Il flusso migratorio dei ticinesi, costituito da gruppi di costruttori e artigiani provenienti dal comasco, luganese e campionese, anche conosciuti come gli Artisti dei Laghi (valli e terre rivierasche site tra la sponda sinistra del Verbano e la sponda destra del Lario, comprendente il lago Ceresio), affonda le radici in un passato assai remoto che viene fatto risalire ai Maestri Comacini (di cui si hanno testimonianze già dai sec. VII-VIII). Fenomeno questo, dovuto indubbiamente a ragioni geografiche ed economiche che assume le caratteristiche di “emigrazione professionale ed artistica di massa” documentata a fine Quattrocento nei centri urbani di molte regioni italiane. Sono gruppi di mastri da muro, scalpellini, stuccatori, marmorari, fornaciai, ingegneri che hanno lasciato le terre d’origine per cercare nuovi sbocchi lavorativi: non un qualsiasi lavoro, ma quello per il quale sono specializzati! Sono figure istruite (sanno organizzare un cantiere anche sotto il profilo amministrativo e sanno leggere un contratto), con un alto livello di preparazione e competenza e un ricco bagaglio di conoscenze tecniche tramandate da padre a figlio, grazie soprattutto al rapporto continuativo con le regioni natie, poiché “l’allontanamento dai luoghi d’origine non era definitivo, ma stagionale, e il ritorno in patria, oltre a […] rinsaldare i legami familiari, era anche occasione di aggiornamento professionale sulla base di esperienze culturali acquisite” (M.V. Cattaneo, N. Ostorero, “L’Archivio della Compagnia di Sant’Anna dei Luganesi in Torino”, Torino, 2006).
Nel 1619 Carlo Emanuele I di Savoia promulga le Costituzioni con l’obiettivo di organizzare le strutture corporative nel ducato; e i maestri luganesi sono già strutturati in corporazioni di piccole imprese familiari che custodiscono gelosamente il loro sapere: circostanze queste che li fanno apprezzare oltre i confini ticinesi, nelle più importanti corti europee. Nel 1636 viene concessa alla Compagnia di Sant’Anna dei Luganesi -che raccoglieva architetti, stuccatori, pittori e artisti provenienti da Lugano e Milano- la seconda cappella a sinistra nella chiesa di San Francesco d’Assisi a Torino, che già ospitava cappelle commissionate da alcune corporazioni professionali e di mestiere come quelle degli avvocati, dei sarti, degli speziali.
Nel corso del Sei e del Settecento i Luganesi sono protagonisti in importanti cantieri del ducato sabaudo (Palazzo Reale, Palazzo Madama) e di grandi cantieri ecclesiastici.
Ai famosi nomi ticinesi dell’architettura italiana quali Fontana, Maderno, Borromini, Longhena, se ne affiancano altri meno noti -ma non per questo meno abili- che hanno realizzato capolavori. L’elenco sarebbe piuttosto lungo, ma basti pensare che nel cantiere di Amedeo di Castellamonte alla Reggia di Venaria Reale hanno partecipato maestranze luganesi: i mastri da muro e di pietra Gio Batta Piscina e Carlo Busso, lo scalpellino Deodato Ramello -e anche attivi con l’architetto e scultore Bernardino Quadri al castello del Valentino-; i capomastri e stuccatori Antonio e Francesco Avanzini di Curio sono gli autori degli stucchi dell’ Eremo dei Camaldolesi a Lanzo, su progetto di Francesco Lanfranchi.
Bernardino Quadri tra il 1653 e il 1655 progetta e realizza l’altare maggiore e gli stucchi del coro nella chiesa di S. Carlo.
Il capomastro Giovanni Battista Sanbartolomeo contribuisce alla realizzazione degli stucchi nella cappella di S.Anna dei Luganesi; esegue gli ornati del Duomo di Carignano e coadiuvato da Gian Battista Bettino “ambi di Lugano”, su incarico di Benedetto Alfieri, mette in opera il restauro degli stucchi delle volte e degli interni della basilica del Corpus Domini. La presenza dei Ticinesi sul territorio torinese continua ad essere molto forte ancora tra i sec XIX e XX: Giacomo Brignoni (diplomatosi alla Accademia Albertina di Torino), vince la medaglia d’oro all’Esposizione di Torino dl 1884; il pittore Ovidio Fonti esegue il restauro degli affreschi nella chiesa di S. Martino a Ciriè, nella chiesa di S. Domenico a Torino e dell’Abbazia di S. Antonio di Ranverso. Queste grandi maestranze hanno lasciato la loro firma anche su grandi e piccoli capolavori nelle provincie astigiane, alessandrine e cuneesi.
Le maestranze ticinesi a Torino
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