Chissà come si rivolsero a Emma Strada (1884-1970), la prima donna a laurearsi in ingegneria? Si usò sempre il maschile o già allora si scelse una soluzione politicamente corretta?
In fondo ingegnere o ingegnera è poco importante al cospetto della biografia di questa giovane torinese che seppe affermarsi in un mondo dominato dai maschi.
Diciamo che era figlia d’arte, infatti il padre, Ernesto, era ingegnere civile con un proprio studio a Torino. Lei frequentò il liceo classico “Massimo d’Azeglio” e dopo la maturità si iscrisse al politecnico della sua città, laureandosi in ingegneria civile, era il 5 settembre 1908.
Ricordiamo che nel nostro Paese, le donne furono ammesse all’università al pari degli uomini solo dal 1874 e già tre anni dopo venne conferita la prima laurea a una donna, Ernestina Paper, in medicina; seguirono poi anche le prime lauree in lettere, scienze, giurisprudenza. Ma fino al 1908 nessuna donna si era mai laureata in ingegneria.
Dopo la discussione della tesi la commissione fece attendere Emma per oltre un’ora; la motivazione non era dovuta alla valutazione, ma alla definizione da adottare: ingegneressa o ingegnere? Si restò sull’ambiguo, ma ottenne il massimo dei voti, classificandosi terza su oltre sessanta studenti.
Così “La Stampa” due giorni dopo: “Emma Strada, sabato scorso, al nostro Istituto Superiore Politecnico ha conseguito a pieni voti la laurea in ingegneria civile. La signorina Strada è così la prima donna-ingegnere che si conti in Italia e ha appena altre due o tre colleghe all’estero”.
Fu un risultato di notevole livello se si considera il periodo e soprattutto la tipologia della laurea, ritenuta “non femminile”, secondo lo stereotipo che, non solo allora, considerava le donne poco avvezze alle cose tecniche e tecnologiche.
Ed Emma Strada seppe rivelare l’infondatezza di questo stereotipo. Infatti operò in varie località italiane dimostrando di non avere nulla da invidiare ai colleghi maschi e suscitando un certo stupore tra le maestranze impegnate nei vari cantiere in cui fu attiva.
La sua prima realizzazione fu la progettazione della galleria della miniera di Ollomont, situata in Val d’Aosta; dopo l’esperienza in Italia del Nord, si trasferì al Sud per un paio d’anni, operando soprattutto in Calabria dove fu artefice della progettazione e realizzazione della funicolare di Catanzaro e in seguito della costruzione di un ramo dell’acquedotto di quella regione.
Ebbe anche incarichi accademici: per alcuni anni fu assistente del professor Luigi Pagliani, docente e direttore del Gabinetto di Igiene Industriale presso l’Università di Torino.
In seguito ritornò a occuparsi dell’ingegneria mineraria, realizzando il progetto e seguendo le attività di scavo della miniera d’oro situata nei pressi di Macugnaga.
Al suo impegno professionale affiancò quello per la giusta valutazione del lavoro femminile nell’ambito della scienza e della tecnologia, fondando, nel 1957, l’Associazione Italiana Donne Ingegnere e Architetti (AIDIA), di cui fu la prima presidente.
Nel mese di giugno di quest’anno, la Sala Ex Consiglio di Facoltà del Politecnico di Torino è stata intitolata a Emma Strada.
Emma Strada, la prima “ingegnera” d’Italia
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