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sabato, Luglio 27, 2024

    Marzo, il mese della donna?

    Pillole1WebMarzo dovrebbe essere il mese della donna; in particolare il giorno 8, dovrebbe essere espressamente dedicato alla donna lavoratrice, per ricordare le lotte sociali e politiche che le donne hanno dovuto affrontare affinché la loro voce venisse ascoltata. Come tutti sapranno, quella data è stata fissata non a caso, ma per ricordare un avvenimento tragico. Nel 1908, un gruppo di operaie di una industria tessile di New York, scioperò contro le terribili condizioni in cui erano costrette a lavorare. Lo sciopero andò avanti per giorni, fino a quando, appunto l’8 marzo, i proprietari dell’azienda bloccarono le uscite della fabbrica, impedendo alle operaie di uscire. Purtroppo scoppiò un incendio, e 129 donne morirono per le ustioni. Tra queste c’erano anche alcune italiane, emigrate per cercare di migliorare la propria condizione di vita.

    Dedicare, ma non solo in quel giorno, un pensiero a tutte le donne che svolgono un’attività lavorativa, più una serie infinita di altre incombenze, è più che dovuto. La giornata internazionale della donna, si festeggia ovunque, per ricordare le difficoltà che le donne hanno dovuto affrontare per avere un ruolo nella società, per ottenere gli stessi diritti del genere maschile. Se oggi, in diversi Paesi, molte donne possono ambire ai massimi livelli d’istruzione, votare, lavorare ed essere indipendenti, è proprio grazie alle ribellioni che altre donne, in passato, hanno portato avanti per spezzare assurde tradizioni che le volevano succubi del padre, dei fratelli, del marito; modelli sociali e culturali in cui non si riconoscevano più.

    Purtroppo però raggiungere un buon livello di cultura, di autonomia, di rispetto e di dignità è ancora tutt’oggi, una meta irraggiungibile per molte altre donne nel mondo. I diritti umani violati nei confronti del gentil sesso sono ancora materia molto attuale in Paesi cosiddetti arretrati, ma non solo.
    Ad esempio nel 2018, negli USA, i diritti delle donne sono stati portati al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica dai principali movimenti femminili e da campagne che si sono diffuse in tutto il Paese. Il consolidato clima d’impunità per le molestie sessuali, e la violenza contro le donne, continua ad essere un punto chiave dell’impegno degli attivisti, di fronte alla sistematica ostilità dimostrata dalla persona del presidente Trump e dalla sua amministrazione. Al confine tra USA e Messico le crudeli politiche di tolleranza zero verso i rifugiati, hanno avuto gravissime ripercussioni sulle famiglie che cercavano protezione, molte delle quali sono state separate, in applicazione di norme che violano il diritto internazionale.
    In ogni parte del mondo, poi, Italia inclusa, gli episodi di violenza perpetrati a loro danno sono oggetto di cronaca quotidiana. La paura dello sconosciuto nasce da sentimenti di vulnerabilità, impotenza: più forti sono questi sentimenti, più si avrà paura di ciò e di chi non si conosce. Lo straniero non è soltanto chi è diverso per etnia, cultura, religione o stile di vita, ma può esserlo qualsiasi uomo, in determinate condizioni. Ma, se vogliamo, onestamente, guardare in faccia la realtà, le cronache ci dicono che il pericolo viene più dagli uomini conosciuti che non dagli estranei; dai famigliari, compagni o mariti, amici, colleghi e datori di lavoro. Si manifesta più spesso negli spazi cosiddetti privati o semi privati (la casa e il luogo di lavoro) che non in quelli pubblici. Ce ne stiamo accorgendo perché l’argomento violenza domestica, un tema di così forte impatto sociale, sta finalmente assumendo il riconoscimento pubblico che merita. Anche le situazioni che sembrano lontane da noi ci dovrebbero interessare e non è sufficiente né risolutivo indignarsi; occorre fare qualcosa. Amnesty International, dal 1961 è attiva in questo campo, ha lanciato da tempo la campagna “mai più violenza sulle donne”, per portare all’attenzione una delle violazioni dei diritti umani più diffusa e occultata nel mondo. Amnesty, a cui mi onore di appartenere, come volontario attivo da un quarto di secolo, ora come responsabile del gruppo locale, si occupa di casi concreti, accertando gli abusi con accuratezza e tempestività. Si mobilita facendo pressione su governi e su altri soggetti allo scopo di porre fine a questi abusi, richiamando gli Stati al rispetto degli impegni da loro assunti nell’ambito delle Nazioni Unite. Opera per portare solidarietà a tutte le donne vittime di violenza, di esperienze devastanti, aiutandole nel guardare al proprio futuro con maggiore fiducia e speranza.

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    Ernesto Scalco
    Ernesto Scalco
    Sono nato a Caselle Torinese, il 14/08/1945. Sposato con Ida Brachet, 2 figli, 2 nipoti. Titolo di studio: Perito industriale, conseguito pr. Ist. A. Avogadro di Torino Come attività lavorativa principale per 36 anni ho svolto Analisi del processo industriale, in diverse aziende elettro- meccaniche. Dal 1980, responsabile del suddetto servizio in aziende diverse. Dal '98 pensionato. Interessi: ambiente, pace e solidarietà, diritti umani Volontariato: Dal 1990, attivista in Amnesty International; dal 2017 responsabile del gruppo locale A.I. per Ciriè e Comuni To. nord. Dal 1993, propone a "Cose nostre" la pubblicazione di articoli su temi di carattere ambientale, sociale, culturale. Dal 1997 al 2013, organizzatore e gestore dell'accoglienza temporanea di altrettanti gruppi di bimbi di "Chernobyl". Dal 2001 attivista in Emergency, sezione di Torino, membro del gruppo che si reca, su richiesta, nelle scuole.

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