Leggi la prima parte della storia
Osservando la scena del delitto, gli investigatori scoprirono che Rita Bordoni aveva una manica del suo maglione impigliata sotto il piede della stufa: un particolare anomalo per una donna che avrebbe dovuto cadere morta a seguito di asfissia…
E poi come considerare la mancanza di tracce di ossido di carbonio all’interno dell’appartamento? E, soprattutto, perché il gas non avrebbe avuto effetti sulla Palmero?
Domande che fecero scattare immediatamente nuove ipotesi: e se le due donne fossero state uccise? Prima narcotizzate e poi soffocate?
Se le cose andarono in questo modo, l’assassino colpì senza complici? Difficilmente una persona sola avrebbe ottenuto tanto, quindi non appariva del tutto illogico pensare ad un intervento compiuto da più persone.
Vi erano poi alcuni elementi che potevano sostenere l’ipotesi di un duplice omicidio consumato mentre le donne erano nel letto, oltre alle tracce di sangue di cui abbiamo già detto, i cadaveri sembra fossero stati vestiti in tutta fretta: ad esempio, la signora Cogo aveva le scarpe slacciate e non portava il busto.
In casa non vi erano segni di effrazione e soprattutto non mancava nulla di valore.
A quel punto le indagini languivano: la vicenda necessitava di uno sviluppo perché c‘era il rischio che quel crimine fosse destinato a restare senza un colpevole. Fu allora che, come nei gialli, giunse il colpo di scena.
La giovane Palmero sovvertì la situazione generale: in pratica confermò quanto gli inquirenti sospettavano. Intanto un fatto fondamentale: la donna sapeva più di quanto diceva di sapere.
La ragazza disse che ad uccidere la due donne erano stati i fratelli Cogo, nipoti dell’anziana vittima.
Una dichiarazione destinata a suscitare scalpore nella Torino di allora, di certo non ancora abituata a quelle tragedie familiari alimentate dal bieco interesse.
Infatti, si disse subito che il movente era legato a questioni di eredità. Sembrava che la donna avesse intenzione di lasciare ogni suo bene alla Bordoni, fatto questo che poteva suscitare un certo risentimento nei nipoti. Verità?
La storia a poco a poco acquistò una propria fisionomia: Agostino e Carlo Cogo abitavano nella stessa casa della zia, nell’alloggio attiguo e comunicante. L’accesso era possibile attraverso una porta bloccata da un armadio situato nell’abitazione dei nipoti.
La Palmero era la principale accusatrice, ma anche un’indiziata, infatti il suo comportamento era abbastanza inquietante: stranamente dichiarava di non aver sentito nulla e soprattutto stupiva che, al mattino, davanti ai due cadaveri, non sentì il bisogno di urlare e di chiamare aiuto alle persone più vicine. E poi, perché non si rivolse ai fratelli Cogo che abitavano nell’alloggio accanto?
La Palmero fu arrestata e in prigione disse che i fratelli soffocarono le donne e finirono Rita con un colpo alla testa. Lei urlò e cercò di fuggire, ma gli uomini l’avrebbero fermata e cercarono di farla loro complice, offrendole una somma di denaro (duecento lire).
La versione venne significativamente modificata dagli inquirenti. Tra i Cogo e la donna vi era un accordo precedente: lei avrebbe dovuto aprire la porta ai due uomini intorno a mezzanotte. In realtà però, gli uomini giunsero prima, intorno alle undici: quell’orario era confermato dall’analisi necroscopica e dalla testimonianza dell’inquilina che abitava al piano inferiore, la quale disse di aver sentito urla e rumori di mobili mossi con violenza intorno alle undici. In pratica, la versione degli inquirenti presupponeva l’intervento di almeno tre persone. Da parte loro i fratelli Cogo respingevano ogni accusa, anche perché non avevano alcun bisogno di ereditare i beni della zia, poiché benestanti.
Oltre a Carlo e Agostino, fu arrestato anche il terzo fratello, Giacinto, che abitava però per conto proprio. L’uomo disse di aver trascorso la serata con Carlo, al teatro Carignano. In effetti era una bugia, perché quella sera i due non andarono affatto a teatro insieme.
Fu una dichiarazione avventata senza un’apparente motivazione, che in realtà aggravò ancora di più la situazione dei fratelli.
Inoltre, uno dei fratelli fu visto gettare, in modo circospetto, qualcosa nella spazzatura: gli inquirenti vi trovarono un fazzoletto e dei tamponi di cotone insanguinati.
A quel punto, giunse un ulteriore colpo di scena: uno studente di medicina, amico di Agostino, che studiava chimica, Mario Gaiottino, disse di essere rimasto stupito dell’interesse di Agostino sulle tracce presenti su un cadavere morto per soffocamento. Un caso?
Un interesse legato alla prossima fine della zia e della giovane Rita?
Ancora solo supposizioni.
Ci volle un anno e mezzo prima che la situazione si sbloccasse e l’incipit giunse da un ulteriore colpo di scena, il terzo.
Agostino Cogo disse di essere l’assassino delle due donne: omicidi commessi da solo, quando i due fratelli erano a teatro. Disse anche di aver usato dell’acido cianidrico che aveva preso nel laboratorio di chimica dell’università.
L’uomo affermò di aver indotto la Palmero al silenzio in cambio di denaro; pare che non avesse intenzione di uccidere, ma quando si accorse che la zia era morta finì anche la più giovane.
Poi rivestì la vittima con la collaborazione della domestica, cercando di inscenare la morte per asfissia. Ma quale era il suo intento, se in effetti non voleva uccidere le donne?
La sua versione non fu mai chiara, al punto che si ipotizzò la presenza di un malessere psichico alla base del comportamento del giovane Cogo. L’ipotesi però non trovò conferma. Ad “uscire pazza” fu però la Palmero, che venne ricoverata perché il suo sistema nervoso aveva ceduto.
Il 28 maggio 1924 la Corte d’Assise iniziò i suoi lavori: gli avvocati di Agostino Cogo sostenevano l’infermità mentale del loro cliente, alle loro istanze si aggiunse quella dei due fratelli che si dicevano innocenti e del tutto all’oscuro dei piani di Agostino in quale, all’epoca dei fatti, era minorenne.
La corte non ebbe dubbi e riconobbe l’imputato colpevole del duplice omicidio di Carolina Cogo e Rita Bordoni, condannandolo a trent’anni.
Carlo e Giacinto furono assolti.
Su tutti pesava il dubbio sulle modalità di quello strano duplice omicidio: come aveva fatto un uomo solo ad uccidere due donne in quel modo?
E quale effettivo ruolo ebbe Margherita Palmero?
Dubbi senza risposta.
Agostino Cogo andò in prigione e la vita riprese il suo corso. Come sempre accade.
Massimo Centini