#quellavoltache o #metoo hanno giustamente invaso i social nelle scorse settimane per testimoniare episodi di violenza subiti principalmente dalle donne. Questi hashtag sono utilizzati dalle donne per raccontare gli abusi che hanno subito e di cui, spesso, non avevano mai parlato a nessuno.
Tutto nasce dallo scandalo Weinstein, il produttore cinematografico statunitense. Ottantadue nomi con altrettanti anni e il racconto delle molestie.
In Italia, Asia Argento continua a battere sul caso Weinstein e ha pubblicato sul suo profilo Twitter una lista di 82 donne che sono state aggredite, stuprate o semplicemente infastidite dal produttore hollywoodiano. «Noi vittime abbiamo compilato questa lista», scrive l’attrice, che ha scatenato una bufera per aver confessato di essere stata stuprata da Weinstein che l’ha poi perseguitata per anni. Persone del mondo dello spettacolo ma anche gente comune, come un’impiegata della Miramax e una donna dello staff. Su Instagram invece la figlia di Dario Argento condivide una foto con Rose McGowan, una delle prime colleghe ad aver denunciato Weinstein: «È stata lei a darmi il coraggio di parlare. Chiunque le faccia del male è il mio peggior nemico», scrive l’Argento.
Dopo la denuncia di Asia Argento contro il produttore Harvey Weinstein, sembra essere scattato un sentimento collettivo. La miccia è stata l’iniziativa di una blogger, Giulia Blasi, il 13 ottobre scorso. Dalla mole di denunce virtuali, si percepisce quanto sia diffuso il problema, una campagna che serve per far conoscere a tutti le volte in cui le donne sono state molestate, aggredite, si sono sentite in pericolo, non sapendo bene perché.
Sono tante, troppe, le donne italiane che sostengono di aver subito abusi più di una volta nella loro vita, in momenti diversi. E non si può restare in silenzio. Dagli abusi al diventare vittima di un carnefice e morire per colpa di un uomo. Tutte queste campagne sono importanti perché danno forza alle donne di denunciare le violenze, gli abusi subiti.
Per non parlare del reato di stalking che è stato introdotto in Italia con una legge del 2009 e consiste nel molestare ripetutamente una persona, provocando nella vittima un continuo stato di ansia o di paura, costringendola a cambiare le proprie abitudini di vita. Un incubo nel quale, almeno una volta nella vita, sono entrate più tre milioni di donne italiane. Una minaccia che può arrivare dal proprio ex partner, ma spesso anche da conoscenti occasionali o da perfetti sconosciuti.
Secondo uno studio dell’Istat, pubblicato nel 2016, il 21,5 percento delle donne fra i 16 e i 70 anni, pari a 2 milioni e 151 mila, avrebbe subito comportamenti persecutori da parte di un ex partner nell’arco della propria vita. Quasi il 10 percento quelle che sono state vittima di stalking “grave”, mentre sarebbero circa 2 milioni e 300mila le donne che nell’arco della propria vita hanno subito comportamenti persecutori da persone diverse dagli ex partner.
Oltre cento donne in Italia, ogni anno, vengono uccise da uomini, quasi sempre quelli che sostengono di amarle. È una vera e propria strage. Ai femminicidi si aggiungono violenze quotidiane che sfuggono ai dati ma che, se non fermate in tempo, rischiano di fare altre vittime: sono infatti migliaia le donne molestate, perseguitate, aggredite, picchiate, sfregiate.
Nel quotidiano, troppe volte le donne vengono denigrate, non sufficientemente valorizzate in ogni loro singola attività. Se pensiamo che le donne, a parità di funzione, non percepiscono lo stesso stipendio, sul mondo del lavoro.
Il lavoro è ancora lungo e possiamo superare il tutto solo insieme, donne e uomini, per essere finalmente alla pari e non dispari.