Nativo di Montalto Dora, Salvator Gotta (1887-1980) ci ha lasciato una produzione sconfinata e che soprattutto le generazioni degli ultrasessantenni hanno avuto modo di conoscere: in particolare il mitico Piccolo alpino (tra sue opere più famose) quasi imposto ai tempi in cui ancora i banchi di scuola erano in legno massiccio, doppi e in un’unica struttura.
Oggi la scrittrice Luciana Banchelli ci aiuta a rivivere quei tempi con la sua antologia dedicata alla scrittore piemontese, con una ricca panoramica che contestualizza racconti e romanzi ponendone in evidenza i loro legami con Ivrea, Canavese a Valle d’Aosta.
Il libro, edito da Pedrini ci consente di effettuare un piacevole viaggio in un tempo che non c’è più, continuando comunque a offrirci spunti poetici e sociali per una riflessione sulla letteratura del secolo passato, quando ancora – negli anni in cui Gotta scriveva – potevano essere evidenti riverberi di un romanticismo fatto di sentimenti e valori destinati a passare in secondo piano, forse giustamente (?), con l’avanzare della cultura di un realismo più “duro” e calato nel sociale.
Appartenente alla borghesia locale (era figlio di un magistrato) il giovane Salvatore (mutò in seguito il nome il Salvator) si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza di Torino, entrando in contatto con gli ambienti letterati torinesi che ebbero in Arturo Graf un punto di riferimento. Ciò gli consentì di conoscere numerosi intellettuali, legandosi in particolare a Guido Gozzano, che fu suo compagno di studi.
Dopo la laurea trovò lavoro presso un avvocato di Ivrea, avendo però un piede nella letteratura, come attesta la sua assidua collaborazione con vari periodici, tra i quali Il Marzocco e La Lettura. Ma alle sue spalle aveva già una prima formante esperienza con la raccolta di novelle Prima del sonno, pubblicata nel 1919 dall’editore milanese Baldini e Castoldi.
Da quel momento la sua attività letteraria fu un continuo crescendo, che dagli Anni Venti gli consentì di dedicarsi quasi totalmente alla letteratura, pubblicando praticamente almeno un romanzo all’anno.
Membro della Società degli autori, fu tra gli estensori della prima legge sul diritto d’autore.
Da ricordare la sua attenzione per la letteratura dedicata all’infanzia, in cui spicca il già citato Piccolo alpino, un best seller che venne portato al cinema nel 1940 e in televisione nel 1980; tra gli altri titoli del genere: L’altra guerra del piccolo alpino (1935) e Il piccolo legionario in Africa Orientale (1938).
Gotta operò anche nel cinema, come sceneggiatore e autore dei dialoghi, tra l’altro in pellicole molto famose in quei tempi: Cavalleria (1936), Addio giovinezza! (1940) e La fuggitiva (1941).
Ma anche dai suoi romanzi furono tratti soggetti per il cinema: una forma d’arte con cui Salvator Gotta, malgrado i risultati ottenuti, non considerò mai positivamente.
Nell’antologia realizzata da Luciana Banchelli ovviamente ha trovato posto solo una piccola parte della grande produzione di Gotta, ma indubbiamente il corpus raccolto è in grado di offrire al lettore di oggi una variegata panoramica su un autore che forse meriterebbe di essere riscoperto e studiato, soprattutto per l’attenzione rivolta al Piemonte e alle terre confinanti.
Luciana Banchelli, Antologia Salvator Gotta, Edizioni Pedrini, Aosta 2022, pag. 160, Euro 15,00.