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giovedì, Maggio 16, 2024

    Per un pugno di dollari

    Ciccio, diminutivo di Francesco, arrivò per primo al consueto muretto. Era il luogo d’appuntamento con gli altri amici. Come d’abitudine, quando stava per iniziare qualcosa, si accese l’amata sigaretta: una Marlboro, ovviamente. Subito nella sua mente ripeté la solita frase: “ Devo fumare di meno, devo fumare di meno…” Era più una frase buttata lì più per dovere che frutto di vero convincimento. Si sedette in attesa di Giovanni, per tutti Giuann’, il suo amico. Giuann’ non fumava. Questo era un guaio per le discussioni che si generavano tra chi fumava e chi no. I due ragazzi, ambedue sui vent’anni, si davano appuntamento ogni sabato sera presso quel muretto in attesa del terzo compare della compagnia che era ancora a lavorare. Quella porzione di muro era una vera benedizione. Senza, avrebbero dovuto attendere in piedi. Quel muro era, in realtà, l’ultimo frammento di una muraglia che anticamente faceva parte delle mura protettive della città. Ecco perché era stato salvato: era bello largo, l’ideale per sedersi. Avevano eletto il muretto a luogo di appuntamento perché si trovava proprio di fronte al laboratorio dove lavorava il terzo amico della comitiva: Gennaro, per tutti Genna’. Genna’ lavorava come pasticciere in un laboratorio di proprietà di un suo parente. Nonostante la giovane età veniva già chiamato “ Mastu Genna’ ” perché pasticciere già fatto e finito. Un ruolo di responsabilità visto che la pasticceria Coppola era la più rinomata della città. Il sabato sera lavorava fino a tardi. Non smetteva mai prima delle 21. Ciccio e Giuann’ arrivavano sempre un po’ prima, attendevano l’amico chiacchierando. Genna’ arrivava borbottando:” Il lavoro è troppo e noi siamo pochi. È faticoso andare avanti.” I suoi amici sapevano che quello era uno sfogo. Quel mestiere a Genna’ piaceva. Gli si era appiccicato addosso. Aveva iniziato giovanissimo. Era un vero discolo, i genitori disperati lo avevano messo a bottega presso un loro parente pasticciere di nome Sebastiano, chiamato Vastiano ‘o zuccararo. Genna’ subito mostrò un naturale talento per quel difficile e delicato lavoro. “Vado a prendere la 500 e arrivo”, disse Genna’. Era un vero privilegio che Genna’ potesse usare la 500 blu del titolare suo parente. In quegli anni avere a disposizione un’auto era una vera sciccheria. Roba per pochi. Per il titolare della pasticceria era un modo come un altro per compensare la magra paga che riconosceva a Genna’. Salirono e via verso Castellammare per andare al cinema: il passatempo preferito in mancanza d’altro. A quell’età si dovrebbe andare in cerca di ragazze ma, dato che si era nei primi Anni ’60, era meglio evitare guai. La distanza da percorrere non era molta ma sufficiente a trasformare l’abitacolo dell’auto in una camera a gas. Giuann’ come al solito disse:” Non vedete che non si respira?”, “Eddai, – risposero Ciccio e Genna’ – siamo quasi arrivati.” Gennà riprese:” Mi hanno detto che al Montil c’è un bel film, un western di tipo nuovo. Me l’ha detto un ragazzo del laboratorio. Sta spopolando. Nulla a che vedere con i vecchi western americani, il titolo è “ Per un pugno di dollari.”

    “Vabbene, – disse Ciccio – però dobbiamo vederlo dall’inizio. Sono stufo di entrare a film già iniziato.” “ Okkei, – rispose Gennà – visto che è presto andiamo al porto a mangiare una “marenna” con i polipetti. Sono a stomaco vuoto.” Mai un allettante invito fu così ben accolto. Alle 22 iniziò l’ultima proiezione della giornata. Fin dal primo fotogramma i tre amici rimasero con gli occhi sbarrati fissi sullo schermo. Scorrevano immagini mai viste prima. Nuove davvero. Del resto il titolo “Per un pugno di dollari” annunciava un film d’azione, movimentato e con una scenografia completamente nuova e spiazzante. Buttava alle ortiche i classici western americani lenti e, spesso, noiosi. Tutto era nuovo: la strepitosa colonna sonora, la storia popolata da avventurieri. Le invenzioni geniali che rendevano il film continuamente sorprendente. La storia raccontata era popolata di angherie e soprusi perpetrate da due famiglie rivali che si combattevano per dominare quel misero villaggio e… dollari, tanti dollari che facevano gola a tutti. Rituale eroe compreso. Si era immersi in un assolato paesaggio sperso ai confini del Messico popolato da tipacci senza scrupoli. Ovviamente c’era anche il classico eroe giustiziere, senza macchia e senza paura. Paura, Joe, questo il suo nome, non ne aveva. Macchie? Lasciamo perdere. Ne aveva, eccome se ne aveva. Genna’ e Ciccio si dimenticarono di accendere le rituali sigarette, tanto erano presi. A Genna’ rimase il mozzicone, spento, tra le labbra. Come il mezzo sigaro di Joe, il protagonista. In quegli anni non c’erano i divieti di fumare nei locali chiusi, spesso si assisteva al film immersi in una nebbia che si tagliava a fette. Rimasero incollati al film fino alla fine. “Dobbiamo rivederlo, troppo bello!”, disse Giuann’ al termine. “Non vi nascondo che la musica mi ha catturato. Era impregnata di imminente tragedia sospesa. La musica fischiata è una genialata. Accentua la tensione, la esaspera. Sembra una corda tesa che sta per spezzarsi.”

    Incalzò Genna’ :” Straordinaria la scena del duello finale con Joe che si mette una lamiera sotto il poncho e incita: “ Al cuore devi mirare, Ramon, al cuore. Eri tu che lo dicevi, ricordi?”

    E poi c’è quella frase di Ramon che diceva: “ Se un uomo col fucile incontra un uomo con la pistola, l’uomo con la pistola è un uomo morto.” Invece finisce tutto all’incontrario. Subito dopo il duello arriva il becchino a prendere le misure ai morti per costruire le bare. Ed è la scena finale. Incredibile e spaesante.”

    Dopo il film continuarono a discutere fino a tardi, rinchiusi nella 500 blu che di nuovo si era trasformata in una camera a gas, come in quei lerci saloon di uno sperduto villaggio ai confini del Messico. Stavolta Giuann’ non si lamentò.

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