Cento anni or sono, il 13 ottobre 1917, perì in un incidente aereo Luigi Olivari, il 1° Asso aeronautico d’Italia durante il terribile conflitto del 1915-1918.
Luigi Olivari, era nato a La Spezia il 29 dicembre 1891, ma trascorse la maggior parte della sua gioventù a San Maurizio Canavese.
Giovane esuberante e amante dei rischi era appassionato di diversi sport come il pattinaggio su ghiaccio ed il motociclismo, e si aggiudicò numerose gare regionali.
Attirato dalle evoluzioni dei primi rudimentali aerei in legno e tela, al campo di Mirafiori a Torino si iscrisse, nonostante le reticenze della madre, ad un corso di pilotaggio per il conseguimento del brevetto di pilota. Terminato il corso ottiene nel 1914 il brevetto civile n°305 a pieni voti.
La scuola del campo di aviazione torinese era diretta dall’onorevole Maggiore Carlo Montù (già primo presidente della Società Aviazione Torino), che rimase entusiasta dell’allievo, della sua sicurezza, del suo coraggio spericolato, doti che ben pochi altri sapevano esprimere.
Poco prima che l’Italia entrasse in guerra, Luigi Olivari decise di arruolarsi in aviazione come volontario, entrando a far parte del Battaglione Aviatori di Torino il 19 maggio 1915, come soldato semplice.
Il 13 novembre 1915, prese il brevetto militare n° 49, pilotando uno dei S.I.T Blériot della scuola.
Nel frattempo il governo italiano acquistò dei caccia francesi Nieuport, allora tra i migliori aerei disponibili, e nell’ottobre 1915 inviò i migliori ufficiali piloti a frequentare i corsi di addestramento sul campo di Le Bourget, a nord di Parigi, tra cui anche il soldato semplice Luigi Olivari.
Il “ragazzo” sin dall’inizio si distinse per le sue capacità aviatorie, compiendo evoluzioni da far rabbrividire i piloti più esperti.
Durante il soggiorno francese volò su diversi velivoli come i Morane, i Caudron e i Voisin, ottenendo dal Comando Francese il passaggio su tutti gli aerei di cui era dotata l’Armata nazionale, con un documento di congratulazioni, ammirazione e lode.
Nei primi mesi del 1916, venne inviato sul fronte carsico con la 70ª Squadriglia, costituita dalla 1ª Squadriglia Caccia come reparto autonomo sul campo di Santa Caterina di Udine, in conseguenza del nuovo ordinamento dato dall’aviazione. Il reparto era comandato dal capitano Guido Tacchini, e composto dal capitano Domenico Bolognesi, dal tenente Francesco Baracca (che diventerà l’asso degli assi della caccia italiana della Grande Guerra con 34 vittorie prima di cadere sul Montello nel 1918), dal sergente Guido Poli, dal caporale Antonio Pagliari, e dal tenente/capitano Fulco Ruffo di Calabria, tutti famosi compagni di squadriglia.
All’inizio i voli consistevano solo nell’osservazione e ricognizione per aggiustare i tiri dell’artiglieria, ma un contatto vero e proprio in volo con il nemico doveva ancora avvenire, anche se le conoscenze in merito ai duelli aerei erano ancora molto empiriche e l’abbattimento ancora quasi del tutto sconosciuto. Fu proprio Olivari ad iniziare la serie di vittorie aeree sul fronte italiano, quando il 2 aprile 1916, al ritorno da uno dei tanti voli, ebbe modo di incrociare un velivolo austriaco.
Senza esitare e con freddezza abbatté il velivolo nemico che, lasciando una scia di fumo, si schiantò al suolo oltre l’Isonzo poco distante da Cormons.
Con questo primo abbattimento il giovane pilota italiano diede prova delle sue grandi doti di “cacciatore”, ma questa prima vittoria non venne omologata perché l’aereo non cadde sul suolo italiano ma su quello nemico, rendendo impossibile il sopralluogo che attestava l’omologazione della vittoria. Questo abbattimento del 2 aprile sarà comunque il primo registrato nella storia dell’aviazione italiana in tempo di guerra il cui protagonista fu proprio Luigi Olivari.
Esperto pilota e “cacciatore” cinque giorni dopo, il 7 aprile 1916, a bordo di un Nieuport “Bebé”, affiancato dal velivolo di Baracca porterà a segno la sua prima vittoria omologata costringendo il pilota di un Aviatik, ferito alla testa e l’osservatore con ferite gravi, ad un atterraggio di fortuna nei pressi di Medea. Il 16 maggio il secondo abbattimento nel cielo di Gorizia, poi un’altra vittoria il 19 luglio su Salcano, mentre la quarta vittoria la otterrà il 25 agosto nel cielo di Medea.
Il 16 settembre con l’abbattimento di un idrovolante Lohnerche volteggiava sopra il Monte Sol e sul Monte Stariski, presso Caporetto, si laureò primo Asso Italiano per il conseguimento della 5ª vittoria omologata.
Lo stesso giorno Francesco Baracca ottenne la quarta vittoria seguito da Ruffo di Calabria con la sua seconda vittima, confermando il grande valore della ormai famosa 70ª Squadriglia.
Dopo tutte queste brillanti azioni il 1° settembre 1916, Olivari passò di grado come Sottotenente di Complemento dell’Arma del Genio.
Mentre la Nazione lo acclamava “asso”, il nostro giovane pilota aveva già conseguito la sua sesta vittoria con l’abbattimento di un Albatros che si schiantò il 31 ottobre 1916 nella valle della Sava, Gorizia.
Come sempre accade, tutte queste vittorie crearono molta invidia da parte di “qualcuno”, essendo Olivari solo un semplice pilota militare, così venne allontanato dal fronte carsico con la scusa di “missioni speciali”. Invidia non condivisa dai suoi superiori della base di Santa Caterina. Con l’avanzare della stagione invernale, le operazioni di volo rallentarono notevolmente per riprendere poi nei primi mesi del 1917.
Nel frattempo la nostra aviazione abbisognava di nuove macchine più veloci, maneggevoli e potenti ed anche meglio armate, così per contrastare i sempre più prestanti velivoli nemici, l’Italia si rivolse nuovamente alle industrie francesi.
Anche in questa occasione Olivari fu inviato a Parigi, per valutare alcuni tipi di aerei, scegliendo poi il caccia biplano Hanriot HD 1 di cui la Macchi di Varese sarà la produttrice sotto licenza. Il velivolo sarà apprezzato dai migliori piloti italiani per le sue brillanti doti di maneggevolezza, e molte vittorie saranno da attribuire a questo piccolo ma robusto velivolo. L’11 febbraio 1917 due biplani Albatros vennero avvistati in procinto di attaccare alcuni insediamenti di Udine tra cui la stazione ferroviaria e il castello della città friulana. Dal campo di Santa Caterina partirono immediatamente quattro velivoli Nieuport della 70ª Squadriglia per contrastare l’avversario.
La formazione italiana era composta da due coppie una con i piloti sergente Poli ed il neo capitano Baracca la seconda con il capitano Bolognesi ed il tenente Olivari.
Al combattimento aereo assistettero il Re Vittorio Emanuele III, il generale Luigi Cadorna attorniati da alti ufficiali, che alla fine si congratularono con gli equipaggi per la brillante azione intrapresa a difesa del territorio italiano.
Il 18 marzo, all’incirca verso le ore nove del mattino, tra il Monte Santo e Monfalcone, Luigi Olivari, si imbatté in due aerei Albatros con le classiche croci nere, provenienti dal campo di Aidussina, che poco prima avevano bombardato Doberdò e Ronchi.
Dopo una manovra diversiva, piombò di sorpresa sugli aerei nemici facendo fuggire uno dei due incursori, mentre l’altro, dopo un duello aereo, venne abbattuto nei pressi di un cascinale di San Canziano. Con questa vittoria gli sarà conferita una nuova medaglia d’argento.
Il 1° maggio 1917, Francesco Baracca, formò la 91ª Squadriglia sul campo di Santa Caterina di Udine, avvalendosi dei migliori piloti della 70ª, compresi anche gli aerei in dotazione, ed inquadrata nel X Gruppo, ai comandi del capitano Guido Tacchini. Oltre a Baracca, il tenente Fulco Ruffo di Calabria, il tenente Ferruccio Ranzi, il sottotenente Luigi Olivari ed il sergente Goffredo Gorini.
Il reparto scelse come propria insegna un Grifone, immagine ancora oggi presente nell’attuale stemma dell’Aeronautica Militare, a rappresentare la specialità della caccia. L’asso Baracca fece dipingere sulla fusoliera del velivolo un cavallino rampante nero in omaggio al reggimento da cui proveniva il “Piemonte Reale Cavalleria”.
Come è noto, il “Cavallino Rampante”, verrà in seguito adottato, con l’autorizzazione della Famiglia Baracca, come stemma della scuderia Ferrari. In questo reparto arrivò l’ottava vittoria di Olivari, che lo portò in testa alla graduatoria degli abbattimenti: era il 15 maggio 1917, sul Carso, quando abbatté un altro velivolo austriaco. Nelle tante azioni di combattimento, quasi sempre in cooperazione con i migliori “Assi” della caccia italiana come Baracca, Gorini, Ranza, annoverò anche alcune vittorie di “Squadriglia” riuscendo anche a catturare alcuni aerei nemici praticamente indenni tra cui un Albatros.
L’equipaggio nemico non riuscì ad incendiare il velivolo, come di solito si usava in questi casi, per evitare di far cadere in mani avversarie una “appetibile” preda bellica; l’aereo venne usato poi come velivolo da ricognizione sulle linee nemiche.
La popolazione di Gorizia, il 16 maggio, assistette al duello tra Olivari ed il nemico che si schiantò sul tetto di una abitazione, mentre il 18 maggio il nostro asso ottenne un’altra vittoria a Selo raggiungendo per primo il numero di 10 vittorie. Nel mese di maggio, il 24, sull’alto Adriatico si svolgeva un’azione navale italiana contro Duino e le sue difese costiere, quando Olivari, che era in volo, vide un cacciatorpediniere italiano sotto attacco da parte di alcuni idrovolanti Lohner.
Senza esitare il pilota, con una rapida manovra, si gettò all’assalto del nemico abbattendone uno e facendo fuggire gli altri. L’ammiraglio Thaon di Revel, che assistette all’impeccabile intervento consegnò sul campo ad Olivari la terza medaglia d’argento al valor militare. I Nieuport e gli Hanriot, che tanto successo avevano ottenuto sul campo, o meglio in cielo, erano però ormai diventati obsoleti se paragonati ai nuovi aerei nemici, come i Fokker tedeschi a tiro sincronizzato attraverso l’elica ed i più potenti e meglio armati nuovi Albatros. Il governo italiano decise così di acquistare i nuovi SPAD francesi, veloci, meglio armati e in grado di contrastare i velivoli nemici.
Come già descritto in precedenza, date le sue ottime qualità di pilota, Olivari venne scelto per effettuare l’addestramento in Francia dei nuovi aerei fino al mese di settembre 1917. Grande ammirazione suscitò nel maresciallo Petain, che lo citò all’ordine del giorno con una nobilissima motivazione decorandolo con la Croce al merito con palme francese.
Al rientro in Italia, Olivari ormai tenente ed esperto pilota, collaudò con l’ing. Brezzi il nuovo biplano Ansaldo A1 Balilla, grazie ai contributi necessari per la costruzione del prototipo messi a disposizione dalla Camera di Commercio di Genova.
Ritornato al fronte, con il primo aereo da caccia SVA, coprì il volo di 500 km da Mirafiori a S. Caterina in sole due ore e 17 minuti, per l’epoca un ottimo tempo.
Lontano da casa da svariati mesi, finalmente gli giunse la buona notizia di una meritata licenza premio, con l’incarico prima di rientrare al fronte di prendere in consegna a Genova, l’aereo A1 Balilla, da lui collaudato e provato in precedenza.
Il 13 ottobre 1917, preparati i bagagli, mentre si accingeva a partire per il sospirato ritorno a casa, venne richiamato dall’ordine perentorio di effettuare immediatamente una missione di scorta ad un ricognitore SP (Savoia Pomilio) che doveva eseguire delle fotografie nel tratto Lubiana-Kraninburg, dove erano situati i distaccamenti e le trincee avversarie.
Leggermente contrariato ed a malincuore, Olivari prese posto sul suo velivolo SPAD VIII, con il motore da 180cv già avviato. Appena decollato dal campo di Santa Caterina di Udine, e a poche decine di metri di altezza, forse per un guasto meccanico o problemi al motore, (alcuni pensarono addirittura ad un sabotaggio), l’aereo cadde rovinosamente a terra causando la morte del primo asso da caccia italiano.
Le indagini ufficiali escluderanno poi ogni ipotesi di sabotaggio, definendo come semplice incidente di volo e, come trascritto sul Diario Storico, “in condizioni d’animo eccitate e nervose, in partenza cabrando spaventosamente il suo SPAD scivola d’ala da 100 metri e muore”.
Altre fonti dicono che Olivari non morì sul colpo, ma dopo alcune decine di minuti.
Ad Udine si svolsero degli imponenti funerali e la salma venne deposta nella tomba di una blasonata famiglia; in seguito, nel 1923, venne traslata nel cimitero di San Maurizio Canavese dove riposa tutt’ora nella tomba di famiglia.
Ad Olivari sono dedicate alcune “vie” di cui una proprio a San Maurizio Canavese, quella che conduce dalla chiesa parrocchiale alla stazione ferroviaria della Torino-Ceres.
Anche l’aeroporto militare di Ghedi (Brescia) venne a lui intitolato con questa dedica d’autore: “Questo campo di Ghedi, cimento e tempra di eroiche giovinezze devote all’olocausto infinito, è oggi riconsacrato nel puro nome di Luigi Olivari e nello splendore dei suoi puri occhi, che non tra gli uomini e non tra le aquile ebbero eguali, nel fissare il sole e la morte, XXIX giugno MCMXXI” firmato Gabriele D’Annunzio.
La sezione dell’Associazione Arma Aeronautica di Cirié è pure intitolata a Luigi Olivari. Al valoroso pilota sono accreditate: Tre medaglie d’argento – Tre medaglie di bronzo – Due croci di guerra – Nastrino della campagna – Croce di guerra francese con palma – Medaglia d’oro serba – Medaglia americana al merito – Promosso per merito di guerra ufficiale S.A.P. – Volontario di guerra – Sostenne 34 combattimenti aerei ed abbatté sedici apparecchi nemici di cui dodici riconosciuti – Compì numerosissime ricognizioni a bassa quota ed a lunga distanza. Il nonno paterno dell’aviatore Luigi, Girolamo Ottavio Amedeo Olivari, era originario di Genova, che poi si trasferì a Torino per lavoro.
Qui si incontrò con una torinese di nome Luigia Fortunata Pastoris, ma domiciliata nel comune di San Maurizio Canavese, dove la sposò nella chiesa parrocchiale, anche se comunque abitarono a Torino.
Dalla loro unione nacque Tommaso Umberto, che a ventidue anni risultava abitante a San Maurizio, per poi convolare a nozze con la giovane sanmauriziese Maria Ferrando di Giovanni e Lucia Bersana che avranno tre eredi: Anita, Luigi (il pilota) e Carlo.
Come descritto in precedenza, Luigi, nacque a La Spezia, ciò significa che la famiglia all’epoca della sua nascita si era nuovamente trasferita in Liguria, ritornando poi nel piccolo comune canavesano, dove Tommaso morì il 28 luglio 1896, lasciando la vedova Maria con tre figli piccoli, che all’epoca non era cosa da poco.
Grazie alla sua bravura e perizia come sarta riuscì a far crescere i figlioli dando loro una buona posizione sociale.
Con la morte del fratello Carlo, nel 1958 e della sorella Anita nel 1961, la famiglia Olivari si estinse, chiudendo il capitolo iniziato nel 1866 a San Maurizio Canavese.
La mamma ha custodito con amore e dolcezza moltissimi cimeli del figlio Luigi, oggi conservati da alcuni parenti, che furono messi in mostra nel comune canavesano non molto tempo fa.