Ma dunque Natale è qui! L’avevo subodorato, anche perché non mancano di ricordarcelo le pubblicità alla televisione, le vie del paese addobbate a festa, le e-mail che propongono regali e viaggi mirabolanti.
L’augurio che vi faccio con tutto il cuore è di festeggiarlo nel migliore dei modi, tra affetti e calore, nonostante i nuvoloni neri che incombono sulla nostra testa e sui nostri portafogli.
State tranquilli, quest’anno non vi stancherò con storie di calendari vecchi e nuovi o con melense storie natalizie.
No, vi invito a riflettere, proponendovi delle testimonianze tratte da diari di guerra di un Natale di 100 anni fa, vissuto dai nostri nonni e bisnonni. Il mondo era in guerra, la vita appesa ad un filo ed il clima era inclemente. Pensate che solo una ventina d’anni dopo lo stesso mondo era di nuovo in guerra.
Di fronte a questi scritti i problemi e le difficoltà di oggi si affievoliscono. Meditiamo, però, e facciamo in modo che gli sbagli del passato non si ripetano.
BUON NATALE E FELICE ANNO NUOVO a tutti gli amici che leggeranno questa pagina ed anche a chi non lo farà.
NATALE IN TRINCEA
Val Lagarina (TN) – Natale 1915
“Il bel giorno di Natale che tutti si desidera passarlo a casa, invece tutto il giorno in batteria a spettare che si schiarisca per sparare, però invece di schiarirsi si è messo a piovere. Alla sera si fece una cena tutti in compagnia, eravamo dodici, siamo stati allegri però si pensava, nelle occasioni che si troviamo a uccidersi l’un con l’altro. Pasienza verrà un’epoca che conosceremo tutti che non è questa civiltà.” (dal diario del caporale pavese Angelo Gardini)
25 dicembre 1916
Il mattino del 24, ricevuto incarico dal Sig. Capitano, feci la nota di quello che ai militari occorreva per la festa del giorno seguente. (…) Piovigginava leggermente; la strada fu lunghissima, forse perché era la prima volta che la facevo. Finalmente si giunse a Doberdò. La strada ancora un po’ fangosa, il disagio dell’arma e delle giberne stringenti sopra il cappotto ci avevano assai stancati. Alle cucine di Vernegliano si giunse verso le ore 15; cercai subito di fare la spesa, ma nulla più oramai si trovava. (…) Il Caporale di cucina mi offrì un po’ di pane e formaggio; bevvi pure un mezzo litro di vino e potei ristorarmi un po’, lì vicino al fuoco. Molto mi preoccupava il dormire, ma, dimandato il permesso, ci potemmo ricoverare sotto a una tettoia di ferro e tra le numerose presse potemmo scavarci un piccolo buco e così la notte del S. Natale si passò assai meglio che sotto ai ricoveri della trincea. Al mattino ci alzammo di buon’ora e bevemmo in cucina il caffè (ci sarebbe stato pure lo spezzatino da poter mangiare, ma non c’era neanche un po’ di pane). Fatta la spesa (…) verso le ore 8,30 si partì (…). Prima del mezzogiorno si era già in trincea con tutta la roba. In poco tempo i fiaschi furono sgocciolati e qualche sbornietta non mancò (…) e in qualche ricovero si cominciò anche a canterellare. La giornata fu calmissima, come lo era stata anche la vigilia. Dopo il mezzogiorno furono sospesi i lavori e si fece festa; venne a portarci gli auguri il generale comandante la divisione e dimandarci se avevamo ricevuto i doni di Natale. I doni consistevano in pochissimo panettone, un po’ di cioccolata e un dito di vino bianco, più le sigarette americane Tiger. (dal diario del Caporal Maggiore Emilio Cioli)
Gorizia 27 dicembre 1916
Carissimi genitori,
(…) principio col dirvi, che ad osservare il momento in cui attraversiamo, ed il compito che aggrava su noi soldati, non c’è da pretendere troppo; però anche quest’anno lo passai discretamente bene. Una buona fortuna è già stata quella di non essere stato di guardia in trincea, né al giorno di Natale, né quello di Santo Stefano; secondo luogo, voglio dirvi che in quei giorni non si è accorti per niente che ci fosse stato guerra, non si è sentito né un rombo di cannone, né un colpo di fucile (cosa che non è mai capitata) si credeva che gli austriaci non sapessero osservare quella civiltà che al giorno d’oggi tutti invocano, invece anche loro avranno sentito in cuor suo il bisogno di passare quei Santi giorni un po’ in pace, in modo che non ci disturbarono per niente. Solo con questo, fu per noi una bella inspirazione. (…) Di sicuro un altro Natale in guerra non lo faremo più! Speriamo che l’alba che sorge al 1 Gennaio dovesse essere di conforto a tutti quanti consentono i disagi dell’orribile guerra, e con essa portare il buon augurio di una prossima «PACE». (Achille Salvatore Fontana)
Monte Grappa – Natale 1917
(…) La giornata passò senza alcun che di notevole. Solo un tiro di artigliere da ambo i lati, cosa che succedeva di frequente, ci obbligava di starsene dentro le nostre affumicate stanzucce. (…) Arrivò così la notte. Ci addormentammo, dopo aver bevuto l’ultimo sorso di cognac che ci era arrivato assieme al rancio.. molto rancio …. di pasta cotta da molte ore. Verso la mezzanotte, il campanello d’allarmi che avevamo in stanza e che comunicava con la vedetta ci fece svegliare di soprassalto. Non c’era da esitare. Quando quel semplice avviso chiamava, bisognava andare. Imbracciammo i fucili innestammo le baionette e ci disponemmo sul parapetto della trincea in ordine di combattimento. (da “Tempeste d’acciaio” Ernst Junger)
Natale 1917
Otto, soldato ebreo tedesco
(…) Il 24 dicembre, vigilia di Natale, lo trascorriamo in una profonda cantina di Rocquigny, riscaldati da una stufa fumante. È buffo quanta nostalgia metta questa ricorrenza ai miei compagni, che spasimano come fanciulli nell’attesa di lettere da casa. Sospiri inutili: la posta non può arrivare in giorni in cui faticano a raggiungerci persino il cibo e le munizioni. Il 25 siamo di nuovo immersi nel fetore della trincea, nel centro focale delle mappe dei generali d’ambo le parti, giusto tra i tiri delle batterie inglesi e le risposte della nostra artiglieria. (da “Taccuino di un nemico”)
NATALE 2018
8 dicembre-6 gennaio
“Oro, incenso e mirra” presepi nel Monferrato
Tutto un mondo di significati simbolici e rituali si nasconde nei personaggi e nei luoghi che animano il presepe. Ecco allora presepi di ogni materiale, forma, provenienza e dimensione andare a popolare paesi del Monferrato con un percorso alla scoperta delle bellezze invernali dell’Astigiano.
Albugnano (AT)
All’Abbazia di Santa Maria di Vezzolano torna il grande presepe artistico, particolarmente apprezzato per l’originalità e l’accuratezza dei dettagli.
Aramengo (AT)
In piazza del Peso, un presepe creato e vissuto dai bambini del paese. Nei sotterranei del Palazzo Municipale una differente versione del presepe allestito all’Abbazia di Vezzolano, con materiali nuovi, una straordinaria realizzazione miniaturizzata, ricca di elementi in editi e curiose rappresentazioni.
Camerano Casasco (AT)
Sotto i voltoni in tufo delle cantine del castello, vicino all’antico forno comunale del 1700, si può visitare il presepe meccanico degli antichi mestieri frutto di 25 anni di lavoro.
Castagnole Monferrato (AT)
Nelle cantine della settecentesca Tenuta La Mercantile saranno allestiti diversi presepi.
In particolare, da non perdere il Presepe del Vino ispirato alla vendemmia e alla commedia dialettale “Gelindo ritorna”.
Cocconato (AT)
Più di cento presepi saranno esposti negli angoli caratteristici e nelle vetrine dei negozi del centro storico dell’antico borgo, con una suggestiva illuminazione notturna.
A grandezza naturale poi il bel presepe animato e illuminato nelle ore notturne: ogni anno nuovi personaggi disposti lungo la scalinata e tutt’intorno alla chiesa di Santa Maria della Consolazione.
PADOVA – via San Francesco 94
MUSME (Museo di Storia della Medicina in Padova)
VIETATO NON TOCCARE!
Museo di nuova generazione racconta, con linguaggio rigoroso ma accattivante, lo straordinario percorso della Medicina da disciplina antica a scienza moderna, coniugando storia e tecnologia. Incrocio tra una tradizionale collezione di reperti e un moderno Science Centre propone un percorso espositivo che spazia dalla narrazione giocosa per i più piccoli all’approfondimento per gli studiosi. Il Museo è allestito nel palazzo quattrocentesco che fu sede del primo ospedale padovano costruito nel 1414: l’ospedale di San Francesco Grande.
Nella seconda metà del ’500 fu in questi locali che, per la prima volta al mondo, gli studenti di Medicina iniziarono a imparare la pratica clinica direttamente al letto dei malati, gettando le basi del moderno approccio didattico in Medicina.
Lungo il percorso espositivo, che si snoda su tre piani, il visitatore si imbatte in sette grandi porte virtuali dotate di un concretissimo batacchio metallico. “TOC TOC” e il portone si apre, facendo comparire un protagonista della Scienza padovana del passato che presenta se stesso e gli argomenti cruciali della sala che gli è “affidata”, in un suggestivo dialogo con un personaggio odierno.
Di sala in sala, di portone in portone, la narrazione si dipana in modo rigoroso e divertente. Il motto inusuale del Museo è: “Vietato non toccare! Osserva microbi e batteri attraverso un microscopio davvero innovativo! Ascolta i suoni del cuore e dei polmoni come se fossi un vero medico! Tocca veri organi plastinati e sfoglia antichi volumi (con un piccolo trucco)! Annusa le piante medicinali nella sala di Terapia!”.
Fino al 6 gennaio 2019 nella sala delle esposizioni tematiche è in corso “Combattere, Curare, Istruire”: durante la Prima Guerra Mondiale Padova svolse un ruolo fondamentale quale centro medico, in particolare nell’assistenza sanitaria prestata ai soldati e nella didattica medica per i medici militari. L’esposizione propone una ricostruzione del percorso dei feriti al fronte, dai primi punti di assistenza fino agli ospedali territoriali.
Una sezione del Museo è dedicata a “Sport, tecnologia, disabilità”: per la prima volta tre meravigliosi campioni, Martina Caironi, Bebe Vio e Alex Zanardi, hanno deciso di “esporsi” in un museo italiano, mettendo a disposizione i supporti con cui hanno vinto gare di livello mondiale.
Accanto ai tre oggetti-simboli sono visibili le video testimonianze dei tre protagonisti che raccontano la loro passione ed esperienza.
Orari: da martedì a venerdì 14.30-19; sabato e festivi 9.30-19. Tel. 049.658767.
Palazzo Zabardella (PD) – fino al 27 gennaio 2019
“Gauguin e gli Impressionisti”
In esclusiva per l’Italia i tesori francesi del Museo danese di Ordrupgaard: capolavori, di Cézanne, Degas, Gauguin, Manet, Monet, Berthe Morisot, Renoir, Matisse.
Una Collezione che è considerata oggi una delle più belle raccolte europee di arte impressionista e che, all’indomani del primo conflitto mondiale veniva valutata come «senza rivali nel nord Europa».
Orari: da martedì a domenica 10-19. Tel. 049. 8752959.
Caffè Pedrocchi: come a Venezia, anche a Padova tra la fine Settecento e il primo Ottocento, sorsero molti caffè, luogo d’incontro e di lettura: nel 1760 erano documentati almeno quaranta caffettieri. Il Caffè Pedrocchi, uno dei più importanti caffè europei e uno dei pochi superstiti tra gli antichi caffè italiani, si eleva proprio nella centralissima piazza, tra Palazzo Moroni, la sede del Comune, ed il Bo, sede dell’Università, nell’angolo asimmetrico rimasto dalla demolizione di antichi edifici. La sua splendida architettura, che mescola lo stile neoclassico a quello gotico veneziano, con richiami esotici egizi e cineserie, molto in voga nell’ottocento, rispecchia il clima romantico dell’epoca.
Il pianterreno, destinato a caffetteria, è caratterizzato dal susseguirsi di stanze denominate in base al colore della tappezzeria (Sala bianca, Sala rossa, Sala gialla, Sala verde).
Il piano superiore, un tempo sede di un Circolo cittadino, comprende una serie di spazi funzionali decorati con stili storici del passato. Grazie alla sua posizione centrale e alla vicinanza con la sede dell’Università il caffè divenne presto punto di riferimento della vita culturale e commerciale della città e ritrovo di studenti, artisti, letterati e patrioti.
Fu anche teatro dei moti risorgimentali studenteschi del 1848 contro il dominante austriaco: una palla di fucile conficcata nel muro testimonia ancora i fatti.
Prato della Valle: uno dei simboli di Padova, è una grande piazza ellittica che, oltre ad essere la maggiore piazza padovana, è una delle più grandi d’Europa (88620 mq), seconda solo alla Piazza Rossa di Mosca.
E’ in realtà un grande spazio monumentale caratterizzato da un’isola verde centrale. Quattro viali attraversano il Prato su piccoli ponti, per poi incontrarsi al centro dell’isolotto.
In epoca romana fu sede di un vasto teatro, lo Zairo, nel Medioevo fu invece sede di fiere, giostre, feste pubbliche e gare.
Anche le più frequentate prediche di Sant’Antonio venivano tenute in Prato della Valle.