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martedì, Aprile 16, 2024

    Librettisti di ieri e di oggi

    A colloquio con Gabriele Cresta, nel centenario di Arrigo Boito. A seguire: Questo mese al botteghino…

    Una Voce Poco FaOggi, quando si pensa all’autore di un melodramma, viene in mente il nome di un musicista. Tuttavia, non si dovrebbe mai dimenticare che quasi tutti i titoli del teatro d’opera hanno anche un altro autore, diverso dal compositore: colui che ha scritto il testo poetico messo in musica, convenzionalmente detto “ il librettista”.
    Per trecento anni il mondo del melodramma è stato ricco di questi poeti per musica, spesso sovraccarichi di lavoro e sempre tesi tra l’onesto artigianato e la creazione artistica.
    Nell’ultimo secolo, il mutare degli sviluppi del teatro d’opera ha diminuito nettamente il loro numero, ma ciò non vuol dire che si siano definitivamente estinti.
    Abbiamo incontrato Gabriele Cresta, grande appassionato e collezionista di libretti, nonché librettista in prima persona, per chiacchierare sull’argomento.

    Gabriele Cresta

    Gabriele, come nasce la tua passione per il libretto d’opera e per Arrigo Boito?
    “Nasce da alcune passioni precedenti. Prima mi sono innamorato della musica sinfonica e della poesia di Leopardi e di Manzoni, poi ho scoperto che il teatro d’opera mi permetteva di unire le due passioni in una. Ho trovato il mio primo libretto d’opera – che, guarda caso, era “Mefistofele” (testo e musica di Arrigo Boito) – quand’ero ragazzino, girando i mercatini a causa del mio interesse per l’antiquariato, e ho iniziato a leggerlo come testo senza conoscerne la musica: è stato una lettura sconvolgente, mi piaceva e mi sono messo a cercare i significati delle tante parole che non comprendevo. Per Boito ho provato immediatamente grande ammirazione, poi la mia passione si è accresciuta leggendo gli altri suoi lavori e gli studi di Piero Nardi, che mi hanno fatto scoprire molti punti di contatto tra la personalità di Boito e la mia.”

    Ci puoi dire qualcosa sulla figura di Boito?
    “Fu un uomo caratterizzato dalla continua volontà di ricerca e da un’inesauribile curiosità intellettuale, nella sua biblioteca si trovano volumi annotati di tutti i generi. Anche nella sua scrittura si riscontra la continua ricerca del linguaggio più appropriato. Come musicista, ci ha lasciato due opere complete (“Mefistofele” e “Nerone”) che sono due capolavori. Il “Nerone”, proprio per il suo inesausto perfezionismo, lo impegnò per 57 anni, con il risultato paradossale che, quando fu rappresentato, invece di essere d’avanguardia era diventato anacronistico.”

    Nel 2018 cade il centenario della morte di Boito. Ti sembra che la ricorrenza sia adeguatamente celebrata?

    Arrigo Boito

    “Adeguatamente direi di no, anche se il MIBACT ha costituito un comitato per le celebrazioni. Quest’anno, peraltro, cade anche il 150° dalla prima del “Mefistofele”. So che ci sarà una mostra di cimeli boitiani al Conservatorio di Milano e forse sarà ricollocata la statua di Boito alla Scala. Si tratta di iniziative sparse, manca un programma coordinato. Forse è un effetto del fatto che Boito è sempre stato un personaggio scomodo. Personalmente, mi sono fatto qualche regalo per integrare la mia collezione di libretti e lettere, e ho organizzato una serata di presentazione della figura di Boito attraverso i suoi libretti: è un percorso che illustra l’autore con diapositive, alternato a un concerto del tenore Carlo Amedeo Folco che raccoglie arie su testo di Arrigo Boito; si possono così ascoltare arie per tenore da tutte le composizioni su libretto di Boito che presentino la voce tenorile. La serata è stata presentata il 23 marzo al Centro di antroposofia di via Stampatori, sarà replicata il 20 maggio alle 16 nella chiesa di Santa Maria Maggiore in Borgo Vecchio ad Avigliana, e sto cercando altre sedi per ripeterla a Torino. Del resto, Boito a Torino era abbastanza legato: nel 1862 al Museo Egizio compose la poesia “A una mummia”, e nel 1879 al Regio ebbe luogo la prima assoluta di “Ero e Leandro” di Bottesini, su suo libretto.”

    Oggi esiste ancora la figura del librettista?
    “Esiste ma è cambiata: i teatri non sono più interessati a dare opere nuove, i compositori non ne scrivono se non hanno un contratto per la rappresentazione, e, quando scrivono, chiedono libretti il più prosastici possibile. Si è perso il senso dell’utilità della metrica per favorire la musicalità.”

    Tra i librettisti contemporanei ci sei anche tu. Ci racconti qualcosa in “proposito?
    Io rimango fedele alla tradizione, anche se negli anni il mio modo di scrivere si è modificato. Cerco fonti letterarie che mi affascinano, e le taglio enucleando le linee tematiche che intendo evidenziare, anche perché oggi in genere sono richieste opere in un atto con pochi personaggi, per ridurre i costi di allestimento. Il metro e la rima secondo me sono importanti, perché suggeriscono melodie ai compositori, ma non devono essere un ostacolo alla fluidità del verso. Sicuramente tengo sempre un occhio su Boito, cercando di emularlo senza plagiarlo. Ho scritto il mio primo libretto a 12 anni, “Anita”, rimasto nel cassetto fino al 2009, quando l’ho rimaneggiato ed è stato musicato da Eugenio Cotardo, anche se attende ancora una rappresentazione.”

    Su quali progetti stai attualmente lavorando?
    “Ho appena concluso “Ghismonda e Tancredi”, atto unico tratto da Boccaccio, musicato da Marco Emanuele, che sarà rappresentato tra alcuni mesi all’Educatorio della Provvidenza. Sto lavorando su “L’eredità” con il compositore Marco Alibrando e su “Illumina la notte!” con il maestro Gianni Possio; quest’ultima sarà rappresentata l’anno venturo in un teatro milanese. Da tempo, inoltre, coltivo il sogno di scrivere un “Matteo Falcone”, tratto dalla novella di Mérimée.”


    QUESTO MESE AL BOTTEGHINO…

    Unione Musicale: al Conservatorio, il 18 aprile la pianista Angela Hewitt interpreta le Variazioni Goldberg di Bach. Il 2 maggio recital liederistico del baritono Markus Werba (al pianoforte James Baillieu). L’8 e 9 maggio due concerti dell’integrale dei Quartetti di Beethoven, eseguiti dal “Quartetto Casals”.

    Filarmonica: il 17 aprile al Conservatorio programma novecentesco per la settima “stanza” della stagione: “la palestra”. Il 15 maggio si prosegue con “la soffitta”: musiche di Britten, Hindemith e Cajkovskij.

    Educatorio della Provvidenza: il 14 maggio esecuzione antologica di Andrea Chénier di Giordano.

    Orchestra Rai: il 18-19 aprile James Conlon dirige le Sinfonie n.2 e n. 4 di Brahms. Il 3-4 maggio Enrico Dindo interpreta il Concerto n. 2 per violoncello e orchestra di Sostakovic; la serata è diretta da Marc Albrecht, e prevede anche pagine sinfoniche di Wagner.

    Teatro Regio: dal 17 al 28 aprile I Lombardi alla prima crociata di Verdi, con Angela Meade, Francesco Meli, Alex Esposito (cui si alternano Maria Billeri, Giuseppe Gipali, Marko Mimica), direttore Michele Mariotti, regia di Stefano Mazzonis di Pralafera. Dal 4 al 9 maggio è di scena il musical, con Evita di Andrew Lloyd Webber.

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