Ognuno ha motivi personali per cavalcare una motocicletta; in ogni ragione è tuttavia presente una sfida: verso se stessi, contro il tempo, società e tradizioni, costrizioni del corpo e della psiche, senso comune; ed ancora sfida a natura, noia, paura, finanche ai limiti della tecnologia, all’estetica commerciale oppure, semplicemente, alla routine quotidiana.
Il viaggio diventa sensazione, successivamente ricordo, quindi racconto ed infine entra nella leggenda. Il motociclista (centauro) porta con sé il riferimento a mitologiche creature, guerrieri, eroi e destrieri, mentre il mezzo d’acciaio che l’accompagna assurge ora a testimonianza dell’ingegno umano, ora a vessillo di un’epoca, al pari di un’opera d’arte.
E’ dunque l’icastico bronzo “Veio” di Giuliano Vangi ad accogliere il visitatore negli spazi della Citroniera delle Scuderie Juvarriane della Reggia di Venaria, ove i curatori Luca Beatrice, Arnaldo Colasanti e Stefano Fassone propongono la mostra “Easy Rider.
Il mito della motocicletta come arte”, prodotta dal Consorzio delle Residenze Reali Sabaude, con il patrocinio della Città di Torino; nel catalogo, edito da Arthemisia Books –coproduttrice -, sono presenti testi dei curatori e contributi di Alessandra Castellani, Franco Daudo, Pietro Grossi, Giorgio Sarti, Ted Simon; in più le interviste di Tim Marlow a Paul Simonon e quelle di Moreno Pisto ai campioni Valentino Rossi e Giacomo Agostini.
Tra potenza e magìa, un mondo si dipana dinanzi ai nostri occhi, rivitalizzando i ricordi: veicoli a due ruote, spezzoni di film, musica rock, ferro, fuoco, rombo di motori, cultura pop, fotografie, sogni di ribellione e vibranti fiammate di pathos. Aaron Young realizza imponenti tavole informali attraverso motociclette che sgommano in uno spettacolare “burnout”, utilizzate come innovativi strumenti per l’action painting.
E’ incontenibile talvolta la necessità di fuggire dal conosciuto, dall’abitudine, quanto la curiosità di affrontare l’ignoto. Appena incontra un’incantevole ragazza che fa l’autostop, Mickey Rourke, in sella ad un’Harley Davidson, le domanda: “Dove devi andare?” Lei risponde: “Non so, dove capita…”. Lui: “Sali, ti ci porto io…”. E via, verso un futuro sconosciuto. (dal film “Harley Davidson e Marlboro man”). L’emozione trascina tanto il viaggiatore fisico quanto l’esploratore ideale che percorre le strade dell’arte: fra le “meccaniche” che hanno fatto storia e parimenti tra le opere, si aggirano motociclisti che indossano le “patches” dei propri “chapters”, accanto ad eleganti signore.
Conduce il visitatore al sorriso l’Alberto Sordi de “Il vigile” nella sala ove sono esposte numerose locandine a lato di alcune delle protagoniste metalliche di pellicole cinematografiche, tra cui l’Hydra Glide cavalcata da Peter Fonda in “Easy Rider”.
La mostra s’intitola come il film – diretto da Dennis Hopper (1936-2010), attore, regista nonché fotografo ed artista – che contribuì a diffondere la cultura del “chopper”, oltre a sostenere il diritto alla libertà ed a muovere una critica verso l’intolleranza, l’odio e la violenza; ma questo, unitamente al design, alla tecnologia, alla resistenza ed alla prontezza dei piloti, alla possibilità di errare senza vincoli, alla storia dei grandi marchi ed infine all’immaginario legato alla motocicletta, è soltanto uno dei numerosi aspetti dell’esposizione sui quali liberare la fantasia.