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giovedì, Maggio 16, 2024

    La riscossa dei vini di montagna

    Cambiamento climatico: l’altro lato della medaglia

    Il fenomeno si era già manifestato con la vendemmia del 2022, con la sua estate così calda. E ora sembra proprio che una nuova era climatica spinga i vini alpini e pedemontani verso una qualità un tempo sconosciuta.

    «Possiamo parlare di rivincita dei vini di montagna – osserva Manuela Fassio, coordinatrice della commissione vitivinicola di Coldiretti Torino – Il cambiamento climatico apre una prospettiva nuova per una viticoltura che ha sempre lottato con le temperature basse e con le difficoltà ad arrivare alla completa maturazione dei grappoli. Oggi i nostri rossi e i bianchi alpini possono giocarsela con tutti gli altri vini raggiungendo alte gradazioni e contenendo l’acidità».

    I vini di montagna sono stati quasi tutti riscoperti e promossi da pochi anni. Si tratta quasi sempre di tenaci produzioni di nicchia o addirittura di scommesse di viticoltori che hanno riscoperto e ripiantato varietà che si ritenevano scomparse. Dal Carema, il nebbiolo che si coltiva nelle pergole sorrette dai “pilun” di pietra all’imbocco della valle d’Aosta, all’antico Avanà della valle di Susa, tradizionalmente presente nella stretta tra Giaglione, Chiomonte ed Exilles; dal Becuet, riscoperto nella media valle di Susa al bianco Baratuciat ultimo ritrovato all’imbocco della stessa valle; dall’Erbaluce delle morene canavesane e dalle uve a bacca rossa della fascia pedemontana tra Frossasco e Pinerolo fino ad arrivare a quel capolavoro di vitigno impervio che è il Ramìe coltivato sui versanti quasi a strapiombo all’imbocco della val Germanasca.

    Tutti questi vini, fino agli anni ‘2000, erano a bassa gradazione, dal sapore acidulo, spogli e di pronta beva. Queste uve antiche venivano mescolate ad altre uve tradizionali piemontesi, come l’uva barbera, per conferire più gradazione. Oggi sono vini che raggiungono i 14 gradi, vini di corpo e da invecchiamento, con qualità da fare invidia ai cugini di Langhe e Monferrato e sono il lato positivo del cambiamento climatico che sta aggredendo ovunque l’agricoltura e che sta danneggiando anche la viticoltura collinare.

    «Stiamo assistendo a una nuova opportunità per l’agricoltura di montagna – sottolinea il presidente di Coldiretti Torino, Bruno Mecca Cici – Un’occasione che non possiamo farci sfuggire. Ma stiamo parlando di una viticoltura che è praticata su terreni che spesso non sono accessibili con i mezzi agricoli, dove lavorazioni e trattamenti devono essere eseguiti a mano e dove le superfici arrivano a 100-200 metri quadrati per vigna, quando va bene». Per accompagnare il nuovo corso di questa viticoltura eroica, Coldiretti Torino propone quindi di «investire più risorse nella promozione delle denominazioni locali e nella conoscenza dell’enogastronomia delle valli ben rappresentata dal sistema degli agriturismi Terranostra di Campagna Amica».

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    Paolo Ribaldone
    Paolo Ribaldone
    Dopo una vita dedicata ad Ampere e Kilovolt, ora dà una mano a Cose Nostre

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