Il Centro Diurno di Borgaro Torinese ha compiuto da poco 25 anni di vita (come riportato nell’articolo di Cose Nostre del novembre scorso).
Sì, ma perché è nato il Centro Diurno?
Ne abbiamo parlato con la responsabile del servizio, Luisa Giacometti, e la sua equipe.
“Per capire la necessità dell’esistenza dei centri diurni”, ci spiega la responsabile, “bisogna risalire agli anni ’70 ed al cambiamento, in un certo senso “epocale”, che avvenne in Italia a livello legislativo ed in Provincia di Torino, a livello politico.
In quegli anni si cominciò a parlare, e ad agire, per il superamento della realtà dei manicomi, partendo dalla consapevolezza che tutti sono titolari di diritti (alla scuola, alla salute, ad una vita dignitosa): le persone con handicap, i malati psichiatrici non dovevano più essere isolati dal mondo, ma, anzi, aiutati ad inserirsi e ad interagire.
Le province, in quel periodo, erano l’ente deputato ad occuparsi del settore e, con la Legge Regionale n. 20 del 1982, cosiddetta “Legge Cernetti”, si arrivò poi ad un abbozzo di rete dei servizi sociali sul territorio.
Qualche anno dopo, nel 1987, una sentenza della Corte Costituzionale sancì la obbligatorietà dell’inserimento alle scuole superiori delle persone con disabilità, nelle classi con gli altri studenti”.
“Pian piano si è arrivati alla centralità del bisogno della persona disabile ed al perfezionamento di regolamenti uniformi per tutti, azzerando la discrezionalità.
La Provincia di Torino cominciò a delegare alle varie realtà locali l’organizzazione dei servizi. In questo contesto nacque, nel 1984, il primo Centro Diurno in zona, a Ciriè per la precisione, con 14 utenti, reperiti con molta fatica per via della poca conoscenza della nuova realtà nascente da parte delle famiglie.
Successivamente, nel 1992, con l’ampliamento dell’utenza, si decise di aprire il Centro di Borgaro, qui a Cascina Nuova, grazie alla concessione gratuita trentennale (scadrà nel 2022 quindi) da parte del Comune di Borgaro, proprietario di tutta la struttura. Riassumendo, si può affermare che c’era un bisogno molto grande di servizi alla persona richiesti sia dalle associazioni, dalle famiglie e dalla persona disabile stessa.
Una necessità di aiuto e di uscire dall’isolamento (rappresentato spesso dalle quattro mura di casa), ma al tempo stesso c’era quasi incredulità che ci fossero persone che volessero occuparsi di loro e delle loro problematiche, persone che volessero alleviare il disagio e rompere la solitudine”.
Che cos’è esattamente un Centro Diurno?
Riprendendo la definizione presente sulla Carta dei Servizi del CIS, il Consorzio Intercomunale dei Servizi Socio-assistenziali (l’ente gestore del servizio), “i centri diurni per persone disabili sono servizi educativi (…) finalizzati ad individuare e sostenere contesti e luoghi per il recupero o il potenziamento delle capacità, per migliorare i livelli di abilità e di autonomia e per l’inserimento sociale”.
Il servizio è rivolto “a persone disabili ultradiciottenni, con disabilità intellettiva (…) in possesso di certificazione dell’handicap ai sensi della legge 104/92.
Torniamo alle parole della responsabile: “Attualmente seguiamo 28 utenti (12 borgaresi, 10 casellesi, 5 mappanesi e uno di San Maurizio) ed ognuno di loro ha un progetto individualizzato in base alle necessità: non troverà due utenti che fanno esattamente le stesse attività.
Ci teniamo a precisare che, nonostante i tagli progressivi alle risorse di questi anni, il servizio è completamente gratuito.
Purtroppo, da circa tre anni, abbiamo dovuto chiedere una mano alle famiglie per aiutarci, logisticamente, nei trasporti. Ad oggi la nostra equipe è composta da personale sia del CIS, quindi pubblico, sia della Cooperativa Valdocco.
Abbiamo una miriade di laboratori, sia interni, sia esterni: ballo, restauro di legno e ferro, teatro, yoga, arte, modellare la creta, ippoterapia, nuoto, palestra, musicoterapia, massaggio.
I laboratori sono in collaborazione con volontari, con associazioni e con le UniTre”.
“Ai laboratori”, prosegue Giacometti, “si affiancano in alcuni casi i percorsi socializzanti svolti in ambito lavorativo (cosiddetti Pass) nelle scuole o in attività private, utilissimi per la formazione dell’utente. Ogni utente, ripetiamo, ha un progetto personalizzato che porta ad un orario personalizzato, tutto questo naturalmente concordato con la famiglia”.
Ci sono novità all’orizzonte?
“Con l’anno nuovo ci sarà un cambiamento del modello di gestione del servizio, ma ciò non andrà ad influire sulla qualità del servizio stesso esistente oggi”.
Attendiamo il 2018 per capire meglio come si esplicherà questo cambiamento, ricordando che il CIS rappresenta uno dei più grandi consorzi socio-assistenziali del Piemonte, con i suoi circa 125 mila abitanti, dopo l’ingresso anche dei Comuni dell’ex Comunità Montana delle Valli di Lanzo.