Santo Tomaino
Lykos 2017
Predatori e predati, di specie affini oppure differenti, carnefici e vittime, dominatori e sfruttati, che camminano sul filo della sopravvivenza e si appigliano a ogni occasione per guadagnarsi un futuro: richiama questi temi l’esposizione inaugurata a Palazzo Lomellini (Carmagnola) “Homines et lupi”, a cura di Riccardo Cordero, che pone a confronto le opere di Francesco Preverino e Santo Tomaino; sono di Mattia Tomaino i testi nel catalogo che accompagna la mostra.
Occhi diretti verso un ignoto domani scrutano l’incommensurabile oscurità, il nero abisso dell’esistenza, per conservare la vita tra le difficoltà e l’incertezza; un’azione erroneamente valutata può comportare tragiche conseguenze. Non vi è possibilità di far sentire la propria voce e solamente alla luna distante e muta, simulacro d’illusione e speranza, si possono rivolgere le preghiere.
La fame, avvilente condizione, talvolta costringe l’individuo a scegliere fra il proprio e l’altrui respiro, mentre la razzia rimane l’unica occasione per nutrirsi in un freddo territorio che non offre aspettative né opportunità; pare dunque necessario sfidare le armi di chi difende il proprio gregge.
Uomini o lupi? Può definirsi umano chi non ascolta il grido di dolore di un suo simile?
A queste domande si spinge il pensiero di colui che osserva le tavole di grande formato dipinte da Preverino: si può immaginare l’angoscia di chi emigra e affronta un mare buio e minaccioso, enorme massa fluida indistinguibile dal cielo notturno che promette saette, mentre l’uomo trema, in bilico su esigue strutture a stento galleggianti e con un altrettanto scuro presagio nel cuore.
Alla lettura psicologica, l’artista aggiunge concrete visioni di terre quasi raggiunte, figure drammaticamente evanescenti tra i flutti, mani già pallide che s’innalzano isolate, etichette con nomi che indicano punti di mare ormai divenuto sepolcro.
Nero, blu e grigio prevalgono, tuttavia il rosso brillante di alcuni fiori, che sembrano ergersi dall’arenile, evoca nel contempo tanto la sofferenza quanto gioia e rinascita di chi finalmente approda a prospettive meno tormentose.
Talora da tenebrosi sfondi, talaltra da luminose cromie emergono altresì i lupi di Tomaino, rappresentati quali padroni di un ostile habitat e raffigurati su ampie tele con un uso del colore che valorizza l’impressione della forma anziché tendere a un preciso realismo.
Tra gli sfondi intensi e variopinti, che riecheggiano riflessi dal sapore urbano, le fiere, coraggiose e guardinghe, incedono mentre incrociano lo sguardo del visitatore, oppure vengono colte all’interno del branco. I primi piani dei lupi, eseguiti per mezzo di polpa di cellulosa e pigmenti su cascami di feltro, evidenziano inoltre caratteristiche distintive per ognuno degli animali ritratti.
Seppur differenti per le scelte cromatiche e per i soggetti, i due autori sono accomunati dalla forza espressiva, dal gesto netto e dall’uso dell’arte pittorica nella rivelazione di ardue realtà, spesso sfuggenti o volutamente ignorate, come si può evincere attraverso un ponderato confronto delle loro creazioni.
Francesco Preverino
“Mare del non ritorno”
2011-2012
Tecnica mista su carta incollata su tavola