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venerdì, Dicembre 6, 2024

    Boeing 747, protagonista dei nostri cieli

    storienostreWeb - Colombatto e PerinettiLa Boeing nei suoi vari studi pensò di produrre una versione con due ponti come nell’Airbus 380, che però non realizzò mai. Venne invece prodotto un velivolo denominato serie -300 che prevedeva l’allungamento del piano superiore e della relativa caratteristica gobba.

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    Dalla serie -300, la Boeing estrapolò, nel maggio 1985, la nuova versione B.747-400, dotata di ulteriori migliorie, motori più potenti, minor consumo e rumore, nuova avionica, alette alle estremità alari, maggior apertura alare, capacità di carico e autonomia, e con soli due membri di equipaggio come tutti i velivoli commerciali di nuova generazione. Effettuò il primo volo il 29 aprile 1988, ed è stata la serie più venduta del “Jumbo” con 694 esemplari su circa 1.600.

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    L’ultima versione del mitico velivolo è il B.747.8 Intercontinental (passeggeri) e -8 Freighter (tutto merci), lungo 76.3 m, con un’apertura alare di 68,4 m, e alto 19,4 m; la versione passeggeri può trasportare 410 persone su tratte di 14.816 km, mentre la versione cargo può caricare 137,7 tonnellate con un’autonomia di 8.130 km.

    Purtroppo di questo modello le vendite non sono andate come previsto, ed oggi rimane in produzione solo quella dedicata al trasporto merci, anche perché con i nuovi e performanti bireattori ultraoceanici (18.000 km e più) di ultima generazione come i B.787, gli A.350, ed i 777, le compagnie hanno optato per questi ultimi, meno costosi, minor consumo quindi miglior gestione.

    Anche in casa Airbus è stato deciso di abbandonare la produzione del suo mega “Jumbo”, lo A.380 con due ponti, che ormai più nessuno ordina e nessuno vuole neppure sul mercato dell’usato.

    Bisogna però dare atto che il Boeing 747 è stato un “gigante” di grande successo che ha surclassato di gran lunga le aspettative di vendita e, salvo ripensamenti, la sua produzione dovrebbe cessare nel 2023 dopo 54 anni dal suo primo volo, con oltre 1.550 esemplari consegnati e una ventina ancora in nota (tutti nella versione cargo). Un record difficilmente raggiungibile da altri velivoli di tale categoria, una significativa pietra miliare nella storia dell’aviazione.

    Di quest’ultima versione due aerei denominati VC-25B, saranno allestiti come futuri “Air Force One” e destinati per i viaggi istituzionali del Presidente degli Stati Uniti, sostituendo i vetusti VC-25A (B.747-200B).

     

    La versione “SP”

    Non stiamo a descrivere tutte le versioni dei “747”, ma dobbiamo ricordare la versione più corta: la “SP” (Special performance), o anche detto “Mini Jumbo”.

    All’entrata in linea del B.747-100, molti clienti desideravano un velivolo uguale ma con maggior autonomia e minor capienza, così la Boeing decise di produrre una versione accorciata di 14,87 m, e con una deriva più alta di 1,52 m, che riduceva la capacità di circa 100 posti, ma con un raggio d’azione superiore agli 11.100 km.. Così il 23 agosto 1973 iniziò la produzione, e ancora una volta fu la Pan American il cliente di lancio con un ordine per 10 esemplari. Il prototipo effettuò il primo volo il 4 luglio 1975, ed entrò in linea con la Pan American il 26 aprile 1976 sulla rotta Los Angeles-Tokyo. La compagnia americana, non solca più i cieli di tutto il mondo da decenni, ma è ricordata come una tra le più innovative aviolinee nonché un simbolo indelebile degli Stati Uniti.

    Dello “SP” in totale furono costruiti solo 45 velivoli ma dopo la dismissione da parte di alcuni operatori civili, l’aereo ebbe uno sbocco nel prestigioso mercato degli executive di alta classe come velivolo di lusso dei super “VIP”.

    Attualmente dei 45 esemplari costruiti ne rimangono ancora 7-8 operativi.

     

    I 747 speciali

    Dai “Jumbo” convenzionali sono state derivate diverse versioni anche per uso militare, come l’E-4 o la YAL-1.

    Il Dreamlifter per trasporti eccezionali.

    Alcuni anni or sono dalla versione 400LR è stato ricavato un velivolo del tutto particolare, si tratta del B.747-400 LCF (Large Cargo Freighter) “Dreamlifter”, destinato principalmente al trasporto di grossi componenti dei bireattori B.787, tra cui parti delle fusoliere prodotte dalla Leonardo che vengono imbarcate all’aeroporto di Taranto-Grottaglie per poi essere trasferite alle linee di assemblaggio finale negli USA.

    Il Boeing 747 che trasporta lo Space Shuttle.

    L’impiego più straordinario del “Jumbo” è stato l’esemplare acquistato il 18 luglio 1974 dalla NASA, un B.747-123, marche N905NA, modificato in modo di poter trasportare sul dorso della fusoliera nientemeno che le navette spaziali “Shuttle”.

     

    Caselle e il ponte aereo con Detroit

    Infine dobbiamo ricordare l’accordo italo-americano del 1985, un anno particolarmente importante per l’aeroporto di Caselle, per quanto riguarda il trasporto delle merci per via aerea, grazie all’inaugurazione nel mese di settembre, del primo volo sperimentale di quello che sarà il futuro “ponte aereo” Torino-Detroit.

    Fasi di carico delle vetture Allantè.

    Tutto ebbe inizio con l’accordo stipulato tra la General Motors e la Pininfarina, che segnò una tappa importante nella collaborazione tra la maggiore industria automobilistica americana ed uno dei più importanti costruttori mondiali di autovetture di alta classe, una firma “Made in Italy” dallo stile inconfondibile. La collaborazione tra le due aziende prevedeva il trasporto dagli Stati Uniti all’Italia dei telai delle vetture Allanté per essere completate con le prestigiose carrozzerie prodotte dalla Pininfarina, per poi essere nuovamente trasportate, sui capienti Boeing 747 cargo, oltre oceano negli stabilimenti americani della General Motors, dove avveniva la finitura definitiva prima della consegna ai clienti.

    L’inizio del ponte aereo di linea iniziò nel 1986, ed in oltre sei anni furono spedite in America oltre 8.000 vetture, con una regolarità assoluta, grazie anche alle nuove apparecchiature di assistenza al volo installate in base agli accordi tra le due aziende.

    Per consentire nei tempi previsti, il regolare trasporto delle scocche delle autovetture, la General Motors richiese all’atto della stipula del contratto con l’azienda torinese Pininfarina, una clausola specifica e dettagliata ove veniva richiesto che per nessun motivo dovevano esserci dei ritardi nel ponte aereo, anche nel caso vi fossero state condizioni avverse, salvo situazioni particolari.

    Ovviamente per far fronte a queste pesanti richieste da parte americana, l’aeroporto di Torino Caselle venne dotato di un moderno impianto di radioassistenza onde consentire ai grossi velivoli di operare in categoria III, ovvero con visibilità quasi nulla.

    Per il trasporto furono utilizzati i grossi quadrigetti B.747 nella versione cargo (il Jumbo cargo), delle compagnie Alitalia e Lufthansa, velivoli in grado di effettuare voli di oltre 7.000 chilometri “point-to-point”, senza scalo intermedio, riducendo in questo modo sia i tempi di volo sia i costi operativi.

    Con queste nuove attrezzature di assistenza al volo, l’aeroporto torinese diventò il primo scalo in Italia ad essere dotato del più moderno sistema di atterraggio in caso di scarsa visibilità.

    Inoltre la SAGAT realizzò a tempo di record il nuovo Cargo Center, che fu costruito appositamente per il ponte aereo italo-americano.

    L’aeroporto per molto tempo è stato all’avanguardia in fatto di infrastrutture per il trasporto delle merci via aerea, peccato che oggigiorno, il transito delle merci sul nostro scalo sia ridotto a poche tonnellate annuali, un traffico quasi inesistente considerando l’importanza manifatturiera di eccellenza del nostro territorio.

     

    Altri 747 a Caselle

    Un 747 Alitalia a Caselle mentre viene caricato un motoscafo da gara.

    Come abbiamo descritto nella prima parte della storia del “Jumbo Jet”, il nostro scalo nell’arco degli anni ha accolto in diverse occasioni svariati B.747, certamente pochi rispetto ad altri aeroporti italiani come Roma o Milano, ed in genere erano eventi particolari. Non li citiamo tutti perché lo spazio è tiranno, ma ricordiamo i numerosi voli di addestramento effettuati dall’Alitalia e dalla Swissair, con i loro quadrigetti, essendo lo scalo di Caselle poco trafficato e quindi adatto per questo tipo di operazioni.

    Interessante è stata la breve catena con la Terra Santa organizzata alla fine di dicembre del 1998 da parte dell’Opera Diocesana Pellegrinaggi di Torino, che per la prima volta ha visto operare sul nostro scalo un B.747 della compagnia israeliana EL AL.

    In altre due occasioni i jumbo della Air Atlanta, noleggiati dalla Mas Cargo, nel 2004 e 2010, sono arrivati per trasportare materiali e attrezzature del mondiale motociclistico in Australia di “Super Bike”.

    Due 747 della Kalitta a Caselle per uno scalo tecnico nel dicembre 2007.

    Dal 17 al 19 maggio 2010, hanno fatto scalo tecnico ben quattro “Jumbo” della Kalitta Air, dirottati a Caselle per il problema delle polveri sottili eruttare da un vulcano islandese che ha creato non pochi problemi nei cieli europei, paralizzando quasi del tutto il traffico aereo.

    Il prezioso 747 del principe Khaled

    Ci fermiamo al 2008 quando, il 16 ottobre, è atterrato il B.747 con a bordo il principe Khaled Al-Waleedi, figlio del più facoltoso fra gli emiri, che si è fermato a Torino per fare acquisti dei nostri rinomati prodotti tra cui i famosi giandujotti. A bordo dell’aereo ben 1.000 kg di oggetti in oro, tra cui la maniglia del portello di entrata anteriore dal peso di “cinque” chilogrammi.

    Ovviamente i B.747 sono venuti a Caselle in diverse altre occasioni come quella della presentazione dell’autovettura “Uno Turbo” della Fiat, o di partite della Juventus, senza dimenticare le numerose volte che sono atterrati a causa di dirottamenti, per problemi atmosferici, da altri aeroporti, specialmente da Malpensa.

     

     

    SOFIA il Boeing 747SP… “astronomo”

    Di tutte le versioni costruite del “Jumbo Jet”, forse quella più particolare e curiosa è quella del Boeing 747SP modificato per trasportare a bordo un telescopio a raggi infrarossi con lo scopo di studiare l’universo ad alta quota, denominato SOFIA (Stratospheric Observatory for Infrared Astronomy).

    La storia dell’aereo inizia nel 1977 come 747 SP di serie che venne impiegato dalla Pan American World Airways con il nome di battesimo “Clipper Lindberg in onore del famoso aviatore Charles Lindberg, per poi passare nel 1986 alla United Airlines che lo impiegò sino al dicembre 1995, quando venne ritirato dal servizio.

    La NASA nel gennaio del 1997 acquistò questo velivolo per modificarlo in osservatorio astronomico, installando nella parte posteriore della fusoliera il più grande telescopio riflettore mai montato a bordo di un aereo.

    Iniziati i voli di collaudo nello stesso anno, lo sviluppo durò molti anni fino al 26 maggio 2010, quando il telescopio SOFIA diventò operativo.

    I voli di osservazione sono dell’ordine di tre o quattro alla settimana, per un totale di circa 120 uscite annuali e oltre 1.000 ore di volo, effettuate sempre di notte.

    Grazie alla sua mobilità, al contrario dei telescopi terrestri, SOFIA permette di studiare in ogni parte della Terra gli eventi che si susseguono nel tempo, compresi gli eclissi di Sole, lo studio di pianeti come Pluto, le comete, gli asteroidi, il sistema solare, la nascita di nuove stelle, la complessità delle molecole spaziali, i buchi neri (di attualità), le nebulose, e molto altro.

    Il velivolo, che è in grado di volare più in alto dei suoi fratelli, consente di effettuare le ricerche scientifiche per una durata di 8-10 ore, ad una altezza variabile tra i 12.000 e 14.000 metri circa, che permette a SOFIA di oltrepassare gran parte dell’umidità dell’atmosfera terrestre, fenomeno che blocca e impedisce ad alcune lunghezze d’onda di raggiungere il suolo del nostro pianeta, rendendo impossibili molte ricerche.

    Il telescopio a bordo dell’aereo Sofia

    Questo telescopio riflettore tipo Cassegrain, ha un diametro di 2,7 metri, pesa 17 tonnellate, e studia la luce infrarossa della lunghezza d’onda da 1 a 210 µm.

    Il velivolo trasporta a bordo altre tre tonnellate di attrezzature, tra cui numerosi strumenti scientifici come fotocamere ad alta risoluzione, spettrometri, polarizzatori, sistemi all’infrarosso, ecc..

    Le osservazioni ad alta quota, a raggi infrarossi, hanno permesso di effettuare esperimenti che prima non erano possibili da terra, dando risultati di rilevante importanza per lo studio del cosmo, rilevando l’esistenza di molecole e nubi di polveri interstellari, impossibili a vedersi da terra da parte dell’occhio umano nonostante siano disponibili strumenti molto sofisticati.

    L’importanza di queste nubi permettono anche di studiare in modo più approfondito i sistemi interplanetari delle stelle nonché più da vicino la nostra Via Lattea, strumenti che abbinati ai telescopi spaziali, come Hubble, consentono all’uomo di studiare in modo più approfondito i misteri dell’universo.

    Contrariamente ai telescopi satellitari, il sistema SOFIA può essere sbarcato dall’aereo dopo ogni volo, consentendo la possibilità di installare altri strumenti in base alle varie missioni consentendo anche aggiornamenti agli strumenti stessi se necessario.

    In passato gli astronomi avevano già usato un telescopio a raggi infrarossi Kuiper Airborne Observatory, della NASA, del diametro di 91 centimetri (contro i 2,7 metri di SOFIA) installato a bordo di un altro velivolo, che permise di scoprire gli anelli attorno a Urano.

    Per consentire l’installazione del telescopio, il velivolo è stato modificato con un grosso portellone scorrevole e apribile in volo senza creare eccessivi effetti negativi sino a Mach 0,85 (circa 1.040 km/h), sull’aerodinamica del velivolo.

    Le sue dimensioni sono di 4×6 metri, ed è situato sul lato sinistro poco prima dei piani coda e del timone verticale. Quando aperto la turbolenza all’interno dell’aereo non supera i 110 km orari e la temperatura non scende sotto i -35°C, nonostante quella esterna sia di -60°C.

    Per non creare problemi al personale che si trova a bordo durante il volo, è stata installata una ulteriore paratia interna per la pressurizzazione, che consente una migliore aerazione per i pochi presenti a bordo rispetto alla versione passeggeri. Di norma sul velivolo si contano 3 componenti in cabina di pilotaggio più 15-30 operatori fra tecnici e scienziati.

    Il progetto è una joint venture fra la NASA americana (80%) ed il Centro aerospaziale tedesco DLR (20%).

    Considerando che l’aereo ha una anzianità di 42 anni, con le ultime modifiche effettuate nel 2017-2019 dalla Lufthansa Technik (LHT) di Amburgo, l’aereo continuerà il suo servizio fino al 2034, e proprio per garantire il proseguimento dei voli fino a tale data, sono stati accantonati due velivoli dello stesso modello da utilizzare per i ricambi.

    Ultimamente però a causa di problemi divergenti da parte del Congresso americano, i voli sono stati momentaneamente sospesi, e la NASA sta trattando per una rapida rimessa in linea dell’aereo SOFIA.

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