Fattucchiere e crimini religiosi

Prima parte

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archeo-noirNei primi anni del XV secolo, quando ancora l’accusa di fattucchieria poteva essere risolta con una semplice multa, la mancanza del pagamento comportava sanzioni piuttosto pesanti. Gli Statuti di San Giorgio, nel 1422, punivano con una multa di 50 lire le fattucchiere, chi non era in  grado di pagare vedeva convertire la pena pecuniaria in pena corporale. Stesse regole si registravano anche in altre aree del Piemonte.

Emblematico in questo senso il caso di Antoine André di Bardonecchia che, nel 1429, fu inviato al rogo a causa dei suoi delitti di fattucchieria; in realtà, gli storici moderni vedono in questo “stregone” un valdese condannato a morte con l’accusa si stregoneria in quanto era difficile dimostrare la sua appartenenza alla dissidenza religiosa.

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Questo fatto non deve stupire, infatti bisogna considerare che la “confusione” tra i crimini non fu un caso isolato: “all’inizio del XV secolo, per esempio, la setta eretica dei Valdesi fu sempre identificata con le streghe e le fattucchiere, mentre la Vauderie o Vaudoiserie era usata come sinonimo di sortilegio o stregoneria; così, l’assimilazione fra le nozioni di magia ed eresia era completata: nel complesso, opere magiche, anche se l’enfasi non veniva posta sulle pratiche malefiche in sé.

La Vauderye de Lyonois en brief, seleziona brani del 1460 circa, estratti dai processi e dagli interrogatori di alcuni valdesi, dimostra in che modo la propaganda contro gli eretici e la descrizione delle streghe al sabba si fossero amalgamate in un unico quadro” (P.G. Maxwell-Stuart, Storia delle streghe e della stregoneria, Roma 2003, pag. 57).

Significativamente ricordiamo che, nel 1440, Martino il Franco, segretario dell’antipapa Felice V, scrisse il poema Championdesdames, in cui i protagonisti si scambiano opinioni sulla stregoneria. Nel manoscritto vi sono delle miniature che illustrano i temi trattati: una di queste propone una donna che, cavalca una scopa, e viene indicata come “valdese”

Se ci soffermiamo ad osservare gli aspetti etimologici legati al termine strega nell’area piemontese qui analizzata, tenendo conto delle sue innumerevoli varianti dialettali, constatiamo un legame abbastanza stretto, sul piano del significato, tra stregoneria ed eresia. Un esempio significativo è costituito dal fatto che in Piemonte il nome strega (e le sue derivazioni), usato come minimo di eretico, o di altri termini disprezzativi, era considerato un insulto particolarmente grave e chi lo pronunciava doveva spesso risponderne davanti alla Legge. Da un ricerca condotta sugli statuti medievali piemontesi, sui documenti delle castellanie sabaude e su atti giudiziari da Anna Maria Nada Patrone (Il messaggio dell’ingiuria nel Piemonte del tardo Medioevo, Cavallermaggiore 1993), è possibile isolare alcuni termini relativi alla stregoneria (e altri ristretti all’eresia) considerati insulti gravi:

  1. Afatureia, Affecturarix, Faytureria, Incantatrix (Significato: fattucchiera; anche come sinonimi di prostituta)
  2. Heretica, Vaideisa, Gazara (Gazeri, Gazeri era il termine indicante i Catari), Patarinus (Significato: sinonimo di strega (raro), maggiore invece l’utilizzo per indicare prostituta)
  3. Masca (Significato: strega; utilizzato anche come sinonimo dei termini al punto 1).

Questa piccola parentesi etimologica, si pone sulla scia delle puntualizzazioni di C. Martines, che ha sottolineato quanto sia importante “esaminare non tanto e non soltanto i grandi crimini, ma piuttosto i comportamenti più comuni e frequenti, quelli che coinvolsero nel loro vissuto di ogni giorno uomini anonimi, oscuri, nel contesto di semplici puntigli o di tensioni comunitari e delle conflittualità personali e politiche, tipiche di ogni insediamento urbano o rurale. Sono forse proprio questi comportamenti devianti di una società vista dal basso, quelli che meglio illuminano la realtà delle condizioni di vita dell’uomo e della donna del medioevo, comportamenti che diventano quindi straordinari documenti di una storia realmente vissuta, anche se spesso ignorata” (Violenza e disordine civile nelle città italiane,1972, pag. 9).

L’accostamento tra eretico, strega e prostituta, rinvenibile nei dialetti, costituisce una spia importante per porre in rilievo come, nella coscienza popolare, non vi fosse una grande differenza tra i termini.

Infatti, l’epiteto hereticus, in varie aree pedemontane, dal XIV secolo, “venne forse sostituito da affecturatrix e da affaturarius e nel secolo XV da incantator o incantarix, da mayardus e masca, cioè si attuò il passaggio semantico da reo contro i principi dottrinali della Chiesa a individuo ritenuto dotato di poteri magici (specialmente se donna, soprattutto nel secolo XV), individuo che non era che l’erede diretto dell’eretico, sia secondo l’ottica inquisitoriale, sia secondo l’opinione comune. Tale condanna–offesa sottintendeva tuttavia, sul piano delle emozioni e dei sentimenti, il coinvolgimento di un’intera comunità nella deprecazione di chi si era reso colpevole di aver rifiutato o di aver disprezzato (o – più di frequente – di aver iniquamente miscelato) la concezione della divinità e quella dei poteri demoniaci instillata dalla dottrina della Chiesa” (A.M. Nada Patrone, op. cit., pag. 19).

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