Qualche tempo fa Cose Nostre si è occupato di una possibile soluzione al problema delle deiezioni canine abbandonate, un po’ ovunque, sul territorio comunale da proprietari di cani che definire incivili è poco. Stiamo parlando del metodo della raccolta del DNA dei nostri amici a quattro zampe (tramite un innocuo tampone buccale), per poi consentire di raffrontare le deiezioni abbandonate con una banca dati per poter risalire al proprietario e comminargli una sanzione: una soluzione punitiva e, forse, non educativa, ma spesso l’italiano medio capisce solo quando viene colpito nel portafogli. Un metodo che diversi Comuni italiani stanno già impiegando, o si accingono a farlo. Abbiamo provato a proporre questa soluzione alle quattro forze politiche presenti in Consiglio ma, chi più chi meno, tutti sono sembrati piuttosto perplessi sulla sua applicazione in un contesto come quello casellese, per non parlare del problema costi, altrove (vedi il Comune di Carmagnola) risolto con una sorta di “sponsorizzazione” da parte dell’azienda che gestisce la raccolta rifiuti. A seguire il punto di vista dei quattro gruppi.
La dichiarazione del sindaco Luca Baracco e dell’assessore all’Ambiente Giovanni Isabella (che ovviamente sono espressione della lista “Sviluppo e Futuro con Baracco”): “Secondo noi sarebbe più opportuno puntare sull’educazione dei cittadini, magari con una campagna informativa davvero bella come quella del Comune di Borgaro. Se poi non ci saranno risultati significativi, stiamo valutando il possibile impiego di un servizio mirato come quello dei vigili in borghese. Quella della raccolta del DNA potrebbe essere l’ultima opzione: fattibile, ma assai complessa. Ci andrebbe tempo per metterla in campo e bisognerebbe valutare bene il rapporto costi-benefici”.
L’opinione del consigliere comunale Andrea Fontana (Centrodestra per Caselle): “Tutti sanno qual è la mia professione, e per lavoro sono in contatto con diversi colleghi in giro per l’Italia, alcuni dei quali proprio nei paesi che hanno attivato in via sperimentale la mappatura del DNA canino contro le deiezioni. Ebbene, possiamo dire che funziona solo nei paesi sotto i 5000 abitanti e solo come deterrente. Infatti si presentano delle criticità. Nelle città più grandi costa troppo fare tutte quelle analisi, e proprio per una questione di costi non è possibile istituire un gruppo raccolta feci, una sorta di “CSI: scena della deiezione” che sia veramente efficace, quindi è più semplice raccogliere il DNA che raccogliere le deiezioni per farle analizzare. A Napoli ad esempio il progetto si è arenato proprio su questo. Ho idea che nel caso specifico sia maggiore l’effetto deterrente (paura di essere scoperti) più che l’effettiva esecuzione delle analisi, anche perché la raccolta dei campioni va fatta in una certa maniera e con determinate caratteristiche, altrimenti l’analisi non viene precisa. Senza trascurare che la banca dati del DNA andrebbe continuamente aggiornata coi nuovi cani che di continuo arrivano sul territorio e eliminando quelli che vengono a mancare. Una soluzione più efficace è il controllo del territorio, una maggiore civiltà da parte di tutti e una pulizia più costante. A proposito, che fine ha fatto la motoretta che avevamo acquistato proprio per eseguire questo tipo di pulizia? È rimasta anch’essa in dotazione a Settimo?”.
Il punto di vista del Movimento Cinque Stelle: “L’idea della raccolta e utilizzo del DNA canino per colpire i proprietari incivili è sicuramente interessante, pensato ad integrazione di un progetto più ampio che passi per l’educazione o rieducazione dei proprietari verso un comportamento più civile e rispettoso per l’ambiente. Come per l’abbandono dei rifiuti, un modo immediato per inculcare nella testa dei trasgressori è colpirli nel portafoglio con azioni attente e incisive, affiancato come dicevamo prima ad un lavoro più lento e corposo sul territorio, nelle scuole ed in tutti i modi possibili. Ricordiamo che l’azione di controllo e sanzione nei confronti anche dei proprietari che non lavano le minzioni degli animali è altresì importante, come per le deiezioni, per una questione di pulizia, decoro e anti-diffusione di malattie. Il pensiero e la riflessione va ai costi di un’operazione di raccolta del DNA canino, perché purtroppo la questione economica va considerata in tutti i campi, anche in quelli ove è sacrosanto intervenire. È complessa nella fattibilità, perché il lavoro di catalogazione è immenso e forse è proprio quello il punto debole dell’operazione, pur considerando i costi dei kit analisi DNA che paiono non eccessivamente costosi. Concludendo rimaniamo dell’idea che è un metodo valido ma dobbiamo considerare l’enorme difficoltà nella messa in pratica, le buone idee non si bocciamo mai ma riteniamo serva una riflessione e un approfondimento doveroso”.
Il commento del consigliere comunale Luigi Chiappero (Ricominciamo per Caselle): “Sulla questione degli animali domestici, la questione è complessa. Ma iniziamo a parlare dell’esistente: l’area cani funziona? No. È ben tenuta? No. Viene utilizzata? Talvolta. Quindi, forse, qualunque tipo di azione che decide di intraprendere l’amministrazione, prima di investire dei soldi pubblici (che sono di tutti noi cittadini) deve valutare se poi ha le risorse per mantenerle e per renderle funzionanti, anche con l’affidamento di servizi ad Associazioni. Ad oggi l’unica azione intrapresa non sembra che stia andando nel migliore dei modi. Tranne ovviamente la foto di inaugurazione dove erano tutti raggianti. Prendere il DNA delle feci dei cani? Sì, utile, ma iniziamo a rendere funzionanti e agibili i bagni pubblici per gli umani, e ad avere una illuminazione che funzioni e non intere vie al buio saltuariamente”.