La 175° esposizione delle arti figurative

ALLA PROMOTRICE DELLE BELLE ARTI DI TORINO

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Fondata nel 1842 allo scopo di rendere noti gli artisti contemporanei, la Società Promotrice delle Belle Arti di Torino cambiò più volte la propria sede, finché nel 1919 fu inaugurato l’edificio in stile Liberty che oggi la ospita, progettato dall’ingegnere Bonicelli e dallo scultore  Calandra, nonché decorato da Rubino e  Casanova.

Il sodalizio artistico ha visto succedersi generazioni di importanti autori, da Massimo D’Azeglio, a Giacomo Grosso, a Italo Cremona.

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Si è giunti così alla “175a mostra di Arti Figurative” della Società, presentata dal Presidente Giovanni Prelle Forneris e dal Vicepresidente Angelo Mistrangelo (sono presenti due loro testi in catalogo) ed allestita da Orietta Lorenzini.

Le 513 opere dei 367 espositori forniscono un amplissimo panorama di tecniche e linguaggi. Si possono ammirare i dipinti di autori famosi, tra i quali Soffiantino, Longaretti, Aime, Scroppo, alcune sculture di Mastroianni, oppure le creazioni di altri soci della Promotrice che hanno lasciato, quale eredità, esempi del proprio talento.

Sebbene molti degli attuali soci presenti nella mostra siano degni di nota, il numero elevato impone di citarne solamente alcuni.

Numerosi autori si esprimono attraverso uno stile prettamente figurativo. Taluni prediligono la tecnica dell’acquerello: Cornero e Sismondo dipingono specchi d’acqua, Meinardi sceglie le imbarcazioni ormeggiate mentre Farina rappresenta un “silvano” controluce e Garau composizioni di oggetti ed animali. Zoppi delinea diafani elementi vegetali, Mapelli colma la tela di vivaci corolle, invece Delloste osserva la vita urbana.

Differenti tecniche pittoriche originano multiformi dipinti, tra cui quelli d’impronta paesaggistica: Scaranello evoca visioni mediorientali, Stevano è sedotto dal divisionismo, Gavetti fonde eterogenee suggestioni mentre A. De Leonardis geometrizza duttili contrasti e Cestari caratterizza le trasparenze con intensità cromatica. L’atmosfera ammanta la vista nel quadro di De Mattei Bava, ma Ruffino descrive una solatia Avigliana, a differenza di Viotto che compenetra realtà dimensionali parallele; Viglieno Cossalino ritrae quindi un evanescente bosco, ove Davico ed Vietti sintetizzano i soggetti, l’uno per mezzo della linea, l’altro tramite l’utilizzo del colore reso materico. La “Fiaccolata” di Delpero lascia altresì spazio all’intuizione; infine Appendino è ispirato da favolistica gioiosità.

Velliscig si distingue per un luminoso interno con piante e Laterza per una natura morta con oggetti; significative altresì le opere di Rinaldi e Pistone.

La figura umana viene interpretata ad imitazione dei Maestri antichi da Mariell Chirone Guglielminetti, oppure in maniera emozionale da Pastore e da Veremejenko, mentre  Ferrari attribuisce maggiore importanza alla forma corporea ed Cambursano inserisce un nudo femminile in una marina. Caramazza presenta invece un volto realizzato con bustine di zucchero; Malfatti coinvolge un’orchestra in un turbinio di effetti pittorici e Manis infine inserisce uomini stilizzati nell’omaggio a Primo Levi.

Le tecniche incisorie sono proposte da Barletta Piovano e da Francone; la litografia è preferita da Giachin Ricca.

Strutture architettoniche vengono riformulate da Jugo, Di Gifico, De Ieso e Pirrone, al limite della pittura astratta oppure di quella informale, cimenti che diversamente vengono affrontati nell’enigmatico surrealismo di  Radicati di Primeglio, espressi dalla pennellata risoluta di Nervo e nel ricercato lavoro di Raffaelli. La composizione di Pich appare vivacemente pop; il dipinto di Balliano risulta coloristicamente misurato.

I lavori di Ceriana Mayneri si trovano al confine tra la pittura e la scultura.

Immagine incorporata 1
Sergio Unia – Najade, scultura in bronzo

Unia foggia delicati bronzi a tutto tondo; parimenti nel gesso di Aresu è plasmata un’armonica, pensosa figura muliebre, mentre Sacerdote modella nella terracotta un’espressiva “Bagnante”; Giovannone esibisce altresì emblematiche sculture polimateriche.

Derusticis espone un oggetto d’arte decorativa informale.

Anche la fotografia risulta inclusa nella mostra: Tomatis coglie l’unicità dei riflessi sull’acqua, infine Cestone privilegia il reportage.

 

 
 

 

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