Con una terminologia introdotta a fine 2020 dai burocrati del Ministero della Transizione Ecologica, per “sito orfano” si intende un’area potenzialmente contaminata per la quale il responsabile dell’inquinamento o non è individuabile, o, comunque, di fatto non provvede, in genere per via del fallimento dell’attività, agli adempimenti di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale. In tali casi l’onere degli interventi sostitutivi passa in carico alla pubblica amministrazione.
L’ormai ben noto Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), fra i suoi mille rivoli, per la bonifica dei siti orfani ha stanziato 500 milioni di euro (misura M2C4, investimento 3.4).
Il PNRR prevede, in particolare, l’adozione di un Piano d’azione che individui, in collaborazione con le Regioni, i siti orfani su cui indirizzare gli interventi. Obiettivo la riqualificazione di almeno il 70 % della superficie del suolo inquinato in tali siti. L’obiettivo è da raggiungere entro il primo trimestre del 2026.
Con decreto del 22 novembre 2021 il Ministero della Transizione ecologica ha approvato un elenco di oltre 260 siti, individuati dalle Regioni. Per il Piemonte l’elenco include 13 siti, fra cui alcuni molto vicini a noi (due i siti in Comune di Ciriè: ex Interchim di località Borche e Strada Crotti).
Nell’elenco non figura purtroppo il “nostro” sito orfano, quello di Metalchimica, ex insediamento industriale di Strada Grangiotti 64. Un sito recintato di oltre 11.000 mq, nella campagna a nord dell’abitato di Caselle, a 1900 mt dal centro città; a 1100 mt dall’aeroporto.
Per chi non la conoscesse, la storia di questo sito è riassunta brevemente nella scheda qui sotto allegata.
Una storia ancora monca di un lieto fine, visto che, a distanza di oltre vent’anni dalla fine dell’attività industriale, un intervento definitivo che consenta il recupero di quell’area è ancora di là da venire.
Abbiamo chiesto al sindaco Marsaglia di spiegare come la sua amministrazione intenda procedere, visto che nel Consiglio Comunale di fine luglio ha fatto una prima mossa facendo approvare una variazione di bilancio che per Metalchimica stanzia 80.000 euro per spese professionali. Il sindaco Beppe Marsaglia: “A luglio si era aperto un piccolo spiraglio che faceva sperare di poter rientrare in extremis negli interventi di bonifica coperti dal PNRR. Ma così non è stato: nell’incontro che ho avuto in Regione a inizio agosto con i funzionari preposti ci è stato detto che era troppo tardi per rientrare. L’incontro è però stato molto utile per riallacciare i rapporti, interrotti da 10 anni, e aggiornarli sulla situazione del sito. Ci hanno chiesto innanzitutto di procedere a un intervento di pulizia dai rovi, che impediscono ai tecnici ARPA l’ingresso nel sito. Poi, con i soldi che adesso abbiamo stanziato, integreremo i pozzetti che consentono di effettuare i campionamenti sulle acque di falda, e che adesso sono solo a valle del sito potenzialmente inquinante, inserendone qualcuno anche a monte, in maniera da poter stimare per differenza l’effetto della presenza di Metalchimica. Altra cosa importante da capire, la natura dei rilasci inquinanti eventualmente ancora presenti: sapere di quali sostanze e se siano volatili ci consente di capire se ad esempio un intervento di messa in sicurezza tramite tombatura sia accettabile, o se invece servirà una bonifica, che ha costi di un ordine di grandezza superiore. Con questi elementi in mano, tradotti in studio di fattibilità, convocheremo una Conferenza dei Servizi con Regione, Città Metropolitana e ARPA per condividere il percorso da seguire. Questa la strategia che abbiamo condiviso con i funzionari regionali”.
Breve cronistoria del sito ex Metalchimica
Una volta si chiamava la Ruata.
Anche se immerso nel verde della campagna, il sito aveva, fin dal 700, una destinazione manifatturiera, grazie anche alla presenza, sul lato nord dell’insediamento, del Canale dei Molini, che garantiva la forza motrice: prima battitoio di carta, poi, a metà 700, pista da canapa; nel 1770, filatura. Venendo al secolo scorso, negli anni 50 e 60 era presente nel sito la ditta L.A.S. Lavorazione Artigianale Sugheri
Arriva la Metalchimica.
Verso la fine degli anni ’60 il sito industriale venne acquisito dal sig. Baroni Ugo, che lo utilizzò inizialmente come deposito per la sua ditta, che aveva sede a Torino e si occupava della produzione di plastificanti per l’industria. Quando l’azienda si trasferì completamente a Caselle, si specializzò nel trattamento, per conto terzi, del glicole, liquido usato come solvente e come anticongelante per radiatori.
Declino e fallimento dell’azienda.
Dopo la morte del titolare, nel 1991, la ditta prosegue l’attività per una decina d’anni, ma con crescenti problemi di natura sia economica che gestionale. L’azienda cessa l’attività quando il tribunale di Torino, con sentenza in data 17/07/2001, ne decreta il fallimento.
Il subentro del Comune e la prima messa in sicurezza.
A ottobre del 2001 un rapporto dell’ARPA Piemonte rileva una situazione molto preoccupante all’interno del sito per la presenza di ingenti quantitativi di reflui di produzione all’interno di serbatoi e fusti in precarie condizioni di tenuta. Ricevuta la relazione ARPA, il sindaco di Caselle, prof. Rosito, intima alla proprietà di provvedere alla messa in sicurezza e bonifica dell’impianto. Ma la ditta è ormai fallita. Il Comune a quel punto subentra in sostituzione del soggetto inadempiente, e utilizza un suo credito nei confronti dell’azienda per rilevare, all’asta fallimentare, la proprietà immobiliare del sito. Impianti e macchinari vengono nel frattempo ceduti dal curatore fallimentare. Il Comune di Caselle, nella sua nuova veste di proprietario, nel luglio del 2002, con sindaco Marsaglia, chiede ed ottiene dalla Regione Piemonte un contributo di 1,1 milioni di euro per la messa in sicurezza d’emergenza, la caratterizzazione del sito e la progettazione della bonifica. Le operazioni di messa in sicurezza d’emergenza, con allontanamento dal sito di circa 1325 tonnellate di rifiuti, si concludono nel maggio 2003. Il sito ex Metalchimica viene inserito nell’anagrafe regionale dei siti inquinati: con numero d’ordine 0825, va a tener compagnia ad altri 1800 circa siti piemontesi in attesa di intervento. Fra il 2006 e il 2008 il Comune di Caselle spende circa 80.000 euro per attività di monitoraggio delle acque sotterranee affidate alla ditta SEA Ambiente.Fra 2009 e 2010, cambio di consulente: entra in gioco la Geostudio di Torino, a cui il Comune affida incarichi di progettazione preliminare della bonifica, con spesa di circa 37.000 euro.
La “seconda” messa in sicurezza: via l’amianto e le morchie oleose.
In attesa dello stanziamento dalla Regione dei milioni di euro necessari per fare la vera e propria bonifica di terreno ed acque sotterranee, a settembre 2012 il Comune di Caselle stanzia 350.000 euro, per operare un primo stralcio: esso consiste nella rimozione di lastre in amianto, provenienti in prevalenza dalle coperture dei fabbricati in parte crollate, e di morchie oleose. I passi per arrivare ad appaltare questi lavori sono piuttosto tormentati, tant’è che passano diversi anni. La rimozione di amianto e morchie oleose viene svolta infatti dall’impresa Intereco di Guidonia, vincitrice della gara, nell’inverno 2016-2017, sotto la direzione lavori di Geostudio.