Tra surrealismo e realtà

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Robert Desnos – Joan Mirò
Litografia a colori
dal libro d’artista “Les Pénalités de L’Enfer ou Les Nouvelles-Hébrides”,
1974

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Tra le esposizioni d’arte allestite in Valle d’Aosta e visitabili durante l’estate, le mostre nel capoluogo su Joan Mirò (1893-1983) e Robert Capa (1913-1954) illustrano due protagonisti del Novecento che vissero in modi differenti gli stessi drammatici periodi bellici; ricorrono quest’anno il centotrentesimo anniversario della nascita e il quarantesimo della morte di Mirò e inoltre i centodieci anni dalla nascita di Capa.
Al MAR – Museo Archeologico Regionale (Piazza Roncas, 12), la mostra “Joan Miró. E’ quando dormo che vedo chiaramente” succede alle esposizioni valdostane degli anni 1979, 1999 e 2011 sull’artista. Josep Maria Camps Codina ha curato sia la mostra sia il catalogo (Dario Cimorelli Editore), contenente saggi di Daria Jorioz, Pep Camps, Josep Massot ed Enrique Longinotti.
Dell’opera mironiana vengono maggiormente sottolineati gli aspetti legati al rapporto del pittore con la natura, il connubio fra pittura e poesia e lo spirito antifascista.
Mirò, formatosi all’interno del movimento classicista del Noucentisme ma attratto da Surrealismo e Dadaismo, esprime lo spirito catalano, pur evolvendo il proprio stile dapprima attraverso lo studio delle avanguardie artistiche internazionali, la corrispondenza con amici all’estero, la lettura di poesie e successivamente, a Parigi, grazie ai contatti con autori quali Pablo Picasso, Andrè Masson, Tristan Tzara, Andrè Breton, Ernest Hemingway, Ezra Pound e Henry Miller. Vicino di atelier di Jean Arp, Max Ernst, Paul Eluard e Renè Magritte, Mirò è altresì amico di Alexander Calder; precursore dei “Combine Paintings” di Robert Rauschenberg, la sua serie “Costellazioni” influenzerà l’opera di Jackson Pollock.
Il pittore si affida al disegno automatico surrealista e s’ispira costantemente alle forme naturali di paesaggi e oggetti che traduce in semplificazioni, equilibrismi cromatici e mutazioni di significato, tanto in pittura quanto nella scultura, fino a creare composizioni in cui la rarefazione segnica assume fondamentale valenza espressiva.
Nell’esposizione aostana sono presenti dipinti a olio, sculture in bronzo e tredici “libri d’artista” realizzati in collaborazione con scrittori quali Lise Hirtz, Renè Char, Tzara ed Eluard, tra cui l’illustrazione (1966) di “Ubu Roi”, opera teatrale di Alfred Jarry che ridicolizza i tiranni.
Viene dato altresì spazio all’Esposizione Internazionale di Parigi del 1937 (in piena guerra civile spagnola): nel padiglione della Spagna Mirò è invitato a dipingere “Il mietitore” accanto a “Guernica” di Picasso (risale a poco tempo prima il terribile bombardamento nazifascista della città basca).
La dittatura di Francisco Franco termina con la morte del generale nel 1975: tre anni più tardi viene messo in scena a Barcellona “Mori el Merma”, spettacolo teatrale che celebra la fine del regime e per cui Mirò, rievocando le immagini di “Ubu Roi”, crea manifesto, scenografie e i grandi fantocci visibili al MAR.
Numerosi video arricchiscono la mostra.
Presso il Centro Saint Benin (Via Festaz, 27), nell’esposizione “Robert Capa. L’opera 1932-1954” a cura di Gabriel Bauret, che ha coordinato altresì il catalogo (Silvana Editoriale) in cui i testi sono a firma del curatore e di Michel Lefebvre, si può invece ripercorrere la carriera del grande fotografo di guerra -tra i fondatori dell’Agenzia Magnum- attraverso gli scatti che hanno immortalato eventi fondamentali per la storia mondiale, fra cui la guerra civile spagnola. Durante il conflitto, nel 1937 trovò la morte l’intrepida ventiseienne reporter Gerda Taro (di cui si possono osservare alcuni ritratti), compagna di Capa nella vita e nella professione. Non mancano un’immagine di Ernest Hemingway con i soldati e il celebre scatto “Morte di un miliziano lealista”.
Nel suo primo servizio fotografico (1932), Capa immortala un discorso di Leon Trockij e in seguito coglie i principali avvenimenti socio-politici degli anni Trenta, quindi documenta la guerra sino-giapponese, la Liberazione del Sud Italia e di Parigi, l’ultimo periodo della Seconda Guerra Mondiale, lo sbarco in Normandia, le condizioni post-belliche nell’Europa dell’Est, la nascita dello Stato di Israele  ma altresì sono presenti in mostra gioiose fotografie della Parigi nel Dopoguerra e ritratti di famosi personaggi; gli ultimi scatti di Capa riguardano infine la Guerra d’Indocina, ove nel 1954 una mina interrompe la vita del reporter.
Sono esposti inoltre esemplari delle riviste che pubblicarono i reportage e sono disponibili audio e filmati.
Le mostre presentano dunque forme d’arte differenti ma con riferimenti comuni a temi e periodi storici su cui riflettere nell’attuale epoca di crescenti tensioni sociali.

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