Ormai lo scudetto del pallone, che solitamente nei mesi primaverili all’esterno dei bar e nelle piazze dei paesi infiamma sportivi e tifosi, quest’anno è una questione milanese. Sempre quest’anno, al prossimo mondiale di sapore natalizio, per la seconda volta consecutiva non parteciperemo, acquisendo nella triste circostanza il diritto ad autoproclamarci vittime di nazionale sconforto e testimoni della delusione di gran parte dei nostri connazionali ai quali sarà precluso il consueto , fondamentale cimento come sapienti e inascoltati commissari tecnici.
Messa da parte la leggera ironia che pure da sempre fortunatamente ci appartiene, e si manifesta soprattutto in occasione dei principali fenomeni di massa, la triste realtà di questi giorni si chiama ancora guerra. Una guerra di cui nessuno vorrebbe più parlare, e non perché il desiderio di pace non meriti il “tifo” di tutti. Egoisticamente perché il poterne tacere, seppur colpevole, ci illuderebbe di esorcizzare la drammaticità e la paura che da quasi tre mesi convivono con noi.
Alla fine tra la gente di Caselle un argomento si fa strada e sembra interessare tutti: l’elezione del nuovo sindaco. La nostra città andrà al voto amministrativo il 12 giugno prossimo.
In lizza probabilmente quattro schieramenti con altrettanti candidati a primo cittadino, tutti accreditati di provata esperienza, e rappresentanti sia del cosiddetto “nuovo che avanza” quanto della continuità dell’attuale governo locale a cui si affianca, riproponendosi con l’inevitabile clamore dell’inatteso ritorno, l’ombra lunga e lenta di un ex sindaco che tra desiderio e speranza sogna di rivivere una nuova stagione politica diversa da quella frantumatasi anni or sono sul grigio cemento di una rotatoria extra urbana.
Sono gli stessi sentimenti che ad un mese dalla competizione animano tutti i contendenti, protagonisti di campagne elettorali che a Caselle arrivano da lontano, oppure costituiscono fresco impegno da parte di chi è recentemente sopravvissuto a insospettabili e sofferti confronti di partito. Schermaglie in ogni caso prive degli antichi connotati cari alla memoria del nostro tempo, quando sulla Piazza Boschiassi, opportunamente corredata di manifesti adatti alla celebrazione dei principali partiti politici, e generalmente al cospetto di pochi intimi, si tenevano i famosi “comizi” . Mi sovviene il giovanile ricordo di modesti quanto impettiti esponenti di bandiera che con l’ausilio di un immancabile gracchiante megafono marca “ Geloso”, insieme allo stucchevole ed obbligatorio panegirico di parte, si prodigavano ad annunciare clamorose e spesso irrealizzabili promesse che i futuri sindaci, avrebbero poi tentato di tradurre a beneficio della popolazione.
A partire dagli Anni ’55-’60 a Caselle il compito toccò ad Aldo Pietrini, apprezzato sarto in Via Torino di fronte alla chiesa di San Giovanni, quanto guizzante ala destra rossonera rapida e veloce come la sua permanenza a palazzo civico. Successivamente fu sindaco Secondo Aimo Boot il cui mandato attraversò buona parte degli irripetibili Anni Sessanta. Cedette poi il testimone a Cesare Succo, storico nostro primo cittadino approdato al prestigioso incarico addirittura in tre diverse occasioni. Gli succedette Lucia Lulli, prima e finora unica sindaca di Caselle che nel 1987 dopo due anni di governo fu testimone dell’altalena tra Aghemo e Zavatteri conclusa sei anni dopo, in coincidenza con la legge che stabiliva l’elezione diretta del sindaco.
A breve deporrà le armi, anzi la fascia tricolore, l’attuale sindaco Luca Baracco dopo dieci anni nei quali, ponendosi in ogni occasione come rappresentante fedele degli obblighi istituzionali connessi all’incarico, con composta determinazione ha guidato Caselle sia nella impegnativa gestione della impervia quotidianità che, particolarmente nel secondo mandato, nella disponibilità ad affrontare e condurre a comune soluzione l’annosa vicenda Mappano, senza dimenticare l’impegno ed il sicuro personale coinvolgimento nella recente grave pandemia.
È vero tuttavia che la sua eredità, come a gran voce sostengono gli agguerriti aspiranti alla poltrona, si chiamano vecchio Baulino, oppure aree ATA che in oltre vent’anni non avendo imparato l’italiano potrebbero ora parlare americano, oppure ancora vecchia stazione sempre in attesa di nuova destinazione.
Caro Luca, è il gusto amaro che certamente per un attimo, ma solo per un attimo, sentirai in bocca chiudendoti alle spalle quella porta. Fuori nel tempo incerto di maggio, incerto quasi come le elezioni in arrivo, lento si avvicina un volto che conosci. È quello della tua città. Ti stringe forte la mano come si fa con gli amici sinceri e sottovoce ti grida: “Grazie, Signor Sindaco”.
Sindaco, il volto della città
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