Il piacere di scrivere nasce, è un punto di vista personale, dall’esigenza di fermare dei momenti che altrimenti andrebbero, in parte, dimenticati. Per condividerli, confrontarli.
Una delle cose che preferisco fare è salire sulla scaletta di un aereo, mi porta verso qualcosa di non ancora visto e, per chi è curioso, è una forte attrattiva.
Il viaggio di per sé è fonte di avventura e quindi emozioni, di vario genere, scoperte paesaggistiche, culturali, architettoniche. Le emozioni più grandi derivano dai personaggi che si incontrano; con alcuni si innesca un legame che prosegue dopo il ritorno a casa, con qualcuno c’è la possibilità di scambiare qualche parola, con altri solo uno sguardo, un sorriso, un cenno di saluto, ma basta perché in quel momento scatti l’empatia.
Durante l’ultimo viaggio che ho fatto, in Terrasanta, ho incontrato tutte le facce del mondo: più che un viaggio un’esperienza, una ricerca ed un approfondimento della fede ma anche della conoscenza del più grande mistero, percorrendo i luoghi dove tutto è successo. A quel punto scatta, oltre al senso del pellegrinaggio che accomuna chi lo fa, la voglia di conoscenza, reciproca, sulle origini, sulle motivazioni e sulle sensazioni.
La lingua non è mai un blocco, esiste un linguaggio universale anche fra persone “monolingua”: la voglia di comunicare, partendo da un presupposto molto semplice, siamo tutti figli dello stesso cielo e dovremmo poter vivere in pace e dignità sotto lo stesso.
Tornando a quel viaggio mi ha dato tantissime emozioni legate ai luoghi, al richiamo con i Vangeli studiati in vari ambiti. L’essere sul luogo “dove sono avvenuti i fatti” o almeno “il presunto tale”, e come tale considerato, è stato in molti casi una fortissima emozione, amplificata dal contesto, a volte anche dal fanatismo, di una multinazionalità a tutto tondo.
Si possono fare incontri più o meno discutibili; davanti al Santo Sepolcro si è avvicinata una figura, femminile, di nero vestita, solo il visto scoperto, ha affrontato in modo irruento una persona del nostro gruppo che si era appena tolta lo scialle indossato durante la visita. Sotto indossava un abito leggero che la figura in nero non ha gradito, così dopo averla strattonata ha iniziato un sproloquio nel quale le parole ricorrenti erano “volgare, vergogna, impura, fuori luogo”, il tutto è durato un po’, poi si è allontanata scuotendo la testa continuando il monologo. Nel mio caso, davanti al “Muro del pianto”, dopo avere inserito il messaggio fra le fessure, una figura, sempre nera, stavolta anche il volto coperto a parte gli occhi, mi ha detto, dopo avermi chiesto notizie sulla mia provenienza, che stavo offendendo la religione, le ho risposto, con tutta la cortesia possibile, ma ad oggi mi sto ancora chiedendo in che modo avrei arrecato tale offesa.
Un viaggio è fatto anche di sapori; sono la cosa più palpabile che potrebbe fare la differenza e nello stesso tempo unire persone diverse in molti aspetti e quindi anche a tavola. I sapori per noi sconosciuti diventano un souvenir, qualcosa da provare a casa al ritorno.
A Nazareth un ristorante palestinese ci ha servito, con maestria a onor del vero, spaghetti al ragù, come gesto di ospitalità; in quanto italiani ci veniva proposto in ogni momento della giornata il “cafè espresso”. L’orgoglio italico, che mi ritrovo soprattutto quando sono oltre frontiera, passa anche attraverso la cucina, ma non solo, forse dovremmo un po’ rivalutarlo.
Ciò nonostante è piacevole passare attraverso i sapori locali: ci parlano della storia, del territorio, della cultura dei luoghi, cibi che a casa nostra non vorremmo assaggiare nel contesto giusto sono molto gradevoli.
Ora alla fine del viaggio, re-immersi nella quotidianità, prosegue il cammino, le emozioni tornano a casa con noi, quelle belle ci aiutano nei passi in salita, le altre fanno parte della vita. Sono insegnamenti, e dalla loro riflessione possiamo affrontare meglio i nostri compiti quotidiani.
Buon cammino a tutti!
Nella foto uno splendido gruppo di Eritrei sul Monte Tabor, incontrati in altre occasioni nei giorni successivi, sempre sorridenti e cordiali.