E. C. Tarbell
Across the Room, 1899 ( Metropolitan Museum, New York )
Ricordiamo volentieri la “Genesi Editrice” e Sandro Gros-Pietro per le trascorse pubblicazioni di Pierantonio Milone, valente medico e sensibile poeta della natura. Ne avevamo tracciato un profilo.
Ora Angelo Mistrangelo – con il medesimo Editore, collana Novazioni – scrive la prefazione all’opera di Irene Grazi dedicata al bianco nell’arte.
Per la giovane autrice il “bianco-non colore” è da intendersi come la somma di tutti i colori.
Il critico torinese de “la Stampa” conduce un dialogo – destinato a mutarsi in storia – dal mondo delle Fiandre sino agli scatti fotografici in un discorso che abbraccia la profondità dei silenzi, il valore delle candide pareti e delle tele immacolate citando, via via, Picasso e Cezanne, Hopper e Chagall sino a considerare la mostra allestita nel 2006 a Torino ( palazzo Cavour, “Il bianco e altro e comunque arte” a cura di Achille Bonito Oliva.
Sette sono invece i capitoli, meditati e attentamente “montati”, che la Grazi presenta nell’opera “Il colore bianco nell’arte dall’Ottocento ai giorni nostri”, accompagnandoli con un nutrito gruppo d’immagini che prende avvio dal secentesco Quadro Girato di Cornelis N. Gysbrechts per giungere sino all’anno 2001 ( e oltre ) con la performance Vetroninfea di Sissi.
Ancora al mondo del Nord Europa appartiene la candida parete riflessa nello specchio dipinta da Samuel van Hoogstraten conservata al Louvre; ma il mondo dell’arte corre presto verso Chardin, autore di un candido e materico vaso ( 1740 c ), a Edgard Degas che dipinge giovani Danseuses alla sbarra.
Chi porta il gusto francese oltre oceano nel secolo XIX ? Una signora, Mary Cassat, autore dell’opera Lady at the Tea Table ( 1885 ). Ancora cinque anni e Paul Cezanne dispiega una tovaglia con frutti; tema questo destinato a riscuotere gran fortuna nella Torino del Novecento.
Con le Composizioni suprematiste di Kazimir Malevic si volta pagina: corre l’anno 1918 e l’autore di Kiew inventa opere di carattere geometrico ben presto seguite da Mondrian, Klee ( che abbandona fra i colori due tasselli bianchi, 1923 ) fino a Rothko e Franz Kline.
È la luce a rivelare le quasi bianche Nature Morte di Morandi, ad accogliere i segni di Twombly ( 1957 ), ad adagiarsi sulle pagnottelle di Piero
Manzoni. ( 1961 ).
Puramente geometriche o neutre sono le opere di Robert Ryman mentre il poverista Anselmo inventa la Struttura che beve e Paolini infiamma l’opera Nesso.
Il susseguirsi d’immagini scelte da Irene Grazi è intelligente e conduce il lettore verso la fotografia: stampe alla gelatina d’argento, cromogeniche, cibachrome, a inchiostro legate a nomi quali Gabriel Orozco ( Parachute in Iceland ) Sharon Core che utilizza contemporaneamente alla fotografia l’acrilico e la serie Fatal Insomnia: Andrea, di Robert Gligorov.
Che cosa è dunque il bianco in arte? Un colore che “chiama” altri colori.
L’autrice – vincitrice del Premio “Murazzi” 2023 – così conclude i propri testi:
Il bianco diventa così la purezza, il candore, la ricerca di luce che può essere presenza ma anche assenza, in qualsiasi caso “assoluto”.