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martedì, Ottobre 15, 2024

    Folon e la macchina per scrivere

    Una mostra a Ivrea


    Jean-Michel Folon
    “Manifesto Lettera 32 – Olivetti per tutti”
    1968-69

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    La mostra “Olivetti e l’arte: Jean-Michel Folon” al Museo Garda di Ivrea s’inserisce in una serie di esposizioni successive che mirano a valorizzare e rendere fruibile al pubblico la “Collezione Olivetti” (oggi proprietà di TIM), raccolta di centinaia di opere d’arte acquisite dall’impresa eporediese a partire dal Secondo dopoguerra.
    Ognuna delle mostre (quella attuale è la seconda), nate dalla collaborazione tra le due aziende, in sinergia con Museo Civico, Comune di Ivrea e Associazione Archivio Storico Olivetti, sarà accompagnata da un catalogo.
    Nel centro della “città industriale del XX secolo”, Sito Patrimonio Mondiale UNESCO, fra le collezioni del Museo Garda l’esposizione dedicata all’artista belga si apre con alcuni carteggi tra Giorgio Soavi -intellettuale assunto da Adriano Olivetti per occuparsi dell’immagine aziendale- e Folon (1934-2005), introdotto nell’organizzazione dallo scrittore che gli affida nel 1965 il primo incarico: lo studio del manifesto per la macchina da scrivere “Lettera 32”. Dai disegni di Folon deriveranno numerosi oggetti regalo, gadget e pubblicazioni.
    I personaggi raffigurati dal pittore sono sempre “esseri” circondati da una realtà enorme rispetto a loro: l’interazione fra uomo e ambiente si svolge inoltre attraverso connotazioni surreali, in un’atmosfera di delicate cromie all’acquerello.
    L’autore non intende tuttavia rappresentare un’esistenza priva di preoccupazioni: “L’umorismo è il rifiuto di parlare tragicamente di cose tragiche”.
    Una rivista d’epoca, in mostra, chiarisce: “[…] Folon racconta la storia dell’omino, disorientato dal nostro mondo moderno. Anonimo in mezzo alla folla, una specie di robot travestito da uomo, così indistinto da poter essere chiunque, o per essere più precisi, sia tu sia io. […] L’ometto di Folon, impacciato fra tutte le sue frecce, sta cercando di trovare la sua strada in un universo implacabile; se ne sta lì, solo ma imperturbabile, con indosso un cappello privo di fantasia. Forse è smarrito e disorientato, ma da qualche parte al di là del labirinto e dei bastioni della città impersonale c’è sempre un raggio di speranza inaspettato. A modo suo, Folon è un profeta. Ricorda all’uomo che la sua vocazione è spiritualizzare il mondo. Lo dice dolcemente, con una punta di malizia, per nascondere la sua intelligenza; grave, con un sorriso che potrebbe servire a trattenere le lacrime”.
    Nel 1967 viene pubblicato un piccolo album dal titolo “Le Message”, in cui il protagonista, in una città vuota, tenta di comunicare attraverso il lancio di un messaggio cartaceo in forma di aereo. Grazie a un’idea di Soavi, la storia diventa presto un breve film animato.
    Nel 1969, sotto la direzione pubblicitaria di Renzo Zorzi, nasce la prima “agenda Olivetti”, illustrata da Folon; le agende, prodotte altresì nei decenni successivi, contengono opere di artisti contemporanei perlopiù realizzate appositamente e quindi acquistate dall’azienda.
    Nelle dodici figurazioni del pittore, i personaggi vengono indirizzati da imponenti frecce a compiere scelte spesso contrastanti, si trovano immersi in geometrici, incombenti e desolati contesti urbani mentre risultano afflitti dall’incomunicabilità e dall’incapacità di comprendere la propria epoca.
    Parte dell’esposizione presenta il grande pannello pubblicitario posizionato nella metropolitana di Londra (1975) e dunque vengono delineate le mostre monografiche su Folon organizzate all’estero da Olivetti.
    Fra gli omaggi natalizi prodotti dall’azienda, figurano “libri strenna” illustrati: all’acquarellista sono commissionate opere per “La metamorfosi” di Kafka e “Cronache marziane” di Ray Bradbury.
    Ulteriori manifesti, cartoline e oggetti concludono un’esposizione che rievoca un recente passato, in cui un imprenditore canavesano che aveva a cuore non solamente il proprio profitto bensì la cultura e i temi sociali contribuì a diffondere nel mondo il nome del nostro Paese, generando inoltre un patrimonio urbanistico oggi degno di tutela.

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