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venerdì, Ottobre 4, 2024

    “Tessere la vita” presentato a Venaria

    All’autore del libro, Filiberto Martinetto, sarà conferita a San Francesco al Campo la cittadinanza onoraria l’11 aprile

    Erano circa novanta gli intervenuti, venerdì 15 marzo, alla serata di presentazione del libro autobiografico di Filiberto Martinetto “Tessere la vita”, stampato da Neos Edizioni. Una presentazione fortemente voluta dal presidente Michele Sarda del Lions Club Venaria Reale Host, e organizzata in collaborazione con i Club Caselle Airport e Ciriè D’Oria. A interloquire con l’imprenditore Martinetto è stato chiamato Bruno Geraci, noto giornalista e scrittore, per dieci anni responsabile dei servizi giornalistici del Centro Produzione RAI di Torino.
    Geraci ha esordito definendo “Tessere la  vita” lo spaccato di una vita esemplare, e Filiberto Martinetto un eccezionale testimone del tempo. “Se è vero che la vita non è quella che si è vissuta, ma è quella che si ricorda”, quel libro è un esercizio di memoria e una straordinaria tessitura. Lo svilupparsi del racconto di Filiberto segue una trama che, per accorta scelta editoriale, inframezza sapientemente le vicende personali dell’autore e delle sue aziende con quelle di un’Italia che intanto, nel frattempo, di decennio in decennio cambiava velocemente.
    “Ho letto due volte il libro – commenta Geraci – perché ogni volta ho scoperto angoli di umanità che mi erano sconosciuti”. Il giornalista parte quindi con la prima domanda: “Quand’è che ti è venuta voglia di scrivere questo libro?”. Risponde Martinetto: “Me lo sono chiesto anch’io. Ho cercato di spiegarlo, nel paragrafo della premessa, ma non so se ci sono riuscito. Ad una certa età si sente il bisogno di ricordare, di raccontare il bello e il meno bello, di mettersi a nudo. Il guaio è che l’anziano (il “diversamente giovane” lo corregge Geraci), nel volersi raccontare sembra che abbia la pretesa di insegnare, essere di esempio o di monito a chi la pensasse diversamente. È presunzione, oppure desiderio di trasmettere un’esperienza? Sembra un’autocelebrazione, ma non lo è. È semplicemente il tentativo di evitare che altri, e in particolare i miei familiari, facciano gli stessi errori che io ho commesso”.
    La seconda domanda che Geraci rivolge a Martinetto riguarda il quando sia scattata la molla che l’ha portato, da operaio che era, a diventare imprenditore. La risposta, che si trova nel libro al paragrafo “Il tarlo del mettersi in proprio”, Martinetto la ripropone raccontando di quando, adolescente, era stato invitato a partecipare a una gita di alcuni giorni in montagna, al rifugio Gastaldi. “Alla gita partecipavano figli e figlie di alcuni soci della SITNA e due loro amici, fratello e sorella, figli di un industriale della zona. Erano miei coetanei, le ragazze erano anche carine, ma io passai giorni di inferno. Loro studenti liceali, disinvolti, allegri, non dico che mi rifiutassero, ma semplicemente mi ignoravano, il che era ancora peggio. Mi rendevo conto che non ero alla loro altezza, intesa come altezza intellettuale. Non partecipavo ai loro giochi, alle loro conversazioni. Anche nell’abbigliamento mi sentivo goffo, loro con abbigliamento da montagna, io con i pantaloni alla zuava ereditati da mio papà. Furono un’esperienza umiliante, quei giorni al rifugio Gastaldi. Giurai a me stesso che i miei figli avrebbero studiato, per non subire le umiliazioni che io stavo patendo. In me maturò uno struggente desiderio di diventare anch’io un padrone, e di avere  un telaio tutto mio. Per questo, dico ai ragazzi, studiate! E se siete arrabbiati, studiate ancora di più”.
    Geraci passa poi a toccare il ruolo, fondamentale, che la famiglia ha occupato nelle vicende narrate nel libro. Martinetto lo dichiara: “Senza le quattro donne della mia vita, il Filiberto che conoscete non sarebbe qui a raccontare questa storia”. In particolare, secondo Geraci, il capitolo che Filiberto dedica a Franca “è una dichiarazione d’amore fra le più raffinate ed intelligenti che mi sia capitato di leggere”.
    Capitolo collaboratori. Per Martinetto le maestranze italiane sono le più brave al mondo. Senza di loro il miracolo economico degli anni 60 non sarebbe stato possibile. Per rendere loro merito, come invitati speciali alla presentazione del libro era presente una rappresentanza di pensionati FILMAR e Remmert, compresa Caterina Macario Ban, 97 anni splendidamente portati. E con Caterina Macario Filiberto ricorda l’aneddoto di quando –  erano gli anni 1962/63, il nuovo capannone FILMAR era da poco stato costruito e non essendoci ancora il portone Martinetto ci dormiva dentro protetto da una fila di lamiere – spesso a Caterina toccò vedere il padrone in mutande quando si cambiava per andare a trovare i clienti.

    In conclusione di serata, è stata data notizia che il Consiglio Comunale di San Francesco al Campo il 13 marzo scorso ha deliberato il conferimento della cittadinanza onoraria all’imprenditore, sanfranceschese di nascita e che è sempre rimasto affezionato al paese d’origine, da lui definito, nelle righe iniziali del primo capitolo di “Tessere la vita”, uno dei paesi più belli al mondo. La cerimonia di conferimento è programmata per giovedì 11 aprile, e sarà l’occasione per una seconda presentazione del libro.

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    Paolo Ribaldone
    Paolo Ribaldone
    Dopo una vita dedicata ad Ampere e Kilovolt, ora dà una mano a Cose Nostre

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