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venerdì, Maggio 17, 2024

    Vent’anni fa la strage del Cermis

    Un'altra pagina buia della storia italiana

    Il 3 febbraio 1998, un aereo americano (Grumman EA-6B Prowler) dei Marines era in volo d’addestramento nel Nordest del nostro Paese. Partito alle 14,36 dalla base di Aviano, in Friuli, violando i loro stessi regolamenti, ad un certo punto il velivolo si abbassò ad una quota non consentita e tranciò il cavo che sorreggeva la funivia del Cermis, in Val di Fiemme, nelle Dolomiti, ad una quarantina di km da Trento: i venti occupanti della cabina si schiantarono, da un’altezza di circa 150 metri, al suolo e morirono tutti sul colpo.

    I 19 passeggeri ed il manovratore erano cittadini di diversi Paesi europei: Italia, Germania, Belgio, Polonia, Austria, Olanda. L’aereo, seppur danneggiato dall’impatto, fu in grado di rientrare alla base. Il pilota dell’aereo, capitano Richard J. Ashby, ed il suo navigatore, capitano Joseph Schweitzer, contrariamente alle richieste ufficiali italiane, rientrarono negli Stati Uniti e lì vennero processati (in forza della Convenzione di Londra del 1951) ed assolti dalle accuse più gravi: omicidio preterintenzionale (il primo), omicidio colposo (il secondo), omicidio involontario e negligenza (entrambi).

    Successivamente, vennero condannati per ostruzione alla giustizia e condotta inadatta per un ufficiale. Per cosa? Per aver distrutto il nastro video registrato sul velivolo e che avrebbe potuto inchiodarli. La condanna? Degradati ed espulsi (tecnicamente “congedati”) dal corpo dei Marines. Solo Ashby venne condannato a sei mesi di reclusione, ma venne rilasciato dopo quattro mesi e mezzo per buona condotta.

    Tutto qui… Nel 2008, i due hanno anche avuto il coraggio di impugnare la sentenza, ma il tribunale ha confermato le condanne. Gli altri due militari presenti a bordo, addetti ai sistemi di guerra elettronica, furono indagati ma non comparirono neppure davanti al tribunale militare statunitense.
    La corte militare accertò che il velivolo stava volando ad una velocità maggiore ed ad una quota inferiore del consentito, ma che le mappe di bordo non segnalavano i cavi della funivia! L’allora presidente degli USA, Bill Clinton, si scusò, alcuni giorni dopo l’accaduto, e promise un risarcimento in denaro ai famigliari delle vittime.

    Nel febbraio del 1999, il Senato degli Stati Uniti stanziò 40 milioni di dollari come risarcimento ai famigliari delle vittime e per ricostruire la funivia, ma nel maggio dello stesso anno lo stanziamento venne annullato a causa di un pronunciamento negativo di una commissione del Congresso.

    Nel dicembre 1999, lo Stato italiano risarcì le vittime (circa 4 miliardi di lire per ogni deceduto) ed il governo americano, in forza dei trattati della Nato, fu quindi obbligato a risarcire il 75% delle somme erogate dall’Italia .

    Quello della tragedia del Cermis è l’ennesimo caso (sono davvero troppi…) di strage senza colpevoli, o quasi, in Italia. L’Italia politicamente sempre divisa, e sempre debole in politica estera, ancora una volta non è riuscita a farsi, diplomaticamente, rispettare: quando poi davanti c’è il colosso USA, le possibilità diminuiscono ancora, si riducono al lumicino.

    Quasi quasi sembra che la colpa sia stata delle venti vittime, che in una fredda giornata d’inverno non hanno trovato di meglio da fare che salire su di una cabina, intralciando il volo di divertimento (perché questo è stato: un volo di divertimento, non di addestramento) di quattro marines a spasso per i cieli e le montagne del nostro Paese: bellissimo, ma sempre debole ed incapace di farsi rispettare.

    Quelle venti vittime, dopo vent’anni ancora gridano giustizia, in un silenzio assordante.  

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