“Siete rimasti senza scuse e noi siamo rimasti senza più tempo.”
È una frase di Greta Thunberg classe 2003, svedese, attivista ambientale.
Parto da lei, giovanissima, intelligente, determinata, a volte pungente, a volte ironica. Ciò che mi colpisce è il suo sguardo, così diverso da quello dei suoi coetanei, un po’ triste e un po’ accusatorio, con il carico delle sue convinzioni, assolute, e la consapevolezza che il disastro mondiale è tale per cui ogni sforzo è inutile. Ma lei non ci sta e usa tutti i sistemi possibili per risvegliare le coscienze, per cercare di affrontare l’argomento che palesemente le sta più a cuore: lo stato di salute del luogo che ci ospita, il pianeta Terra.
È recente la sua ultima impresa, la traversata su una barca a vela – pur di non volare e contribuire alle emissioni nocive per il Pianeta – come mezzo per raggiungere, partendo da Plymouth, l’America. Per la giovane svedese appuntamento con il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres a New York. Poi, dopo altre settimane di scioperi per il clima, è attesa a Santiago del Cile a dicembre per il Cop25. E dopo il vertice a New York, Greta già prevede di andare in Canada, Messico e Cile per un’altra conferenza delle Nazioni Unite in dicembre. Il suo arrivo è coinciso con le polemiche sugli incendi boschivi in Amazzonia, col disastro della foresta pluviale in Angola e Congo e a poche settimane dai roghi in Siberia, e con l’ordine di Trump al ministro dell’agricoltura di revocare le restrizioni stabilite 20 anni fa per la foresta nazionale Tongass in Alaska, la più grande foresta pluviale temperata intatta del mondo, che rischia ora diventare terreno di disboscamento, attività mineraria e progetti energetici. Greta è diventata un simbolo della battaglia contro il “climate change” dopo che all’inizio dello scorso anno scolastico decise di scioperare ogni venerdì presidiando il parlamento svedese per sensibilizzare i deputati sull’emergenza climatica. La sua iniziativa, rilanciata rapidamente dai media e dai social, ha ispirato migliaia di giovani in tutto il mondo portando alla nascita del movimento Fridays for future. Per Pierre Casiraghi, terzogenito di Caroline di Monaco e del suo rimpianto consorte, nonché compagno di viaggio della Thumberg, “Greta è un’ambasciatrice che trasmette un messaggio fondamentale sia per la nostra società che per la sopravvivenza delle generazioni future”.
Tempo fa era stata accolta da leader all’Assemblea Nazionale di Parigi, dove una parte dell’opposizione aveva criticato la sua presenza, la giovane svedese aveva richiamato i suoi detrattori al senso di responsabilità: «Non avete il dovere di ascoltare noi, dopotutto siamo soltanto bambini. Ma avete il dovere di ascoltare gli scienziati, ed è ciò che vi chiediamo».
“Guru apocalittica”, “Nobel della paura”: le definizioni poco lusinghiere nei suoi confronti si sono sprecate.
Credo che, con tutti i limiti del personaggio, ma chi non ne ha, abbiamo un disperato bisogno di Greta e di tutti quelli come lei, i suoi proseliti sono ovunque; è conosciuta a livello mondiale, è riuscita a smuovere migliaia di ragazzi, riempire centinaia di piazze, ci obbliga ad interrogarci, a guardarci intorno, a essere un po’ meno barbari, perché l’ambiente è ciò che ci circonda, possiamo dare un contributo positivo, con atteggiamenti virtuosi, o negativo. Possiamo cominciare dai mozziconi di sigaretta buttati in terra nonostante i divieti. Su molte spiagge quest’anno la campagna #SpiaggiaSenzaCicche# ha dato ottimi risultati, sono stati raccolti migliaia di mozziconi, sperando che il buon esempio faccia breccia in chi proprio “‘un ce la fa”, a considerare che anche un piccolo gesto, se modificato, può dare grandi risultati.