Alla GAM -Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino- sino al 24 marzo 2019 è visitabile la mostra di grandi opere di artisti che nella seconda metà dell’Ottocento hanno contribuito al rinnovamento dei linguaggi figurativi.
“I Macchiaioli. Arte italiana verso la modernità” è il percorso artistico sulla storia del movimento la cui pittura è improntata a un naturalismo anticonformistico che spazia dalla sperimentazione degli Anni Cinquanta dell’Ottocento, ai capolavori degli Anni Sessanta (autentici manifesti della poetica macchiaiola), per concludersi con il 1870.
L’esposizione è il confronto fra artisti che in poco più di un ventennio hanno “cambiato” la pittura italiana con la loro ricerca sul vero, il vero palpitante, il giusto. Insofferenti alle regole accademiche e borghesi, contestano il periodo romantico e il purismo (definizione di A. Bianchini, 1833. Da non confondere con il movimento artistico francese, 1918)attraverso un’inedita sensibilità per il paesaggio, per la natura e per uno stile di vita –quello dei contadini, dei pescatori, dei montanari- a contatto con la natura stessa, la cui schiettezza e onestà sono ormai perdute nelle “caotiche” città. Insofferenze e scopi condivisi da artisti toscani, piemontesi e liguri corrispondenti per età, motivazioni e formazione pittorica; tutti accomunati da ideali politici repubblicani e da una forte passione patriottica (in moltiprendono parte alla seconda Guerra di Indipendenza). I giovani artisti e gli intellettuali liberali si incontrano al Caffè Michelangiolo, aperto nel 1848 in via Larga a Firenze, per discutere sulla necessità di rinnovare il linguaggio espressivo, nello stile e nei temi, per allinearsi all’istanzarealistica dell’avanzante Positivismo. Siamo in un momento storico di gran fermento: il 17 marzo 1861 è proclamata l’Unità d’Italia; Torino diventa capitale del nuovo Regno guidato da Vittorio Emanuele II. A Torino il 1° maggio si apre l’annuale esposizione della Società Promotrice di Belle Arti, ricordata come la prima affermazione pubblica dei Macchiaioli, in cui i dipinti Il quartiere degli israeliti a Venezia di Telemaco Signorini e Le monachine di Vincenzo Cabianca creano grande scalpore. Le voci negative accusano la scarsa cura nella stesura pittorica ma,al contrario i pareri di Pastoris, Bertea, Avondo e Teja esprimono grande considerazione per queste opere. Anche Antonio Fontanesi “il primo fra i paesisti” è presente alla Promotrice con paesaggi che vanno ben oltreil gusto borghese e che palesano la sua insofferenza verso le regole accademiche. Fontanesi è accusato di essere l’ispiratore dei “pittori dell’avvenire”, etichetta data alle ricerche più fedeli al “ naturale” come quelle degli artisti che si riuniscono a Rivara, ospiti di Carlo Pittarra, tra cui Avondo, Bertea, D’Andrade e Rayper. Gruppo che Signorini nobilita definendolo “scuola di Rivara” e che rappresenta il contributo pittorico più alto e valido offerto dal Piemonte.
Il termine “macchiaioli” compare per la prima volta il 3 novembre 1862 in un articolo della “Gazzetta del Popolo” di Firenze in cui Signorini, Cabianca, Lega, Abbati eSernesi sono epitetati poco benevolmente “macchiaioli” cioè pittori che hanno ucciso il disegno per dare spazio esclusivo all’effetto. Pittori di macchia inclini all’effetto della luce, dove la forma non è più definita dal disegno, ma da masse cromatiche arditamente accostate che danno concretezza proprio attraverso il contrasto tra le stesse macchie, tra zone in luce e in ombra. Il disegno è sempre autorevolmente presente nei quadri dei macchiaioli, a sparire è il contorno che rilega, delimita con artificio convenzionale figure e forme; il contorno è “assorbito” dalle pennellate larghe o sottili, materiche o diafane, chiare o scure, tali che le scene o le figure siano costruite dalla macchia.
L’aspirazione dei Macchiaioli a lavorare in luoghi lontani dalla confusione urbana trova soddisfazione nella campagna Toscana dove dipingono vedute evocative della bellezza di quella natura ancora incontaminata. A Piagentina (vicino a Firenze)lavorano Signorini, Lega, Abbati, Sernesi, Borrani, Gelati, Tedesco che esprimono quella quiete suburbana con quadri come Una ricreazione alle Cascine di Firenze (M. Tedesco). Castiglioncello ha ispirato La punta del romito vista da Castiglioncello di Sernesi e la Veduta di Castiglioncello di Abbati, opere il cui taglio basso e allungatissimo del supporto pare suggerire il tempo di una lenta contemplazione. Qui Giovanni Fattori nel 1867 produce capolavori assoluti, fra i quali Bovi al carro. Fattori come Fontanesi sono figure di riferimento per i macchiaioli, sempre coerenti con il loro percorso di sperimentazione che ha provocato stimoli fecondi per avviare verso la modernità la pittura italiana.