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Comune di Caselle Torinese
venerdì, Ottobre 4, 2024

    I giorni della merla

    L’altro ieri, quando eravamo ancora bambini, nel mese di gennaio insieme alla “giornata del risparmio”, impresa assolutamente difficile promossa a quel tempo dall’istituto di credito locale, arrivavano “i giorni della merla”. Erano, per tradizione, i più freddi dell’anno: d’inverno cadeva ancora la neve, le pozzanghere soprattutto nelle strade di campagna erano fragili specchi naturali che rumorosamente si frantumavano sotto il peso ingenuo e divertito delle nostre povere calzature, ed i lunghi, numerosi “candlot”, eleganti e trasparenti ghiaccioli, sui muri delle case o sulle sponde dei fossi rimanevano per lungo tempo in attesa che il pallido sole dell’inverno tornasse ad affacciarsi.
    Quest’anno in gennaio prima dell’arrivo della merla, da tempo ormai copia sbiadita del vecchio, nero e freddoloso volatile, è arrivato, anzi è tornato dopo anni di paziente attesa, il treno a Caselle per ricordare gli oltre 150 anni della vecchia Torino – Ceres e collocare, partendo momentaneamente dalla stazione di Ciriè, il nostro aeroporto al centro del nuovo percorso ferroviario che si estende ben oltre i confini della città metropolitana. Per solennizzare l’importanza della nuova e impegnativa opera il viaggio inaugurale del convoglio, con a bordo i maggiori rappresentanti della politica non solo locale, si è svolto fra Ciriè e Torino arrestandosi in tutte le stazioni intermedie per ricevere dalla gente in attesa auguri e congratulazioni, anche in musica. Auguri e congratulazioni che la nostra città non ha potuto tributare.
    Rattrista pensare che, seppur involontariamente il nuovo treno non abbia potuto visitare l’attuale stazione che nella memoria di chi non è più giovane continua a sollecitare il ricordo del vecchio e da tempo abbandonato edificio in cui tutti i giorni, molte volte al giorno, sostavano per lunghi attimi carrozze e locomotori spesso rumorosi e affaticati che concludevano il loro tragitto sul Corso Giulio Cesare a ridosso di Porta Palazzo.
    Ospitavano al mattino la folla dei lavoratori diretti alle grandi fabbriche della città e degli studenti che il magrissimo, longilineo Giovanni Olivetti, misurando continuamente a grandi passi la lunghezza della tettoia di fronte alla quale si sarebbe fermato il convoglio in arrivo, faticosamente manteneva lontano dai binari. Il ritorno serale e la discesa dal treno costituivano uno spettacolo di folla degno delle migliori processioni religiose. Poi la piazzetta della stazione progressivamente si svuotava e il traffico defluiva imboccando prima Via Martiri e poi Via Torino passando davanti all’unica farmacia del paese dove il dottor Zoccola, personaggio di gracile aspetto e all’apparenza privo di età, tentando senza successo di riempire un insolito camice nero, con gelida cortesia, si disponeva a servire i clienti.
    E la figura del treno, di cui da poco in casa nostra abbiamo applaudito la ricomparsa, è tornata verso la fine di gennaio ad affacciarsi tristemente alla memoria per ricordarci un altro genere di percorso, questa volta senza ritorno, in partenza sempre dallo stesso binario per una orrenda destinazione a cui istituzionalmente da oltre venti anni è dedicata una intera giornata per non dimenticare. Noi che fortunatamente continuiamo a godere di una libertà di cui a volte reclamiamo un pretestuoso diritto, confondendolo con il doloroso sacrificio della conquista, non abbiamo certamente dimenticato un’altra guerra, tutta nostra, connotata da risvolti partigiani anche fratricidi spesso nascosti tra i rifugi e le insidie delle vicine montagne.
    Caselle ha pagato un contributo altissimo alla causa della libertà immolando nel suo nome personaggi pubblici e figure sportive di primissimo piano come Vincenzo Boschiassi, a cui è doverosamente dedicata la piazza principale della nostra città, e Celestino Busso, giovane e già affermata realtà calcistica locale, fino al tragico appuntamento del 1° febbraio del ’45 quando sulla piazzetta del peso pubblico di fronte al vecchio ospedale, successivamente dedicata ad Andrea Mensa, uno dei caduti, trovarono la morte cinque partigiani.
    La cerimonia di commemorazione dell’evento si svolge ogni anno nella prima domenica di questo mese, quando “i giorni della merla”, da tempo ormai scarsamente gelidi, sono già un ricordo. Fino ad una quindicina di anni or sono sulle note struggenti di “Bella ciao”, forma di saluto che per motivi estetici è preclusa all’attuale segretario del partito, si aprivano le finestre del dirimpettaio Baulino, ancora residenza per anziani, perché potessero far rivivere quel profumo di libertà che a molti di quegli ospiti ricordava il tempo di una splendida e sofferta gioventù.
    Nella lingua piemontese la merla, elegante e freddoloso pennuto di colore nero di cui nel tempo si sono occupate favole antiche e complicate, identifica un soggetto femminile astuto, fortemente disinvolto e un poco irridente. Quasi una fotografia. Nei giorni della memoria appena trascorsi ci piace continuare a sperare che di nero abbia soltanto le piume.

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