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martedì, Ottobre 15, 2024

    Australia, atto secondo

    AppuntiVanniWEBColui che vuole viaggiare felice deve viaggiare leggero.” Antoine de Saint-Exupéry, scrittore e aviatore

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    Ci siamo già stati con Cose Nostre di settembre 2013 e ci ritorniamo, ricordando un  viaggio  del 2011, in compagnia di mio fratello Stefano e mia cognata Sandra,  insieme ad altri amici.

    ULURU AYERS ROCK

    Uluṟu è il nome aborigeno originale del luogo, si pensa derivi dalla parola “ulerenye” che in lingua Arrernte, parlata nel luogo, significa “strano”, mentre Ayers Rock venne aggiunto in onore dell’allora Premier del Sud Australia Sir Henry Ayers.

    Il più imponente massiccio roccioso dell’Australia nonché il simbolo del Paese è presente nella lista dei Patrimoni mondiali dell’Umanità dell’Unesco dal 1987. Si trova nel territorio federale del Northern Territory, a circa 450 chilometri dalla città più vicina, Alice Springs, e a quasi 2 mila chilometri dal capoluogo Darwin, ‘l’Australia più vicina’.

    Quello che le migliaia di visitatori vedono ogni anno, però, è solo un ventesimo della roccia, la maggior parte della quale è nascosta sotto terra. Uluru Ayers Rock, infatti, misura 380 metri di altezza, ma ben 7 chilometri sono sotto la superficie terrestre. In pratica, è come un gigantesco iceberg fatto di roccia arenaria anziché di ghiaccio. Ma non è tutto.

    Sandra, Stefano e Vanni a Uluru

    Uluru non è un solo monolite, ma è formato da altre due montagne: Kata Tjuta e il Monte Conner. Infatti la formazione rocciosa è composta da un enorme blocco di roccia arenaria molto ma molto più grande. Kata Tjuta, letteralmente “molte teste”, conosciuto anche come Monte Olga, si trova a poca distanza da Uluru, a 25 km, e si estende per oltre 21 km quadrati. La formazione rocciosa è diversa da quella di Uluru e comprende 36 cupole. Oggi si sono ridotte a 28, costituite di un misto di tre distinti materiali: granito, basalto e scisto. Insieme danno il nome al Parco nazionale Uluru-Kata Tjuta.

    Uluru è visibile da decine di chilometri di distanza ed è celebre per la sua intensa colorazione rossa, che muta in maniera spettacolare dall’ocra, all’oro, al bronzo, al viola, in funzione dell’ora del giorno e della stagione, motivo per cui non ci si stanca mai di guardarlo e di fotografarlo. Questi effetti di colore sono dovuti a minerali che riflettono particolarmente la luce rossa. Il massiccio è costituito in larga parte di ferro e il suo colore rosso è dovuto all’ossidazione.

    La superficie, che da lontano appare quasi completamente liscia, avvicinandosi rivela molte sorgenti, pozze, caverne, strani fenomeni erosivi e antichi dipinti aborigeni. Ed è proprio il ruolo che esso ha nella mitologia delle popolazioni del luogo che lo rende un luogo pieno di misteri. Il sito di Uluru porta i segni dell’attività di numerose creature ancestrali. La maggior parte dei miti sulle sue caverne, le sue pozze, le sue sorgenti o le caratteristiche del paesaggio circostante sono segreti e non vengono rivelati ai “piranypa” (i non-aborigeni, cioè noi); solo la storia generale della sua formazione può essere resa nota. Inoltre, solo alcune parti del monolite possono essere fotografate dai turisti, altre invece sono severamente vietate perché sono considerate sacre. Secondo il mito, Tatji-la Lucertola Rossa, che abitava nelle pianure, giunse a Uluru, lanciò il suo kali, boomerang, che si piantò nella roccia. Tatji scavò la terra alla ricerca del suo kali, lasciando numerosi buchi rotondi sulla superficie della roccia, tuttora visibili.

    Questa parte della storia è volta a spiegare alcuni insoliti fenomeni di corrosione sulla superficie del monolite. Non essendo riuscito a trovare il suo kali, Tatji morì in una caverna; i grossi macigni che vi si trovano oggi sono i resti del suo corpo. Un altro mito riguarda due fratelli Bellbird, un uccello australiano della famiglia dei passeri, che cacciavano un emù. L’emù fuggì verso Uluru e due “uomini-lucertola dalla lingua blu”, Mita e Lungkata, lo uccisero e lo macellarono. Alcuni grossi macigni nei pressi di Uluru sarebbero pezzi della carne dell’emù. Quando i fratelli Bellbird giunsero sul posto, gli uomini-lucertola diedero loro un misero pezzetto di carne, sostenendo che non c’era altro. Per vendetta, i fratelli Bellbird diedero fuoco al riparo degli uomini-lucertola. Questi cercarono di fuggire scalando le pareti della roccia, ma caddero e arsero vivi. Questa storia spiega i licheni grigi sulla superficie della roccia nella zona dove si sarebbe tenuto il pasto (che sono considerati traccia del fumo dell’incendio) e due macigni semi-sepolti (i resti dei due uomini-lucertola). I miti e le leggende sono rappresentati da numerosi dipinti rupestri lungo la superficie di Uluru. Secondo la tradizione aborigena, questi dipinti vengono frequentemente rinnovati; fra gli innumerevoli strati di pittura, i più antichi risalgono a migliaia di anni fa. Diversi luoghi lungo il perimetro del monolito hanno valenza religiosa particolarmente forte e i turisti che li visitano sono soggetti a diversi livelli di proibizione (per esempio di non avvicinarsi a determinati luoghi o non scattare fotografie). Le popolazioni aborigene hanno richiesto più volte che i turisti non scalino il massiccio perché si tratta di un luogo sacro nella mitologia aborigena, ma ci sono anche motivi di sicurezza. Nel 1983, il Primo ministro australiano Bob Hawke promise che avrebbe vietato la scalata. Tuttavia, quando il governo australiano restituì la proprietà di Uluṟu alla popolazione aborigena degli Anangu nel 1985, furono poste due condizioni: che per 99 anni Uluṟu fosse gestito congiuntamente e che durante questo periodo fosse concesso ai turisti di scalare la roccia. La scalata di Uluru è un’attrazione turistica a cui pochi riescono a resistere e sono soprattutto i giapponesi, che costituiscono una percentuale significativa dei turisti in Australia, a farlo. Sebbene sia stato posizionato un corrimano, l’ascesa è ancora piuttosto pericolosa a causa delle superfici ripide e lisce, della fatica della scalata che dura circa un’ora e, almeno in alcune ore e stagioni, del rischio di insolazioni; l’attacco di cuore è fra le principali cause di morte. E anche in questo caso c’è chi crede a qualche strana leggenda…

    Meraviglia, stupore, magnificenza: tre emozioni che si intrecciano e che lasciano letteralmente a bocca aperta chi ha la fortuna di visitare questo luogo.

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    Giovanni Cravero
    Giovanni Cravero
    Giovanni Cravero meglio conosciuto come Vanni, nato nel 1952 a Caselle di professione Agente di Commercio da sempre e da sempre con la grande passione di andare in giro ovunque sia possibile. Ho cominciato a muovermi all’età di 17 anni e senza soste questo mi ha portato a vedere ad oggi oltre 80 Paesi in tutti i 5 continenti, oltre 800 località e oltre 200 Siti Unesco, che come mi dice Trip Advisor rappresentano oltre il 60% della Terra.

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