Giansone, docente all’Accademia Libera di Belle Arti di Torino dal 1946 al 1948 (tale Accademia viene fondata nel dopoguerra da artisti quali Domenico Buratti), in seguito insegna presso l’Istituto Statale d’Arte (oggi Liceo Artistico Passoni) ed il suo talento appare indiscutibile, tanto da ricevere il plauso di Peggy Guggenheim, esporre in una grande personale del 1965 alla Galleria “La Bussola” ed essere invitato alla Biennale di Venezia del 1966. L’autore vince altresì concorso e commessa, nei primi anni Cinquanta, per la Santa Cecilia dell’Auditorium RAI di via Rossini a Torino, e, nel 1980, per la Scuola degli Edili (Cipet).
Dal 2017, grazie all’Associazione “Archivio Storico Mario Giansone” e ad alcuni soci collezionisti, fra i quali Giuseppe Floridia, è aperto al pubblico lo studio ove l’artista lavorava alle proprie creazioni (via Messina 38), ora divenuto museo privato che riunisce 230 sculture, oltre a disegni e xilografie.
Gli estimatori dello scultore auspicano che un museo pubblico possa adeguatamente valorizzare la collezione, per mezzo di un’acquisizione in blocco delle opere esposte.
Attraversando le varie sale, si può osservare il metodo della “scultura diretta”, ossia senza la preparazione di bozzetti, che Giansone esemplificava nelle forme chiamate “Principio genetico” oppure “Tempi di sviluppo”, successioni di figure costituenti, ognuna, una lezione sul modo di “levare” materia per lasciar emergere la scultura “liberata”.
Dopo aver apprezzato gli esercizi giovanili dello scultore, eseguiti alla maniera degli antichi Maestri, ci s’imbatte nella “cancellata degli Ideogrammi plastici”, tanto desiderati da Peggy Guggenheim e tuttavia non concessi, ispirati alla musica jazz, come numerose altre opere.
Ampie lastre di pietra oppure di legno appaiono quali pannelli che accolgono raffigurazioni astratte; altre volte richiamano le battaglie, in ogni caso possono fungere da matrici per litografie e xilografie, ed alcune di esse raggiungono finanche l’altezza di circa tre metri.
Dal profondo dei blocchi marmorei le immagini affiorano, disegnate attraverso le ombre delle parti scavate, e talune sculture hanno persino la capacità di mettersi in movimento per mezzo di meccanismi ideati e costruiti dallo stesso Giansone; in alcuni pannelli polimaterici, il metallo è stato fuso all’interno delle cavità della pietra. Alle sculture s’inframmezzano i disegni, le stampe e le fotografie, con cui l’autore amava immortalare le proprie opere, per studiare attentamente l’influenza della luce.
La collezione illustra, dunque, una porzione significativa dell’espressione geniale di un artista abile e complesso, rimasto tuttavia a lungo incompreso e che si spera di vedere maggiormente valorizzato.