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mercoledì, Ottobre 16, 2024

    Tra Fede, bellezza e arte

    Una lectio magistralis di Monsignor Gianfranco Ravasi

    Nella bella cornice ottocentesca del salone d’onore dell’Accademia Albertina di Torino, recentemente,  Monsignor  Gianfranco Ravasi accademico d’onore dal 2017, ha tenuto una lectio magistralis sul tema: bellezza, arte e fede. Con la consueta vivacità ha invitato anzitutto a non disgiungere la riflessione sulla bellezza dagli altri trascendentali del vero e del bene. Ricordando l’etimologia tardomedioevale di “bellus” da bonicellus, vezzeggiativo di bonus, il cardinale presidente del Pontificio Consiglio della Cultura dello Stato Vaticano, ha osservato il pericolo di impoverire tanto l’arte quanto la religione, a causa della parcellizzazione delle due realtà e delle scienze ad esse legate. Senza l’apertura al trascendente, l’arte impoverisce; senza l’arte, la fede si inaridisce.

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    A partire da questa premessa, la riflessione su arte e bellezza ha preso le mosse, in una ideale prima parte di un dittico, dallo stretto collegamento che si dà nelle Scritture tra l’arte e la Parola di Dio. La via pulchritudinis (cioè la bellezza come strada religiosa, considerando l’asserto di sant’Agostino secondo il quale “noi non amiamo se non ciò che è bello”) che pare essere impedita dalla proibizione delle immagini, in realtà è resa possibile dal fatto che la rivelazione stessa è parola che fa vedere nel cosmo, nell’uomo e la donna fatti a immagini di Dio le tracce del creatore. Tanto più nella rivelazione dell’incarnazione questo accade, aprendo la strada alla possibilità non solo di raffigurare il divino, ma pure di ridirlo e riattualizzarlo in ogni tempo. Occorre riconoscere che per molti secoli il codice di riferimento per l’arte, per la nostra cultura occidentale, è stato la Bibbia che per sua natura si affida alla realtà della parola fondata sul simbolo, sulle narrazioni, sull’analogia.
    La religione è stata fondamentale per rigenerare arte e bellezza; arte e fede hanno tra loro dialogato qua attraverso la via della parola e dunque attraverso la parola simbolica (la teofania si è affidata alla parola) abbiamo creato la nostra grande tradizione artistica. Paul Klee (pittore tedesco, 1879-1940) era solito dire: “l’arte non riproduce ciò che è visibile, ma rende visibile ciò che non sempre lo è”.

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    Nella seconda parte del dittico, Ravasi ha elencato tre possibili metodi di rilettura artistica della Rivelazione: il primo è quello attualizzante, che porta gli eventi salvifici accaduti nell’oggi della storia, è il tentativo di rappresentare il messaggio antico con quello che ora si dice all’interno della vita quotidiana. E’ suggestivo che gli Statuti d’arte degli artisti senesi del Trecento si aprissero con questa dichiarazione: ”Noi siamo coloro che manifestano agli uomini che non sanno lettura le cose miracolose operate per virtù della fede”, facendo di conseguenza, opera di catechesi.
    Come esempio del metodo attualizzante Monsignor Ravasi commenta il quadro di Paul Gauguin “La visione dopo il sermone” (1888, periodo di Pont-Aven; opera che getterà le basi per le future correnti simboliste), dove il soggetto è un episodio tratto da Genesi 32, che narra la zuffa notturna di Giacobbe con un angelo misterioso. Gauguin rappresenta delle donne bretoni, con i loro costumi tradizionali, che uscendo dalla chiesa dove hanno ascoltato il sermone, si lasciano avvolgere dalla fantasia e immaginano la biblica lotta. In questo quadro coesistono, e qui sta la sua grandiosità, una dimensione reale, arcaica (donne che escono dalla chiesa) e una soprannaturale, mistica, sperimentabile solamente con la vertigine della religione (l’angelo con le ali aperte in lotta).

    Il secondo è quello degenerativo, che riscrive con libertà le pagine bibliche generando effetti dissacranti e di distorsione, quasi a sfiorare l’apostasia, ma pure di provocazione  ad una comprensione inedita della fede.

    Il terzo è quello trasfigurativo dove l’arte ha la funzione di fare teologia in modo, per certi aspetti, superiore alla stessa teologia: l’arte deve parlare di Dio; deve rendere visibile e comprensibile il messaggio della fede.

    Giannamaria Nanà Villata

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