Di recente pubblicazione, il libro “Monastero di Lanzo – La parrocchiale e il suo patrimonio d’arte”, di Gian Giorgio Massara e Angelo Mistrangelo, con Domenico Cabodi, Marilina Di Cataldo, Leonardo De Luca ed Enrico Bo, illustra l’architettura della chiesa -dedicata a Sant’Anastasia e affiancata dal campanile romanico- del piccolo comune montano e mostra le opere d’arte custodite nell’edificio.
“Questo modesto agglomerato di case sembra aver preso il nome da un monastero dell’ordine dei Benedettini che sorgeva proprio in quel luogo” scrive Bo mentre, oltre a delineare la storia locale, traccia un ritratto di Don Remo Ghignone, parroco del paese per quarantacinque anni e committente delle opere sulla vita di Gesù, realizzate su sei pannelli metallici da Giancarlo Aleardo Gasparin.
Cabodi ripercorre, dal XII secolo, le vicende costruttive della chiesa, attraverso i restauri del 1560, del 1610 e le nuove edificazioni settecentesche e novecentesche.
Fra le opere più antiche presenti all’interno, l’ancona dell’altare maggiore (in stile barocco piemontese con colonne tortili) raffigura il Bambino che offre a Sant’Anastasia la palma del martirio, sotto lo sguardo della Vergine.
Della stessa mano risultano le colonne tortili che incorniciano l’altare delle “Anime del Purgatorio con la Sacra famiglia e i Santi”; la tela di più lontana datazione (Seicento) rappresenta invece “San Francesco di Sales” nella sua iconografia classica.
Gasparin, abile ritrattista allievo di Sergio Tappero Merlo, Mario Caffaro Rore e Gregorio Calvi di Bergolo, ha frequentato l’atelier di Ottavio Mazzonis e ha esposto presso il Circolo degli Artisti, la Promotrice delle Belle Arti di Torino e in ulteriori prestigiosi spazi pubblici e privati. “Coerenza stilistica e ricchezza di contenuti dottrinali, emozionali ed estetici sono i pregi della pittura sacra di Gasparin” (De Luca).
La scena della “Natività”, in cui è presente un vassoio con pani e una trasparente brocca, “testimonia l’amore che Gasparin nutre per il mondo delle Fiandre” (Massara) e infatti “Gli abiti dei personaggi, la paglia della mangiatoia, le pecore nelle parti più basse della lunetta, sono più veri del vero” (Di Cataldo).
La propensione dell’autore per le nature morte si evince altresì nella “Moltiplicazione dei pani e dei pesci”, ove emergono “l’immagine ieratica e sorprendentemente imponente di Cristo espressa con meditata modulazione cromatica, con distaccata serenità e un segno che diviene testimonianza del fatto liturgico” (Mistrangelo).
Intima e misurata, la “Sacra Famiglia” è descritta per mezzo di una placida quotidianità; pacato appare inoltre il Cristo posto al centro della “Crocifissione”, mentre i personaggi intorno alla sua figura sono maggiormente caratterizzati dall’espressività emotiva. Il corpo di Cristo è anatomicamente perfetto, le mani stesse –giustamente ferite ai polsi- trattengono un ultimo guizzo di vita, i legni del “patibulum” ha luminescenze quasi auree.
Il libro rammenta dunque come si possano trovare raffinate opere artistiche finanche in territori discosti dai grandi centri urbani e in piccoli, preziosi, caratteristici borghi che meritano di essere visitati.
Dipinti religiosi in Valle
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