Presso il Museo Garda, a Ivrea, si è inaugurata l’esposizione “Astrattismo e informale nella Collezione Olivetti e nella Collezione Civica”, di cui progetto e coordinamento scientifico si devono a Paola Mantovani e Marcella Turchetti mentre organizzazione, coordinamento della mostra e progettazione dell’allestimento sono a cura di Costanza Casali.
L’esposizione, la quinta (e penultima) del ciclo “Olivetti e la Cultura nell’impresa responsabile” -iniziato nel 2021 con un accordo tra Comune di Ivrea, Associazione Archivio Storico Olivetti, Olivetti S.p.A. e TIM S.p.A.-, pone a confronto opere, realizzate tra gli anni Cinquanta e gli anni Novanta dello scorso secolo, appartenenti alle collezioni Olivetti e Civica.
La prima delle due raccolte artistiche si sviluppò quando Adriano Olivetti si pose l’obiettivo di creare una galleria di arte contemporanea italiana, idea che purtroppo non si concretizzò a causa della prematura morte dell’imprenditore nel 1960.
La Collezione Civica nacque invece negli anni Sessanta grazie a Vittorio Falletti, funzionario dell’Ufficio d’Arte e di Estetica, pittore, scrittore e collezionista, e a Giuseppe Maria Musso, Cancelliere di Pretura e inoltre direttore artistico del Teatro Civico, giornalista, drammaturgo e gallerista.
Opere di Picabia, Kandinskij, Mirò e Balla accolgono i visitatori della mostra, mentre figure e animali di Luigi Spazzapan muovono al sorriso l’osservatore attraverso un “rabesco misto con l’espressione”.
Al termine della prima sala, s’incontra la “Figura di donna” in terracotta di Sandro Cherchi: l’opera, negli anni Sessanta, abbelliva gli edifici olivettiani eporediesi -funzione definita da Olivetti altresì per le ulteriori opere d’arte-; dapprima posta in un salotto d’attesa nel Palazzo Uffici, la scultura fu quindi spostata nell’atrio d’ingresso dell’edificio dei Servizi Sociali.
La commissione incaricata dal lungimirante industriale per l’acquisizione delle opere era formata da Geno Pampaloni, Carlo Ludovico Ragghianti e Giuseppe Raimondi; dei dipinti riuniti da Ragghianti per un’importante esposizione del 1955, numerosi confluirono nella collezione aziendale e sono visibili in mostra: le firme sono di Redento Bontadi, Enzo Brunori, Piero Dorazio, Mario Lattes, Alvaro Monnini, Emilio Scanavino, Sergio Vacchi e Mattia Moreni (presente con un grande olio su tavola, unico elemento superstite di una composizione murale che decorava il Palazzo Olivetti di Milano).
Vengono dunque proposti focus su vari autori, tra cui: Tancredi Parmeggiani, Giovanni Korompay, Giuseppe Capogrossi, Andrè Bortoli, Filippo Scroppo (firmatario del Manifesto del gruppo torinese di Arte Concreta), Piero Ruggeri, Walter Ballmer, Mauro Maulini e il messicano Pedro Coronel; si possono inoltre ammirare svariate opere di Toni Arch.
Sono presentate altresì lettere provenienti dagli scambi epistolari di Giorgio Soavi con Capogrossi e Hans Hartung.
Gli artisti finora citati costituiscono tuttavia solamente una parte dell’esposizione, che si amplia in maniera variegata, illustrando una significativa stagione della cultura italiana che si allontana dal figurativo.
Annibale Biglione
“Composizione Astratta 1”
1959
Tempera su tavola