“Il piacere di dedicarmi a una cosa che per motivi a me ignoti mi diverte tantissimo è lo studio delle lingue” Anja Wenger
Circa un secolo fa, agli inizi del 1900, nasceva il soprannome che oggi viene usato in tutto il mondo per chiamare New York.
L’accostamento non deriva da un evento unico, ma passa per diverse interpretazioni, che nel tempo hanno portato la città al soprannome The Big Apple.
Nel suo libro The Wayfarer in New York del 1909, il giornalista Edward S. Martin paragona lo stato di New York a un melo di cui la città è uno dei suoi frutti, una mela appunto.
Ma il primo a utilizzare il termine “Big Apple” fu John J. Fitzgerald, redattore sportivo del quotidiano New York Morning Telegraph.
All’epoca gli ippodromi venivano definiti “Apple”, in riferimento simbolico al premio economico legato alle vincite sulle scommesse dei cavalli: la mela rappresentava la scommessa ed era il frutto delle vincite, Fitzgerald intitolò la sua rubrica sportiva “Around the Big Apple”, letteralmente “Attorno alla Grande Mela”.
Ritroviamo l’accostamento alla Grande Mela circa un decennio dopo dai musicisti jazz degli anni ‘30.
L’immagine della mela grande stava ad indicare il prestigio di poter suonare a New York nei locali di Harlem e Manhattan, i più ambiti per ogni musicista jazz dell’epoca. Iniziarono così a soprannominare New York come la “Grande Mela”, capitale di successo della musica jazz nel mondo.
Nel tentativo di rilanciare il turismo, Charles Gillet, assessore del turismo, nel 1971 adottò il simbolo come riferimento della città. Il paragone a una grossa mela rossa e succosa serviva per dare un’immagine più allettante e invitante di New York, che in quel periodo godeva di una fama non proprio brillante legata alla criminalità ai tempi dilagante.
Adesso che sappiamo come nasce il mito della Grande Mela possiamo visitare quello che meglio la rappresenta: la Statua della Libertà.
Statua della Libertà
Uno dei monumenti più noti al mondo, simbolo di una nazione intera, si trova nella Baia di New York sulla piccola Liberty Island in posizione non casuale, dato che in origine si supponeva che chiunque arrivasse negli Stati Uniti dovesse essere accolto da questo monumento.
Prima di scoprire la storia vediamo le sue caratteristiche: l’altezza complessiva dalla base alla punta della torcia è di 93 metri, mentre la sola statua è alta 46 metri, e la rendono visibile fino a 40 km di distanza. Il ragguardevole peso complessivo della struttura arriva a 225 tonnellate.
Una curiosità è relativa al suo colore: oggi la vediamo verde-blu, ma non ha sempre avuto questo aspetto. In origine presentava un brillante colore rossastro, tipico del rame con cui è stata realizzata: questo materiale esposto all’aria ha finito con ossidarsi e assumere le tinte attuali. Ai piedi della statua si trovano delle catene spezzate, simbolo della liberazione dal potere dispotico, mentre le 7 punte della corona rappresentano i 7 mari e i 7 continenti del mondo.
Rappresenta la Libertà, che con una mano regge una fiaccola come simbolo del fuoco eterno della libertà e con l’altra una tavola che reca la data – scritta in numeri romani- della Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti d’America, ossia il 4 luglio 1776.
L’idea di una grande statua non viene da un americano, bensì da un francese: l’uomo dietro questa intuizione è Édouard Laboulaye, politico francese che nel 1865 avanza la possibilità di fare un dono al popolo americano. Questa idea viene immediatamente accolta dallo scultore Frédéric-Auguste Bartholdi.
L’ispirazione per la Statua viene da un monumento italiano, il Colosso di San Carlo Borromeo ad Arona, fino a quel momento la statua più alta del mondo.
A questo punto il celebre Gustave Eiffel, che partecipa al progetto, suggerisce di utilizzare una struttura reticolare collegata al rivestimento esterno che evita una rigidità che avrebbe potuto portare a spaccature della superficie.
Seguendo l’idea di Eiffel, la Statua venne eretta in Francia e modellata a mano dagli scultori. Nel 1884 la Statua viene finalmente completata e i vari pezzi vengono spediti uno alla volta negli States attraverso diverse traversate oceaniche, necessarie a trasportare ogni singolo pesantissimo elemento.
Tuttavia, la Statua non può essere sistemata nella baia di Manhattan fino alla costruzione del basamento, che è in carico agli americani, che però non riescono a trovare i fondi necessari. Provvidenziale è l’intervento di un altro personaggio illustre, ossia l’editore Joseph Pulitzer, il quale lancia una petizione per convincere i newyorkesi a credere nel progetto e a fare una donazione: il risultato è straordinario e in pochi giorni viene raccolto il milione di dollari necessario alla costruzione. Ed è così che nel 1886, a più di un anno dall’approdo in terra americana, la Statua della Libertà viene finalmente inaugurata.
Ellis Island
A fianco alla Liberty Island troviamo questo isolotto. A partire dal 1892 gli immigrati che arrivavano negli Stati Uniti dovevano passare attraverso il centro di controllo di Ellis Island.
All’arrivo nella baia i migranti si radunavano in coperta della nave per contemplare per la prima volta la “terra promessa”.
Appena sbarcati, i nuovi arrivati venivano accompagnati nell’edificio principale, dove depositavano i bagagli al piano terra. Quindi iniziavano la lunga fila che conduceva alla sala di registrazione, si effettuava la visita medica, allo scopo d’individuare eventuali segni di disabilità, disturbi mentali o malattie contagiose. Uno degli esami più temuti dagli immigrati era agli occhi dove si cercavano eventuali segni del tracoma, una malattia contagiosa, e per sollevare la palpebra usavano una specie di rudimentale uncinetto.
Dopo l’ispezione medica, i migranti attendevano di essere chiamati dal funzionario doganale, questi chiedeva la ragione del loro arrivo negli Stati Uniti, verificavano anche che non avessero precedenti penali, che ci fosse qualcuno disposto ad accoglierli e che avessero con sé denaro a sufficienza. Una volta superato il colloquio, potevano recuperare i propri bagagli ed entrare nel Paese.
Fino al 1954, anno della sua chiusura, vi passarono 12 milioni di persone, a un ritmo che poteva essere compreso tra le duemila e le cinquemila al giorno, e l’isola fu ampliata artificialmente fino ad assumere, negli anni trenta, l’aspetto che ha tutt’oggi.