“Gergo” è un termine usato comunemente per definire delle varietà di lingua che sono utilizzate da specifici gruppi di persone e che si sono sensibilmente allontanate dalla lingua o dal dialetto parlato normalmente in zona.
Generalmente ogni generazione o gruppo sociale sviluppa delle sue varietà di linguaggio, per il semplice fatto che i vari componenti parlano più spesso “tra loro” che “con gli altri”, oppure perché essi deliberatamente intendono non farsi capire da chi non è parte del gruppo. Sostanzialmente, però, si intende, come gergo vero e proprio, un idioma segreto.
Alcune delle parole appartenenti a un gergo possono comunque, prima o poi, entrare a far parte della lingua corrente, dopo essere state create per il gergo.
Le caratteristiche fondamentali di un gergo sono:
l’uso di una lingua base come può essere il dialetto del posto o la lingua ufficiale; il gergo non ha infatti una sua base indipendente (lessico, grammatica, ecc.), ma deve appoggiarsi a un altro idioma che possiede queste proprietà;
la segretezza: il gergo in senso stretto ha come scopo quello di impedire la comprensione da parte di parlanti estranei al gruppo sociale. Ha cioè una funzione criptica.
In Italia erano parlati numerosi “gerghi di mestiere”, per lo più nati all’interno di comunità di artigiani girovaghi o comunque di emigrati in Italia o all’estero. Molti di questi gerghi, che in genere assommano ognuno a poche centinaia di termini, sono oramai quasi del tutto estinti, soprattutto a causa della progressiva scomparsa dei mestieri fra i quali erano diffusi.
Tali gerghi sono riconducibili alla lingua italiana o a uno dei suoi dialetti, ma non mancano gerghi derivati o collegati a parlate alloglotte.
In Piemonte sono da ricordare i seguenti gerghi anche se sicuramente ne esistevano altri:
• Lingua base: piemontese
la rella, gergo dei ciulin (selciatori) di Graglia (BI);
il gergo dei bottai della Valsesia (VC);
il gergo dei selciatori di Pontecurone e di Castellazzo Bormida (AL),
a castigià, gergo dei muratori di Castellazzo Bormida (AL),derivato dal castigliano/spagnolo imparato dagli emigranti in Sud America; sono attestati anche altri gerghi dei muratori e degli ortolani;
i gerghi dei muratori di Alessandria, Tortona, Casale Monferrato e altri comuni della provincia di Alessandria;
il gergo dei mercanti del Monferrato;
il gianglamènt gergo dei commessi di negozio di Torino.
• Lingua base: patois francoprovenzali
la ruga, gergo dei ruga, cioè dei magnin (stagnini) e poi dei vedrijè (vetrai) della Valle Soana (TO);
il gergo degli spaciafornej (spazzacamini) della Valle Orco (TO);
il gergo degli arrotini della borgata Querio, all’inizio della Valle Soana (TO), miscela dei patois di Frassinetto e Ingria con parole prese anche da italiano e piemontese e termini propri;
il linger, gergo dei marghé (margari) di Usseglio (TO);
il dzargo dei spazzacamini di Rhemes e Valsavarenche (AO);
il djerc dei calzolai e segantini di Ayas (AO).
• Lingua base: patois occitani
il grapiet degli arrotini (amolaires) di Bellino, degli canapini (brustiaires) di Ostana e della Valle Po e dei raccoglitori di capelli (chabeliers) di Elva (CN);
il pantòis dei pastori (bergíers) di Crissolo (CN);
il jergoun dei pastori di Roaschia e dei contrabbandieri di Ferrere (CN).
• Lingua base: lombardo
il tarusc, gergo dei lusciàtt (ombrellai) di Gignese e del Vergante (VB).
il taròm, gergo dei rusca (spazzacamini) della Valle Vigezzo (VB);
i taron di spazzacamini, imbianchini, cestai, camerieri e vignaioli di Cannobio (VB), ognuno con parole proprie;
il gergo dei peltrai e dei lattonieri della Valle Anzasca (VB);
lo dverun o dvarun, gergo forse nato fra i contrabbandieri (spalloni) con la Svizzera e usato dai calzolai e dai lattonieri di Varzo (VB).
Ecco alcuni esempi di gerghi delle Valli di Lanzo e delle valli delle Canavese
Il linger dei marghè d’Usseglio
È un gergo inventato dagli emigranti ussegliesi che andavano a lavorare come minatori in Francia. La necessità di utilizzare un linguaggio incomprensibile si manifestava specialmente in Savoia, dove si parlava un patois francoprovenzale simile a quello di Usseglio e quindi facilmente intellegibile. Il linger fu anche adottato dai margari ussegliesi che, col loro bestiame, trascorrevano l’inverno nelle cascine dei comuni intorno a Torino.
Alcuni vocaboli: polenta, lorènsi/beda; carne, fleis; uova, eufro; pane, arton; latte, bianchèt; salame, sabìs; toma, chela; vacca, armàij; capra, arlìch; cavallo, gògio; letame, fomènt; prato, plos; fieno, provët; donna, briansòta; uomo, briàs; coltello, cifro; casa, tabùssa; denaro, berma.
La ruga dei
magnin della Val Soana
Il tradizionale mestiere praticato dagli emigranti della ValleSoana era un tempo quello di magnin (stagnino). Il magnin era un artigiano che, in giro per strade, cortili, mercati e fiere riparava le pentole e rivestiva con uno strato di stagno l’interno di paioli, casseruole, caldaie, secchi. Tale mestiere incominciò a declinare nella seconda metà dell’Ottocento quando fu messo in commercio pentolame in alluminio a basso prezzo. Anche i magnin elaborarono un loro gergo, detto la ruga, vocabolo che derivava da ruga che nel gergo indicava il magnin.
Verso il 1870 alcuni valsoanesi emigrati a Parigi si trasformarono da magnin in vetrai, dove parecchi fecero fortuna e divennero importanti industriali del vetro a Parigi e in tutta la Francia. Anche i vetrai si chiamarono ruga e conservarono il gergo dei magnin.
Alcuni vocaboli: uovo, orbèri; riso, palù, fieno, buscenc; cavallo, còca; gallo, galuro; pecora, fejùsci; carro, birònda; paese, palio; pioggia, peorni; ciliegie, baline; castagna, grèlji; rame, rògi; olio, lampijon; forchetta, trentùa; formaggio, durenc; sedia, carantola; fuoco, ruf; denari, bèrne; abitante di pianura, marèt; bastone, ramenc, morte, libertià; padre/madre, vecchio/a, durbj/durbja.
Il gergo degli spaciafornej della Valle Orco
Il mestiere di spazzacamino era tipico degli abitanti di Locana e Noasca in Valle Orco. Ad esso venivano adibiti i bambini che per tutto l’inverno lasciavano la loro valle, affittati dalle loro famiglie a un padrone, e scendevano nelle città di pianura a ripulire i camini, dove solo loro, essendo di ridotta corporatura, potevano entrare.
Alcune parole: bimbo/a, poìn/a; bottiglia, nìssa; burro, niénta; calzoni, tàiras; cappello, tope; carne, gràiia; fieno, pluc; fiume, arvéra; fornello, borna; fuliggine, soùsi; garzone, farmànt; ladro, fouéna; letto, pàoutro; madre, dàrbia; moglie, gòria; notte, fuaìna; olio, lampòi; padre, darbi; pane, varìs/djérb; parroco, djìna; polenta, toga; ragazzo, gon; signore, pirlo; vino, mosa.