anni di pensione mi sono adoperato per la nascita del servizio pubblico a chiamata Provibus, che sta andando bene ma è ancora suscettibile di miglioramenti. Poi sto lavorando come Fonte Viva per il Movicentro che vogliamo realizzare a San Maurizio. Ma il mio sogno nel cassetto è il progetto dell’ing. Scamardella, già direttore di SATTI e GTT, su una rete ferroviaria di alta montagna fra Piemonte, Valle d’Aosta e Francia. Ma questa è un’altra storia che ci porterebbe lontano. Magari da riprendere in un altro articolo”.

    Novaretti: “Una cosa che mi preme dire è che, prima in SATTI e poi in GTT, questa ferrovia l’abbiamo sempre considerata “nostra”, e con lei c’è sempre stato un legame quasi affettivo. Inoltre, il personale che ci lavora è sempre stato della zona, e ci teneva a non fare brutte figure se qualcosa della ferrovia non funzionava. Anche il rapporto con i sindaci del territorio è sempre stato molto stretto. Ora, con l’imminente passaggio a RFI e Trenitalia, inevitabilmente cambieranno i rapporti, nel bene e nel male. È come se si passasse da un’azienda familiare a una multinazionale. Per quanto riguarda le cose previste in questi pochi mesi che mancano al riavvio del servizio, c’è una complessità di attività che RFI intende fare prima di prendersi in carico la linea; speriamo solo che non abbiano messo troppa carne al fuoco”.

    1 commento

    1. Esempio di due persone che si sono realizzate in ambito lavorativo e non. Che bello!
      Egr. Sig. Dughera: il suo sogno nel cassetto va bene per parlarne, per l’appunto, in un prossimo articolo, ma lasciamolo pure nel cassetto dove resterà per i prossimi 1000 anni.
      Resta il fatto che il Sig. Dughera ha avuto la possibilità di fare carriera (grazie alla preparazione, alla competenza, al sacrificio, all’impegno, alla tenacia, etc., etc.) della quale può andarne fiero ed orgoglioso. Uno su mille ce la fa!
      Ill.mo Ing. Novaretti: preferisco che sia Trenitalia sia RFI abbiano messo troppa carne al fuoco piuttosto che la carne non arrivi (per i più svariati motivi) affatto sul fuoco!
      Mi scuso ma mi devo ripetere: resta il fatto che l’Ing. Novaretti ha avuto la possibilità di fare carriera (grazie alla preparazione, alla competenza, al sacrificio, all’impegno, alla tenacia, etc., etc.) della quale può andarne fiero ed orgoglioso. Uno su mille ce la fa!

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    Paolo Ribaldone
    Paolo Ribaldone
    Dopo una vita dedicata ad Ampere e Kilovolt, ora dà una mano a Cose Nostre

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