C’era una volta a Caselle il ristorante “Totò e Peppino”… No, non preoccupatevi, andate tranquilli, “Totò e Peppino” c’è ancora e il suo titolare Roberto Sciarrillo ne va fiero. E neppure deve cambiare nome, come invece a un certo punto sembrava. Ma cosa è successo? Ce lo racconta il titolare Roberto Sciarrillo, nel suo bel locale dove ci ha ricevuti, nell’edificio di fronte alla Rotonda Ceccotti. Quella dell’aereo, insomma.
“Perché nella vita di ogni uomo come, in fondo all’anima di ogni donna, c’è sempre una malafemmena”, è quanto leggiamo a preludio su una targa ricordo dell’11esimo premio napoletano “Malafemmena”.
A mano a mano che sali le scale per arrivare al primo piano ti trovi circondato da quadri e ricordi di Napoli, della Costiera Amalfitana. Ci sono i vecchi Piaggio Ape Calessino, quei caratteristici taxi tuttora utilizzati nella Costiera e ti accoglie l’immancabile profumo di pesce caratteristico dei locali che servono questa prelibatezza. Salta all’occhio però che non ci sono più le foto di Totò, manca pure la poesia ‘A livella” e anche tanti altri richiami al “Principe della Risata”.
Ma veniamo alla lunga storia che ci ha raccontato Roberto.
“Poco prima di Natale – afferma Sciarrillo – ricevo una comunicazione giudiziaria da un legale, il quale agisce per conto della nipote e del figlio di Liliana De Curtis, la figlia di Totò”.
Morto il Principe De Curtis e morta la figlia Liliana, il figlio e la nipote di quest’ultima mi ingiungono di eliminare immediatamente tutti i richiami, il nome, le foto e quant’altro riconducibile a Totò, e mi richiedono anche un risarcimento per avere utilizzato impropriamente le immagini del famoso artista napoletano.”
Non di questa idea è Roberto Sciarrillo, che invece detiene una dedica autografa di Liliana Decurtis, dove si legge testualmente: “Al Ristorante Totò e Peppino – Liliana Decurtis”. Portato davanti al tribunale di Torino, Sciarrillo si difende davanti al giudice il quale, accertata la veridicità autografa della dedica, attraverso una perizia calligrafa, ritiene che Liliana De Curtis fosse cosciente dell’uso del nome del proprio padre utilizzato per definire un locale commerciale, tanto cosciente da scrivere di suo pugno la dedica al Ristorante “Totò e Peppino” di Roberto Sciarrillo.
È seguita sentenza con la vittoria in primo grado di Sciarrillo. Bisogna ora vedere se gli eredi Totò intenderanno proporre appello oppure preferiranno finire qui questa storia.
Comunque sia, uno a zero per Sciarrillo, il quale però pensa anche ai tanti altri suoi colleghi in Italia che, analogamente diffidati dall’usare scritte e immagini simili, non hanno avuto l’autorizzazione della figlia all’uso del nome del grande Principe e, sconsolato, salutandoci ci dice: “E pensare che Totò aiutava i poveri di Napoli e ora questa storia lo farà rigirare nella tomba”.