Ad inizio febbraio si è tenuto uno dei più bei cicli di conferenze che il Canavese abbia mai visto. Caselle, Leinì, Borgaro e Mappano hanno ospitato Angelo Corbo e Ciccio Mongi. Forse non sapete chi sono. Sono due agenti della scorta di Giovanni Falcone, sopravvissuti alla strage di Capaci. Alcuni di noi potrebbero pensare che siano eroi, ma non è così. Loro per primi lo dicono, durante le conferenze. Sono due uomini che hanno fatto il loro lavoro, e lo hanno fatto bene, fino all’ultimo. Come Angelo che quel 23 maggio 1992, sanguinante e con la pistola in pugno, è uscito da quella Croma azzurra, dilaniata dall’esplosione, per andare a proteggere il “suo” giudice. O come Ciccio che, alcuni anni dopo la strage, ha fatto irruzione della villetta dove si nascondeva Brusca, l’assassino della mafia, colui che sempre quel 22 maggio 1992 aveva premuto il telecomando facendo saltare in aria tre suoi colleghi e provocando la morte del “suo” giudice e della moglie, e lo aveva arrestato. Questi due uomini rappresentano la personificazione dello Stato, quello buono, non quello che li ha abbandonati a se stessi e che forse addirittura sapeva che Falcone doveva saltare in aria: forse ne era persino in parte complice. Lo Stato è un’entità strana: da una parte lo Stato siamo tutti noi cittadini, coesi e responsabili, ma dall’altra è anche, sotto sotto, lacerato da delle grandi contraddizioni. Nello Stato c’è chi fa il bene dello Stato e chi, invece, cura solo i propri interessi, a danno dello Stato di cui fa parte. Ad ogni modo, guardare quei due uomini negli occhi ti fa capire una cosa: loro hanno fatto la loro parte, ma ora tocca a te continuare la missione. Con uguale coraggio, uguale dedizione, uguale determinazione.
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