In prossimità del valico del Piccolo San Bernardo si trovano i resti di un cromlech che, secondo una diffusa tradizione, sarebbe stato realizzato dai soldati cartaginesi: per tale credenza, però priva di ogni connessione con la storia, è stato battezzato il “Cerchio di Annibale”.
Ricordiamo che il cromlech è un complesso il cui nome deriva da crom, curva e lech, pietra, ed è costituito da una serie di pietre infisse nel terreno disposte a circolo; in area anglosassone troviamo la definizione stones circles, cerchio di pietre.
In genere, all’interno dei cerchi di pietra rimasti in piedi in epoca storica, in particolare dopo l’affermazione del Cristianesimo, la tradizione popolare ha posto tutta una serie di figure leggendarie, che per certi aspetti hanno dato una nuova vita a questi misteriosi complessi litici.
Le aree circolari delimitate dai cromlech variano considerevolmente: in genere le strutture megalitiche di questo tipo si trovano soprattutto in Gran Bretagna (emblematico il caso di Stonehenge); non mancano però casi significativi in altri luoghi: per esempio il cromlech di Almendres-Evora del Portogallo, leggermente ellittico; mentre costituisce un unicum quello rettangolare francese di Crucuno presso Erdeven.
La complessa disposizione di questi megaliti e l’articolazione che li caratterizza, fanno presumere un’organizzazione generale diretta a strutturare tali costruzioni in veri e propri centri di culto. E comunque abbastanza evidente che non sempre è facile definire con precisione la funzione di queste strutture megalitiche, il cui posizionamento sia da correlare ad aree ritenute sacre.
Circa un secolo fa (1924) Pietro Barocelli scriveva: “Date anche le dimensioni piuttosto piccole delle pietre, va collegato non con i grandi monumenti megalitici d’oltralpe, ma con i recinti funerari della prima Età del ferro”.
Ma attualmente gli studiosi, sulla base di più accurate valutazioni sul territorio, osservano: “non è escluso che (il cromlech, n.d.a.) sia invece inquadrabile nella seconda metà del terzo millennio, o al massimo, agli inizi del secondo, e sia culturalmente riferibile allo stesso ambiente che ha prodotto gli altri monumenti che si vanno attualmente mettendo in luce. La particolare posizione di questo cerchio megalitico appare infine troppo significativa per non annettervi un significato eminentemente geografico, di riferimento per il viandante, lungo una via transalpina che, come quella del Gran San Bernardo, era sicuramente già stabilita agli inizi del terzo millennio a.C.” (F. Mezzena, 1982).
Appare abbastanza evidente che il posizionamento di questo complesso è indicativo nelle dinamiche che caratterizzarono l’itinerario lungo una via transalpina che, come quella del Piccolo San Bernardo, era sicuramente già stabilita agli inizi del terzo millennio a.C.
Il grande circolo di pietra, posto tra il versante italiano e quello francese, è costituito da 46 pietre infisse nel terreno, con un diametro di 72 metri. Le pietre, in origine, erano però più numerose, come l’analisi di superficie ha permesso di evidenziare. Il passaggio della strada romana non alterò il cerchio, infatti la traiettoria fu deviata; identica attenzione non fu però osservata dai costruttori della via moderna, che taglia di netto l’antica costruzione.
Curiosa la puntualizzazione di uno studioso dell’inizio del secolo scorso: “alcune furono levate (le pietre del cromlech, n.d.a.) per liberare il passo alla strada internazionale che partisce attualmente l’elisse; altre il segretario comunale di La Thuile trovò di suo comodo servirsene per costruire un fabbricato (…) Corre voce che il ministero intenda ricostruire il circuito con nuove pietre” (T. Tibaldi, 1910, pag. 75).
Come abbiamo visto, nella tradizione locale il cromlech è detto “Cerchio di Annibale”: un’eco leggendaria del passaggio del condottiero cartaginese, che quando transitò per il colle (ammesso che ci sia effettivamente passato) forse non si accorse neppure di quel recinto litico che, da secoli, svolgeva il suo atavico ruolo sacrale.
Come spesso capita quando si tratta di testimonianze legate al megalitismo, anche per il “Cerchio di Annibale” si è ipotizzata un ruolo astronomico: ipotesi che però risulta piuttosto difficile da verificare, e forse frutto di congetture archeo-astrologiche non sufficientemente supportate da riferimenti tecnici.
Si aggiunga che nei pressi di questo sito si trova un’alta colonna in pietra (quattro metri), tradizionalmente detta “Colonna di Giove” e che oggi sostiene la statua di San Bernardo: un’ulteriore testimonianza dell’importanza di questo colle in antichità, come confermato anche dalla presenza dell’attigua mansio d’epoca romana.
Va chiarito che la colonna fu relazionata a Giove poiché si trova nei pressi dei resti del tempio romano dedicato a questa divinità, in realtà oggi gli archeologici sono dell’idea che si tratti di una realizzazione più antica, correlata al culto di Penn, divinità autoctona, da cui sembrerebbe derivare il toponimo Alpi Pennine.
Dove oggi vi è la statua del santo, in passato vi era un cristallo rosso, noto come l’”Occhio di Giove”, trasformato, nella vulgata cristiana, in “Occhio del Diavolo”: epiteto scaturito dalla sua origine pagana. La scultura che raffigura san Bernardo ha quindi, anche simbolicamente, allontanato l’influsso diabolico prodotto del suo legame con il paganesimo.
Il cerchio di Annibale
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