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martedì, Aprile 29, 2025

    Tra incudine e martello

    Manovre russe nell'Adriatico e la minaccia turca

    Tra i mesi di luglio e agosto s’è intensificata l’attività russa nel Mediterraneo centrorientale, sino all’Adriatico. Sfilate dall’operazione “Irini” (embargo aeronavale europeo principalmente d’armamento da e verso la Libia), le due fregate italiane “Bergamini” e “Marceglia” hanno iniziato a “marcare”, nella metafora calcistica, rispettivamente il cacciatorpediniere “Tributs” e l’incrociatore “Varyag”; mentre gli aerei P72 dell’Aeronautica militare osservavano dai cieli, il sommergibile “Longobardo” fotografava dal di sotto della linea di superficie, senza farsi accorgere, la fregata “Grigorovich” e il Tributs . «Sono state le forze italiane a prendere le contromisure […] Una reazione fluida, da manuale, ordinando quella che viene chiamata “un’operazione di ricerca” […] Insomma, non le abbiamo mollate un attimo.», ha fatto sapere Supermarina.
    La corposa presenza russa nel Mediterraneo ha due scopi: il primo è quello di garantirsi le rotte commerciali con i Paesi non aderenti all’embargo – sempre via Suez – adesso che la navigazione s’è allungata con la chiusura del Bosforo alle unità militari e l’approdo nel “mare nostrum” è obbligatoriamente via Gibilterra; il secondo scopo è premere sull’emisfero Nato. Dal 2017, anno nel quale terminarono i lavori di ristrutturazione del siriano porto di Tartus, concesso alla Federazione russa per mezzo secolo e già base navale sovietica, insieme con la presenza aeroterrestre in Cirenaica dal 2019-20, l’attività russa nel Mediterraneo s’è intensificata. Nel Mediterraneo centrale come in Cirenaica, i russi presenziano: «Non per minacciare Roma, quanto per compiere un altro passo verso il sistema di basi Usa e alleate presenti in Sicilia (Sigonella, Niscemi e Augusta) e nel resto del Sud Italia, che rappresentano l’architrave delle capacità americane di controllo del nostro mare e delle terre che vi si affacciano». La specifica azione ionico-adriatica intendeva per un verso indispettire la portaerei statunitense “Truman” e osservarne la reazione; per un altro – al momento solo ipotetico – comprendere se possibile usare quel mare come piattaforma di sparo dei missili Kalibr sull’Ucraina. Se la Russia tenta di tornare al prestigio bipolare o qualcosa di somigliante, alla stessa stregua anche la Turchia, per quanto in una dimensione regionale, mira a darsi nuovamente un’immagine imperiale. Tener presente che nonostante il rischio realistico d’incidenti «vicino casa» a causa delle manovre russe, il rivale più considerevole e gravoso per l’Italia nel Mediterraneo resta la Turchia. I neo-ottomani nutrono grandi ambizioni nel Mediterraneo orientale e in quello centrale, inibendo in maniera illegale l’attività esplorativa altrui nelle acque cipriote e anelando a dominare il Canale di Suez. Al pari di quanto fanno in Tripolitania, con una presenza fisica politico-militare volta ad orientare il governo tripolino e addestrare le forze armate libiche e infine nei Balcani, regione nella quale i turchi s’espandono “alla cinese”, offrendo servizi di varia natura. Insomma, tutto molto vicino a noi
    . A differenza dei russi, i turchi mirano a “turchizzare” le province che annettono e si giovano dell’Islam per produrre consenso e favorire l’indignazione altrui. Abilissimi nel generare reazioni scomposte con la provocazione politico-diplomatica – si veda quella greco-egiziana del 2019, quando la Turchia dichiarò una zona economica esclusiva di propria competenza fra Tripoli ed Ankara –, come d’attirare sul proprio terreno di battaglia preferito i nemici: nella guerra libica contro Haftar, Egiziani ed Emiratini, i Turchi si finsero annichiliti per un momento, lasciando avanzare il nemico per poi fulminarlo giunto a tiro dei formidabili velivoli telepilotati Bayraktar Tb2. Con Erdogan, i Turchi si stanno dimostrando maestri nel destabilizzare l’Europa e l’Italia con azioni al di sotto della soglia di guerra, come la “minaccia migratoria” sia da Oriente (Siria) che dal Nordafrica (Libia) – in questo secondo caso il fine è quello di “buttar fuori” dal “tappeto di lotta mediterraneo” una rivale come l’Italia – e ambigui nella condotta verso la Russia sul Bosforo e i Dardanelli. Per tacere del finanziamento d’innumerevoli moschee di perlomeno dubbio fine in Europa, da ormai una decina d’anni.

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